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La libertà è solo una gabbia più grande
Il ceco Jan Sobotka si inscrive a pieno titolo nella nutrita, entusiasmante e a un tempo terribile famiglia di aforisti dell'Europa centro-orientale che stiamo imparando a conoscere: vivi, feriti eppure ancora capaci di credere in principi fondamentali, disposti a confrontarsi con un oggi immerso nella storia, decisi a concepire una letteratura che rimane arte pur esplorando le paludi e le secche del vivere quotidiano. Capaci di sintetizzare in un aforisma lieve una vita di soprusi («È vero? Non lo so, non abbiamo ancora votato»), ci getta in faccia una realtà universale e ci fa comprendere come siamo noi ad accettare di chiamare ""libertà"""" quella che è solo una gabbia più grande, e """"società ordinata"""" quella in cui le leggi vengono «violate come previsto»."" -
Polonaise. Ediz. multilingue
L'anversese Paul van Ostaijen (1896-1928) ci ha lasciato tre libri di poesie: ""Music-Hall"""" (1916), """"Het sienjaal"""" (Il segnale, 1918) e """"Bezette stad"""" (Città occupata, 1921), ma le sue cose più felici sono le liriche successive, pubblicate postume lo stesso anno della morte in """"Gedichten"""". Non esente da un fascinoso dandysmo, Van Ostaijen è stato il maggiore esponente neerlandese della poesia e della prosa espressionista e dadaista, e ha un suo autorevole posto anche nel variegato mondo dell'avanguardismo letterario europeo del suo tempo."" -
Poema inconcluso
Il qualificativo di inconcluso (in catalano ""inacabat"""") del titolo, ci confronta con una narrazione non riuscita, con un fallimento poetico. Quella di """"questo moncone di poema"""" è però un'inconclusività costitutiva. Il registro narrativo del poema non è dissimile da quello di altri componimenti ferrateriani di minori dimensioni, in cui la narrazione si autogenera scorrendo di pretesto in pretesto senza soluzione di continuità, concresce su se stessa, verso dopo verso, in una digressione pressoché continua e idealmente infinita... rispetto alla quale il racconto che si promette di raccontare può sempre attendere."" -
Salvate la tigre
Questo nuovo libro di aforismi di Barbieri è fatto di incisioni sulla parete, scaglie taglienti, scintille. Un dettato lapidario, asciutto, spesso apodittico sovraintende al tutto. Dopo il regolare e indefesso sgocciolare che scavava la pietra dei precedenti volumi, ora l'autore predilige uno scrivere ancor più essenziale, spesso ironico, sempre franco. Gli aforismi sono come squarci su un ininterrotto discorso sotterraneo, su una inesausta critica alla società e all'uomo che la genera e la subisce a un tempo. Tasselli di un unico, vasto discorso, che a volte sembrano ricalcare i modelli di una comunicazione tecnica e altre volte il ritmo tratto dal verso di un'aria d'opera, dipanano un discorso che anche visivamente si fa, nel suo restringersi, lama, selce (con una sorta, se si perdona l'espressione probabilmente inedita, di diminuendo rossiniano), ma anche stalattite dalla quale la goccia dell'interrogare e interrogarsi non smette mai di cadere. -
Il simbolo della bestia
Il giovane Lovecraft credeva fermamente che la sua sola e profonda vocazione fosse quella del poeta. Successivamente sarà molto severo con se stesso e quella parte della propria produzione, ma non si può ignorare una massa di migliaia di versi non raramente abitati da quell'orrore a un tempo astratto e viscido che impareremo a conoscere nelle più celebri opere narrative. Anche in molti di questi versi, come nelle pagine narrative popolate da Cose titaniche piovute dalle stelle, verdi immensità gelatinose e Dèi antichissimi e putrescenti, «perduta è la stella, profonda è la tomba». Visioni appaiono dietro un angolo o risalgono da un incubo, creature «oltre ogni immaginazione» ballano la loro minacciosa danza macabra sotto un cielo maligno e fra «vigneti verdi e glaciali» che succhiano linfe immonde. -
Sono partito, per restare
