Sfoglia il Catalogo feltrinelli004
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 4321-4340 di 10000 Articoli:
-
Etica dell'estetica. Narcisismo dell'io e apertura agli altri nel pensiero postmoderno
Il postmodernismo è davvero il paradigma che porta a compimento la fine dell'etica comunitaria in un indiscusso trionfo dell'individualismo, inteso come «estetica dell'Io»? Tanto da destra quanto da sinistra, ne sembrano convinti quasi tutti i più importanti critici della postmodernità filosofica e culturale dagli anni '60 ai giorni nostri. La tesi è questa: con il postmodernismo, esaurite le grandi narrazioni anche in campo morale, si affermano un edonismo della sensazione e una cultura del narcisismo che non lasciano spazio alla preoccupazione per la sorte altrui, in uno scenario caricato esteticamente come quello della società post-industriale, in cui le immagini e i segni pervadono l'intera realtà. Se questa critica coglie nel segno in riferimento ad autori postmoderni come Lyotard, Maffesoli e Lipovetsky, è anche vero però che il paradigma postmoderno contiene al suo interno i presuppósti teorici per l'elaborazione di un'«etica dell'estetica» positivamente intersoggettiva. Partendo da Nancy e Derrida, fino ad approdare al concetto di «cosmopolitismo estetico» che Lash e Urry collegano al fenomeno della globalizzazione, questo libro, muovendosi tra filosofia e teoria sociale, dimostra come l'elemento percettivo e sensoriale contenuto nel termine aistbesis possa diventare vettore, nel pensiero postmoderno, non soltanto dell'espansione sensoriale illimitata dell'io, ma anche e soprattutto della sua apertura costitutiva agli altri, permettendo così di costruire su basi esistenziali ed extra-normative un'etica del «noi» di respiro cosmopolita. -
Verità, immagine, normativita. Ediz. multilingue
Siamo ormai lontani dalla stagione in cui la forza propulsiva della ""svolta linguistica"""" si impose come tendenza dominante nel dibattito filosofico. Da varie angolazioni si è potuto parlare negli ultimi anni di pictorial turn come antidoto all'egemonia del paradigma linguistico in filosofia. Il volume Verità, Immagine, Normatività. Truth, Image, and Normativity non si inserisce direttamente in questa nuova tendenza, ma ruota comunque intorno a questioni che derivano dal medesimo sfondo. I 24 saggi qui raccolti tengono conto dei diversi ruoli che le immagini possono svolgere, a seconda che si focalizzi la loro dimensione descrittiva o normativa, e indagano alcuni aspetti del rapporto tra immagine e linguaggio. Questi problemi di filosofia dell'immagine, intesa sia come immagine cognitiva sia come immagine grafica, costituiscono il fil rouge di questo volume. Una tale riflessione sui linguaggi figurati e sulla comunicazione visiva non-linguistica costringe a riformulare in termini nuovi le grandi domande concernenti le tradizionali nozioni di verità, oggettività, normatività, consenso e persuasione."" -
Acusma. Figura e voce nel teatro sonoro di Ermanna Montanari
Di derivazione pitagorica, il termine Acusma designa un doppio orizzonte di senso; rinvia a un precetto che si «ascolta» e che ha valore di verità, non solo per la visione inedita del mondo che dischiude, ma anche per la forma in cui si esprime, traendo la sua efficacia dal suono e dall'immagine che la parola evoca. Accomunato alla formula magica, crea sgomento e meraviglia. Se questa è la declinazione precettistica del termine, l'altra rimanda invece al modo in cui il suono e la voce, nella cornice estetica del teatro contemporaneo, disegnano un ambiente in cui lo spettatore si trova immerso, senza che quest'ultimo possa dire con esattezza da quale punto dello spazio tali suoni provengono. Muovendo da questi principi, Enrico Pitozzi discute il ruolo del suono e della voce nel percorso artistico di Ermanna Montanari, attraverso le opere realizzate ìn collaborazione con il regista e drammaturgo Marco Martinelli (insieme al quale condivide la direzione artistica del Teatro delle Albe), con il compositore elettroacustico Luigi Ceccarelli e il poeta"" Nevio Spadoni. L'analisi si sofferma in particolare sulle due performance-concerto, Ouverture Alcina (2009) e Lus (2015), di cui il libro contiene sia i testi che le coordinate per accedere all'ascolto integrale dei materiali. La nozione di «teatro del suono» emerge qui come acquisizione fondante delle ultime tendenze in ambito performativo, inquadrata nel recente dibattito intorno al ruolo della «figura» in scena. Il volume contiene, inoltre, una conversazione con Ermanna Montanari, Marco Martinelli e Luigi Ceccarelli, organizzata in forma di lexicon, utile a comprendere gli aspetti attorno ai quali si orienta il processo di creazione delle opere."" -
Il braccio della poesia. Il sostegno e l'abbandono
Benché adiacenti e cooperanti nell'anatomia umana, la mano e il braccio sono non raramente pensati e sentiti come divergenti, se non confliggenti, dalla letteratura. E, prima della letteratura, dal linguaggio stesso. Proprio le lingue che li nominano con una sola parola, rendono sensibile l'abisso che li separa, che può separarli, e che quella parola cerca di colmare, o di coprire. Intorno a questa semplice scoperta (le vere scoperte sono sempre semplici) gira il presente saggio. Esso ha radice in un momento particolare della mia storia personale: per dire addio ai miei studenti, non ho voluto sventolare la mano, ma ho voluto ricordare loro il potere del braccio della poesia, che sostiene e abbandona, forse nello stesso momento. Questo libro è perciò, anche, quello che è stato: una lezione. Il lettore noterà un infittirsi di ""braccia"""" molto significative nel periodo che va dal 1850 al 1950. C'è un perché, una ragione. Mentre la civiltà occidentale veniva sempre più stretta nelle maglie delle formazioni reattive, la poesia ha mantenuto una zona libera da esse, contraria ad esse, rappresentabile nel braccio, che allora è un po' come l'inconscio della fraterna e reattiva mano."" -
A che ora si mangia? Approssimazioni storico-linguistiche all'orario dei pasti (secoli XVIII-XXI)
Tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento l'aristocrazia a Londra e a Parigi modificò gli orari dei pasti quotidiani. Il pranzo, considerato all'epoca il pasto principale del giorno, venne consumato sempre più tardi, fino alle cinque, alle sei, alle sette del pomeriggio, mentre veniva introdotta una robusta colazione, il déjeuner à la fourchette, a metà mattinata, e scompariva la cena serale. La nuova moda venne adottata nel corso dell'Ottocento dalle classi medie e si diffuse lentamente anche in paesi come la Germania, l'Italia, la Russia, gli Stati Uniti, ma nel frattempo l'aristocrazia inglese e francese spostava l'orario del pranzo sempre più tardi, fino alla sera; col risultato che il divario delle abitudini non si ridusse realmente fino all'egualitario secolo Ventesimo. I contemporanei notarono con interesse questo cambiamento e ne discussero i motivi; la spiegazione più probabile è che le classi dirigenti, in quelle che erano a tutti gli effetti le due massime potenze mondiali, trovarono un nuovo modo per sottolineare la distanza rispetto alla borghesia e il divario fra capitale e provincia, nonché fra paesi moderni e paesi culturalmente arretrati. -
Il nodo, il canestro, il pane e il filo spinato
Gli indiani Navajo, nel tessere i loro tappeti, erano soliti lasciare dei punti imperfetti per evitare che l'anima del tessitore vi rimanesse imprigionata. Dalla preistoria al capitalismo dell'acciaio, da Omero all'invenzione del filo spinato, il saggio esplora proprio questi punti imperfetti, attorcigliando con pazienza i mille fili delle epoche, delle civiltà e dei saperi. -
Cronache dagli anni settanta. Arte e critica d'arte 1970-1980