Due mani, una adulta e l'altra di bambino, tracciano su un disegno geografico una retta: i suoi estremi distano 3450 chilometri che segnano il forzato cambiamento di vita di una famiglia siciliana. Il passato però ritorna a chiedere il conto, ed è un conto dolorosissimo. Dag Olsen ha ricordi vividi di quando aveva un altro nome e parlava un'altra lingua, ma la sua vita si è sviluppata con successo in Norvegia. All'Italia si riavvicina quando decide di acquistare una casa nell'Alto Monferrato, per le vacanze sue e della famiglia di suo figlio. In quella casa, uomo maturo e divorziato da anni, troverà non solo un legame con il suo Paese natìo, ma anche un amore decisivo nel sollecitare un viaggio: il ritorno alle origini che gli permetterà di fare pace con una terra che non è solo dolore. -
Soltanto una speranza mi è rimasta
Grazie all'ambiente familiare, Lesja Ukrajinka, a differenza di molti degli scrittori ucraini suoi contemporanei, praticamente non fu influenzata dalla cultura russa. La sua attenzione fu attirata dalla Grecia e da Roma, dall'Italia e dalla Francia, dai momenti chiave della storia europea. Attraverso questo percepì anche la storia ucraina, trovando dei parallelismi. È sorprendente che anche la poesia più ""politica"""" di Lesja non suoni mai come un manifesto di piazza e basta. Ogni appello alla libertà non è mai una ripetizione di slogan alla moda, ma una voce del cuore, vissuta e sofferta, un desiderio di libertà personale, per ogni individuo. Ed è solo da individui liberi che si può creare una società libera."" -
L' impegno di un comunista nel partito e nelle istituzioni. Interventi al Consiglio regionale del Piemonte VI?Legislatura (1995-2000)
Francesco Moro, esponente del Partito della Rifondazione Comunista e poi del Partito Comunista dei Lavoratori, ha raccolto qui il suo contributo all'istituzione regionale piemontese, riportando il contenuto dei suoi interventi nell'aula di Palazzo Lascaris. -
Ospedale degli Innocenti (1985-1987)
Un titolo come «Hospital de Inocentes (1985-1987)» non è un paradosso. L'innocenza non è direttamente sinonimo di salute, né la implica necessariamente. Un titolo come questo, tuttavia, delinea il paradosso dal momento in cui la combinazione di queste due parole esprime un contrasto. L'innocenza può essere definita come la salute dell'anima e un ospedale può essere identificato come una prigione dove il corpo sconta letteralmente una pena non dettata dagli uomini «l'ingiusta / prigione dei giorni, che fa marcire la piccola carne dei sogni». (""L'inchiostro su questo foglio è l'inchiostro definitivo""""). Ospedale per i sani e prigione per gli innocenti sono titoli che si intersecano in questo, in cui l'innocenza è insinuata come la malattia per eccellenza."" -
I luoghi dove dormiamo
Muzzio, in questa sua raccolta di versi, guarda il mondo e se stesso con lo stupore di sempre, trovando grazie alle parole un ordine momentaneo e felice prima dell'«imminente caduta della notte». L'architettura delle poesie è traversata da un'evidenza abbagliante. Nessun attimo della sua scrittura è decorato da vaghezze liriche: tutto è nitida espressione, potenza di sguardo, semplice complessità. La lezione del grande poeta argentino Roberto Juarroz in ""Poesia vertical"""" è evidente: una parola neutra e silenziosa, che ha la rigorosa magia di una precisione assoluta. Muzzio pensa la natura delle cose da filosofo e da narratore, ma lasciando che a prevalere sia sempre la trasparenza diretta dell'immagine."" -
La voce di lui. Poesie scelte (1894-1904). Testo inglese a fronte
Contemporaneo di W.B. Yeats e di James Joyce, per fare due nomi noti nella letteratura europea del ventesimo secolo, George William Russell (anche conosciuto con lo pseudonimo A.E.) fu poeta, pittore, politico e tanto altro: fu, soprattutto, un vero visionario, come meglio di tutti ci spiega proprio Yeats nello storico scritto che impreziosisce questa edizione delle ""Poesie scelte (1894-1904)"""". Nella scrittura come in tutto ciò cui dedicò pensiero e azione, A.E. non si è mai risparmiato e non si è mai illuso. Ce lo dice nello scritto testamentario quasi che apre questa antologia: «Perdonami, Spirito del mio spirito,» scrive, «[...] poiché ho trovato più facile leggere il mistero raccontato in lacrime e Ti ho capito meglio nel dolore che nella gioia». C'è tanta verità in questa commovente, coinvolgente confessione - ma è giusto che ogni lettore faccia le proprie riflessioni e tiri le proprie somme. Con un testo di William Butler Yeats. Postfazione di Marco Sonzogni."" -