Il volume raccoglie un'ampia selezione degli articoli di Filiberto Menna apparsi sulla stampa nazionale («Corriere della Sera», «Il Mattino», «l'Unità», «Paese Sera») nel corso degli anni Settanta. Dalla lettura di questi testi d'occasione, brevi ma lucidissimi, emergono nettamente lo sguardo del critico militante, sempre a fianco dell'opera e del suo autore, e il rigore del teorico, prontissimo nel selezionare e valutare in presa diretta le proposte espositive più significative offerte dalla scena italiana. La presente antologia ospita quindi un materiale eterogeneo: letture, riflessioni, obiezioni critiche e teoriche, che delineano un pensiero onnivoro e illustrano la curiosità di un intellettuale totale, esperto d'arte, architettura e design, capace di fornire vividi ritratti dei principali artisti attivi in quegli anni (da Kounellis a Pascali, da De Dominicis a Vettor Pisani), nonché di intraprendere una «critica della critica», ovvero un serrato confronto con molte delle voci più autorevoli di quegli anni, come ad esempio Tomás Maldonado, Bruno Zevi, Renato De Fusco e Germano Celant. -
Grammatiche metropolitane. Piano di Governo del Territorio di Milano 2030 e altri racconti di città
"Grammatiche metropolitane"""" è il punto di vista di Metrogramma sulle dinamiche di trasformazione della città e dei nuovi paesaggi del XXI secolo. Uno sguardo analitico ed esplorativo filtrato da tre esperienze - il progetto dei quattro scenari di densificazione per Bolzano, il piano Darsena per la città di Ravenna e il Piano di Governo del Territorio di Milano - che costituiscono le tappe obbligate di un viaggio retroattivo. Così, intorno alla questione cruciale della rigenerazione urbana, emerge una nuova visione che individua i Nuclei d'identità locale e, secondo Andrea Boschetti e Nicola Russi, è tesa a «rafforzare la rete di centralità esistenti con sistemi adeguati di spazio pubblico, a rivitalizzare i nuclei """"deboli"""" attraverso l'introduzione di nuovi servizi, a progettare nuove connessioni interne ai quartieri e tra di essi». Analogamente alla grammatica delle arti figurative di Alois Riegl, il volume ambisce a essere un «saggio, che tende alla concisione di un manuale grammaticale», a uso non di chi l'arte la fa (l'architetto), né di chi dell'arte gode (l'abitante) - non ne hanno alcun bisogno -, ma di chi l'arte la vuole comprendere." -
Design. Testi e contesti
Nel libro si riflette criticamente sui temi propri della cultura del design, indagando e proponendo metodi e pratiche operative coerenti con il progetto di un artefatto industriale, nello scenario del contemporaneo. L'autore si espone in prima persona, raccontando di come ci si confronti con i ""materiali"""" del progetto nel loro farsi proposta con teorie e metodi, oltre che attraverso azioni operative. In modo soggettivo, con argomenti compiuti, con metafore che evocano il nucleo emozionale dell'azione progettuale; con riflessioni sulle materie invarianti del progetto e sulle variabili in relazione ai contesti contemporanei; con uno sguardo rivolto al prossimo futuro. In ogni caso avendo ben chiaro a chi è destinata la lettura del libro: a quanti s'interessano al design come luogo di sperimentazione e fattore di sviluppo; a chi nelle scuole di design insegna e impara a misurarsi con la progettazione."" -
Bellum civile
«Bellum civile è la storia di come il giovane Bort diventa uomo nell'angolo morto d'una guerra civile persa. In fondo scorre il fiume Teti, immenso, bianco, sbarrato a monte da una piazzaforte. L'epicentro è Lotario, nella valle dell'Issopo. Il governo si è virtualmente arreso. L'Intendente e l'alfiere Arete scavano la fossa al maggiore Moia, vecchio stratega malato. I perdenti cercano vie d'uscita a buon mercato. Bort milita in un plotone d'esploratori comandato da Ruy e l'avventura riempie un inverno secco, da San Martino all'ondata tiepida dopo la Merla». Italo Calvino scelse questo romanzo per la casa editrice Einaudi che lo pubblicò nel 1979 con il titolo Passi d'arme. Di questa prima versione restano trama, nomi e fondali. Questa edizione appare con profonde varianti. -
La steppa
La steppa è il viaggio in carrozza di un ragazzino di campagna, Egóruska, che la madre ha mandato a studiare al ginnasio di una grande città: l'immensa steppa ucraina, gli incontri a sorpresa lungo il viaggio, le sensazioni incantate del ragazzino, il bagno nel grande e placido fiume, le soste, i paurosi racconti dei contadini. Scritto nel 1888, all'età di ventotto anni, Cechov considerava questo racconto il suo capolavoro; giudizio peraltro condiviso anche da altri scrittori come Leskov e Saltykov-Scedrin, che lo paragonarono a Gogol' e Tolstoj. «Vai, vai, guardi avanti, la steppa è sempre la stessa steppa sconfinata che era prima: non si vede la fine!». Con un testo di Fausto Malcovati. -
Un eroe moderno
Questi racconti appartengono alla serie che Gianni Celati ha voluto chiamare Costumi degli italiani, racconti tra di loro legati come un telefilm a puntate; personaggi e vicende si snodano circa negli anni del boom economico, quando tanti si davano da fare per diventar ricchi, tranne quelli negati fin da giovani per ogni carriera, o quelli che avevano già il fallimento come loro personale destino, e alla fine sono gli esseri più condivisibili. In questa scrittura piana, nel lontano rimando autobiografico, s'intravede sempre un sentiero etico segnalato e percorso. -
Maxxi Arte. Catalogo delle collezioni. Ediz. a colori
Spazi ampliati, allestimento ripensato, opere mai esposte, più servizi: il Maxxi - Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, a Roma, si presenta rinnovato, una “Re-evolution” all’insegna dell’arricchimento dell’offerta culturale e dell’apertura alla cittàrnrnA sette anni dall'apertura del Museo nazionale delle arti del XXI secolo e a quasi diciasette anni dall'avvio delle sue collezioni d'Arte il MAXXI vuole restituire la natura e il senso di quanto fatto nel tempo attraverso questo catalogo. Il volume documenta tutti gli autori e le opere in collezione. È al tempo stesso un agile strumento di riferimento per studiosi e ricercatori, ma anche una sintesi densa e significativa della produzione artistica contemporanea nazionale e internazionale. -
L' ultima new town. Milton Keynes tra welfare e scelta individuale
Posta a metà strada fra Birmingham e Londra, Milton Keynes appartiene al gruppo di città di fondazione designate all'interno dell'ultimo ed effettivo New Town Act (1965), e può essere considerata la più significativa - forse l'ultima, appunto - new town britannica. Dopo il decennale dibattito aperto dalla città-giardino di Ebenezer Howard - che aveva il merito di superare l'ambito urbano per affrontare il tema della città nel più ampio contesto regionale, ovvero come una realtà insieme fisica, economica e sociale -, nel 1946 il governo britannico si impegnò nel più longevo e consistente intervento pubblico nella storia della città europea del ventesimo secolo. Il piano, portato avanti da un gruppo allargato di progettisti (David Lock, Derek Walker, Lee Shostak) e consulenti (Richard Llewelyn-Davies, John Weeks, Walter Bor, Melvin Webber e Nikolaus Pevsner), era l'atto finale di un climax urbanistico ascendente. Questi insediamenti - circa trenta nel solo Regno Unito - nacquero da un'utopia, ma furono una realtà tanto solida da essere esportata, negli stessi anni, in tutto il mondo (nei Paesi scandinavi, negli USA, in Israele, in URSS e in Giappone). Cuore di ogni sperimentazione urbanistica, il modello della new town - talvolta invocato in caso di calamità naturali, come dopo i terremoti di Gibellina o L'Aquila - attraversa tutto il Novecento, e trova oggi nuove incarnazioni nelle comunità sostenibili, nei villaggi urbani a zero emissioni, nelle eco-città con piani di sviluppo basati sul verde e sulle piste ciclabili, e in alcuni nuovi complessi urbani in India e in Cina. Nel presente saggio, l'autore ricostruisce con puntualità e rigore il pensiero e l'azione delle «culture del piano» che si sono concretizzate in Milton Keynes, ad oggi il prototipo più efficiente di welfare urbano, ma anche il più rimosso, nonostante, in Gran Bretagna, l'«ultima new town» sia anche la prima città per incremento demografico. -
Amabili resti dell'architettura. Frammenti e rovine della tarda modernità italiana