Se penso all'Olanda. Testo olandese a fronte
Assai reputato durante la sua breve esistenza, troncata dal siluramento della nave su cui fuggiva dalla Francia occupata, il veemente poeta Hendrik Marsman (1899-1940), esponente di un sofferto espressionismo neerlandese, conobbe in seguito un lungo periodo di disistima; e soltanto ultimamente la critica ha espresso su di lui unpiù sereno giudizio. Questa è la prima antologia dei versi di Marsman in lingua italiana. -
La strada
Ina Boudier-Bakker, scrittrice nata ad Amsterdam, visse il trasferimento a Vianen, dove suo marito fu nominato direttore delle Poste, come un esilio. La piccola comunità era raggruppata intorno alla Voorstraat, la strada principale che va dalla chiesa gotica a una delle porte urbane, collegando l'inizio e la fine della città. Qui abitavano i notabili: il sindaco, il pastore, il segretario e altri, che intrattenevano relazioni sociali regolari. I signori si incontravano al circolo, le signore si riunivano il pomeriggio per il tè o, la sera, per un bicchierino di advocaat o di liquore. Era un mondo trasparente, dove ognuna - signora, signorina o moglie - conosceva il proprio posto, dove ""posizione"""" era sinonimo non soltanto di """"civiltà"""" ma anche di """"bene"""", e le relazioni sociali consistevano più che altro nel rispettare i cliché della convenienza. In qualità di consorte del nuovo rispettabile acquisto della Voorstraat, Ina Boudier-Bakker era tenuta a partecipare a questa vita. In un primo momento lei assolse i suoi obblighi sociali, ma presto ne ebbe abbastanza dell'atmosfera e del contenuto di quelle visite a persone che considerava grette, snob e superficiali."" -
Parvenze, visioni, presagi. Soprannaturale in versi. Ediz. multilingue
«Dove non ci sono Dei, spadroneggiano gli spettri» scrisse Novalisall'alba del XIX secolo: presagio di un malessere generale, visione diun mondo abbandonato dal Sacro, in preda alle Potenze oscure. Gliambasciatori, gli emissari dell'Aldilà - fantasmi, vampiri, Belle Damesenza pietà, morti viventi, Doppelgänger, fattucchiere, lupi mannari -trovarono rifugio nella letteratura e salvezza nella poesia che, raccogliendo i frammenti dell'universo magico, ha consentito e continua agarantire l'illuminazione, l'estasi, l'incantesimo, la trance: i versi nondescrivono, rivelano; non rappresentano, evocano; non discutono maavvertono; cantano, danzano al ritmo dei tamburi sciamanici.Gian Maria Panizza ha intrapreso un viaggio tra le ombre che si aggirano nei cimiteri, nelle case infestate, nelle città in rovina, nei boschidove un tempo alberi sacri furono venerati, nei giardini dimenticati:ha incontrato apparizioni, parvenze, manifestazioni e nella poesia latina, francese, inglese, tedesca dal medio evo ai nostri giorni - dominatida una tecnologia rapace e spudorata, nutrice di illusioni senz'anima,allenatrice di simulacri senza respiro. -
In nome della neve. Testo finlandese a fronte
Helena Sinervo è un classico vivente della poesia finnofona. In tutte le sue opere, pubblicate nell'arco di due decadi, ha sempre mantenuto la capacità di fondere poesia e ispirazioni dalla filosofia e da altri campi del sapere come la scienza e l'ecologia, non nel senso di una preoccupazione ristretta e alla moda per l'ambiente, ma come un profondo interesse nell'esaminare le relazioni e le connessioni vitali tra gli elementi della natura organica e tra gli organismi umani e non umani. Il suo interesse per le varie forme di alterità ha acquisito dimensioni filosofiche e politiche, sia in un senso ampio sia molto concreto, come ad esempio quando sottolinea la persecuzione delle forme d'amore non eterosessuali. Ha inoltre sviluppato in modo virtuoso l'uso della lingua finlandese, giocando con la rima e con varie forme di versi, dalle odi ai poemi in prosa, condendo spesso le sue poesie con umorismo e ironia. Inoltre, è sempre rimasta fedele al suo modo di intrecciare la poesia con la musica, e al suo personale concetto di poesia come magia nella lingua. -
Uno di Serravalle. Guerra e dopoguerra del partigiano Sipe