Il testo affronta la stagione architettonica del dopoguerra italiano da un punto di vista inusuale, ovvero attraverso lo studio dello stato attuale di alcune celebri costruzioni realizzate tra i primi anni Cinquanta e gli anni Ottanta. Quelli che ora sono ruderi, abbandonati o in via di demolizione, furono edifici vitali, firmati dai maestri più importanti di allora. Questo paesaggio di rovine diventa oggi un utile e involontario catalogo ragionato, che consente di riflettere su alcune questioni cruciali di quel periodo: il rapporto tra architettura e politica, il ruolo degli architetti, e il paradosso tipico di quel tempo, ovvero il contrasto tra la radicalità teorica e la grossolanità delle costruzioni. Come osserva l'autrice, ""nella stagione analizzata emerge infatti una distanza rilevante tra la produzione materiale e quella immateriale, visibile soprattutto nel risultato profondamente sbilanciato tra la fortuna critica di quanto è stato stampato rispetto agli esiti di quanto poi è stato costruito"""". Giulia Menzietti, dunque, riattualizza questi """"amabili resti"""" per collegarli operativamente agli inaggirabili problemi del nostro tempo: dall'interesse per lo scarto architettonico alla questione del patrimonio, dalla conservazione del contemporaneo alla gestione dell'eredità culturale di una generazione di """"eroi"""" finora mai messa seriamente in discussione dal punto di vista del suo lascito materiale. L'Istituto Marchiondi di Vittoriano Viganò a Milano, il convento dei padri passionisti di Glauco Gresleri a Casalecchio di Reno, la colonia Enel di Giancarlo De Carlo a Riccione, il complesso Marchesi di Luigi Pellegrin a Pisa, il Teatro Popolare di Sciacca di Giuseppe e Alberto Samonà, la Casa dello Studente di Giorgio Grassi e Antonio Monestiroli a Chieti, la chiesa di Ludovico Quaroni a Gibellina, la stazione di San Cristoforo di Aldo Rossi e Gianni Braghieri a Milano, il palasport di Vittorio Gregotti a Cantù - tutte queste realizzazioni non vengono qui osservate soltanto come testimonianze di un passato recente, ma vengono anche reinterpretate come frammenti di una nuova geografia del riuso, facendone forse le uniche """"nuove terre"""" della progettazione architettonica nel nuovo secolo. Prefazione di Pippo Ciorra."" -
Riti urbani. Spazi di rappresentazione sociale
Gli spazi pubblici sono sempre stati un terreno privilegiato di incontro e di confronto; il loro stesso offrirsi come spazi liberamente accessibili e fruibili ha svolto un ruolo cruciale nella strutturazione della vita sociale delle comunità. L'incessante contrattazione sulla loro conformazione, sulle modalità d'uso e sui valori simbolici a essi attribuiti è infatti alla base del particolare radicamento riconoscibile nell'espressione genius loci. Rileggendo autori fondamentali quali Johan Huizinga e Eugen Fink, Mircea Eliade e Zygmunt Bauman, Francesco Lenzini individua dunque nello spazio pubblico una natura eminentemente rituale, in cui ambiente materiale e identità collettiva si saldano in un comune processo di mediazione simbolica. L'attuale atomizzazione della società ha tuttavia determinato un sostanziale mutamento in questa dimensione, che, per utilizzare le parole di Henri Lefebvre, è sempre meno spazio di rappresentazione e sempre più rappresentazione dello spazio. Il volume interroga tale trasformazione concentrandosi soprattutto sul rapporto di interdipendenza tra urbs e civitas, tentando cioè di penetrare i meccanismi e le strutture che regolano questo difficile equilibrio - ad esempio quelli legati al gioco e al progressivo avvento dell'homo ludens. Muovendosi lungo questa continuità processuale, dalle prime forme di aggregazione umana alle piazze storiche europee fino ai «nuovi riti, nuovi miti» dello shopping e dell'happy hour, l'autore indaga il significato più profondo e sempre nuovo sotteso ad ogni forma di spazio pubblico urbano. Come ha scritto Italo Rota, infatti, «i rituali valgono non solo per l'erezione di templi e di altari, ma anche per la fondazione delle città. Il templum, il labirinto, il mandala sono una cosmografia, un diagramma dell'ordine universale». -
Dialettica e speranza. Sulla poesia di Franco Fortini