Romolo Benasso, che si autodefinisce ""cane sciolto"""", è uomo di personalità, lo conoscono bene i suoi concittadini di Serravalle Scrivia e quanti hanno avuto a che fare con lui, istituzioni comprese. Non è carattere facile, tutt'altro: abituato allo scontro, non si tira indietro. Finora. Oggi lo fa, ma non lo fa per codardia o stanchezza. È il tirare le somme di una vita, o almeno di quello che è stato il suo momento formante, con il buono e il cattivo che ne è venuto. Benasso guarda i nostri giorni severamente, riproponendosi gli stessi interrogativi che tanti suoi compagni ed amici scesi dalle montagne, quel 25 aprile del '45, si sono posti e si pongono ancora: a che è servito?, a chi è servito?"" -
Le molte vite di Ada. Ada Della Torre (1914-1986)
Ada Della Torre (1914-1986) fu antifascista militante; partigiana; insegnante che viveva la sua professione come responsabilità sociale in una scuola che si stava trasformando; scrittrice; saggista e autrice di articoli su «Il Giornale dei genitori», fondato da Ada Gobetti; giudice onorario del Tribunale dei minori di Torino; donna impegnata politicamente, oltre che moglie e madre: tante tessere che formano un quadro policromo fatto di stagioni e ruoli diversi.Per questo, la sua è una storia che meritava di essere raccontata - tracciandone il ricco e articolato percorso sociale e civile, restituendone la dimensione di protagonista degli eventi del Novecento e della costruzione dell'Italia repubblicana, dando conto del suo ruolo attivo nella sfera pubblica e del suo ostinato e determinato impegno a intervenire in ogni situazione per cercare di migliorare il mondo - anche perché è la storia di una delle tante persone, spesso dimenticate, che hanno portato il loro contributo alla costruzione di una società democratica. -
Visioni sospese
Luigi Auriemma è un artista visivo che scrive poesia e guarda alla filosofia: di questa, gl'interessano gli aspetti relativi all'inconscio e alle arti, che hanno molti punti di contatto. Ma la distanza che separa la speculazione dalla prassi gli è nota: non s'illude che l'una possa intrecciarsi con l'altra perché è consapevole del crepaccio che le separa, e non commette l'errore di poetare filosofeggiando, o viceversa. Possiamo dire, piuttosto, che il nostro utilizza i fondali della filosofia come dei materiali tra gli altri che ha a disposizione. Li vede come fondali scenografici, gl'interessano in quanto suscettibili di manipolazione. -
Risveglio. Dalla poesia alla fotopoesia
Oscar Mazzariol, veneto, ha vissuto per molti anni in Lombardia, ad Assago, e poi a Castelferro in provincia di Alessandria. Laureato in ingegneria elettronica, ha dedicato alle telecomunicazioni, all'informatica e alla sicurezza sul lavoro molti anni della sua attività professionale e gran parte del tempo libero al turismo, alla fotografia amatoriale, alla poesia, all'impegno civile. Dopo la diagnosi della malattia di Parkinson si è dedicato prevalentemente alla fotografia, abbinata in molti casi alla poesia, abbozzando questo libro che era rimasto finora in attesa di stampa. Molto sensibile ed amante della natura, definiva le sue foto come il frutto di osservazioni appassionate e piene di ammirazione per la ricchezza incredibile di stimoli presenti in ogni metro di percorso delle sue passeggiate in campagna, soprattutto nell'area di Castelferro. -
Il breviario blu
Il testo de ""Il breviario blu"""", redatto quasi interamente nell’estate del 1942, né completamente frammentario, né pienamente aforistico, fluisce per corsi variegati e talvolta vertiginosi, tra lo sparso e l’unità. Si percepiscono letture, incontri, sempre intimamente mischiati, per il viaggiatore immobile, alla scrittura: tracce di libri, di sguardi sul mondo, cenni di sogni, fugaci allusioni d’incipienti amori. Il tono d’oltre tomba di queste pagine segna la distanza da una qualsiasi elaborazione letteraria o illusione narrativa. Nell’abolizione di se stesso, il soggetto è parlato attraverso la propria morte. Scrivere è un gesto legato all’“esperienza della morte”. Da tale esperienza, Joë Bousquet ha potuto dirsi nel corso de """"Il breviario blu"""": “La mia morte attende che io sia entrato nella mia vita”.""