Questo saggio, pubblicato a cento anni dalla nascita di Fortini, persegue un doppio obiettivo. Da una parte, si ripercorrono con attenzione le sei principali raccolte dell'autore (Foglio di via, 1946; Poesia e errore, 1959; Una volta per sempre, 1963; Questo muro, 1973; Paesaggio con serpente, 1984; Composita solvantur, 1994), al fine di offrire per la prima volta una visione unitaria e aggiornata dell'intera produzione poetica fortiniana. Dall'altra, si adotta un taglio ermeneutico originale, volto ad approfondire il rapporto tra la scrittura di Fortini e la categoria di tempo, intesa non solo come tema esplicito, ma anche come principio costruttivo e come filosofia della storia. In particolare, si riflette sul valore dell'oscillazione fortiniana tra gli imperativi assoluti dell'etica e la ""tattica"""" politica, tra l'impazienza giovanile e la maturità della mediazione, tra l'utopia di un futuro radicalmente diverso e l'impegno concreto nel presente. L'oscillazione tra questi due poli - che si presuppongono e correggono a vicenda - risponde comunque a una serie di """"leggi"""" e di regolarità, dettate dal genere letterario praticato, dalla presenza o dall'assenza di possibilità rivoluzionarie e da una precisa selezione dei destinatari (gli interlocutori visibili, a cui si rivolgono i messaggi di più rapido consumo, oppure i lettori a venire, a cui sono indirizzate le allegorie """"a lunga gittata""""). L'intento complessivo è quello di coniugare teoria della letteratura, ricostruzione del contesto storico-sociale e analisi stilistico-formale dei testi, in modo da non scindere il Fortini lirico dal Fortini intellettuale, critico e saggista."" -
Riscontro. Pratica politica e congiuntura storica in Niccolò Machiavelli
Il pensiero di Niccolò Machiavelli è stato spesso interpretato come una tecnica politica autonoma e valida in ogni tempo, eppure esso si è formato in simbiosi con la riflessione di ambito storico. Una storia intesa come incontro tra l'azione degli attori politici e la qualità dei tempi: rapporto instabile e conflittuale che il segretario fiorentino tenterà di pensare per un'intera vita, in modalità diverse ma unificate dall'immagine filosofica del riscontro che di questa relazione restituisce il carattere discontinuo e, talvolta, antagonistico. Riscontrare i tempi significa dunque, di volta in volta, governare il presente o cercare di trasformarlo, assicurare la conservazione o tentare la rottura. Machiavelli rende così ragione del variare delle pratiche politiche e individua le cause dei mutamenti storici. Attraversando l'opera in tutta la sua estensione, con particolare attenzione alle ""Istorie fiorentine"""" e nel costante confronto con la più recente letteratura critica internazionale, il volume propone una ricostruzione complessiva della dottrina storica machiavelliana, sottolineandone la distanza rispetto alle contemporanee """"ontologie dell'attualità"""" e l'apertura verso forme politiche avvenire."" -
Chengyu. Cento aforismi della tradizione cinese
I chengyu rappresentano una delle espressioni più profonde dell'antica Cina. Sebbene queste locuzioni idiomatiche, spesso formate da soli quattro caratteri, siano entrate nei secoli nella parlata comune, esse sono in realtà il frutto della grande tradizione storica, filosofica o letteraria. Come sottolinea l'autore, non sempre - anzi, molto raramente - il senso del chengyu è strettamente collegato al significato dei suoi termini. In altre parole, «la somma della traduzione letterale dei componenti non trasmette quasi mai direttamente e interamente il significato di cui l'espressione è in realtà portatrice». Ne può essere un esempio «huà long diàn jing», la cui traduzione letterale suonerebbe «dipingere draghi e tratteggiarne le pupille», ma che intende invece indicare l'aggiunta di un tocco finale (una parola, una frase) che dia eleganza a un discorso, il tocco da maestro, insomma. Questo lavoro offre al lettore una scheda esaustiva dei chengyu qui antologizzati, affiancando al testo e ai suoi significati anche l'identificazione delle fonti, nonché il passo che ha dato origine all'aforisma, presentandolo ove possibile nella sua completezza, in modo da poter ricostruire la storia della locuzione attraverso il testo che l'ha generata. -
Sartre e Lacan. Correlazione antinomica, relazione pericolosa
Clotilde Leguil ci porta dietro le quinte dell'elaborazione lacaniana partendo da una correlazione segreta e paradossale con la filosofia sartriana dell'esistenza. Se il rapporto di Lacan con Sartre è simile a una relazione pericolosa, è perché c'è il rischio di un equivoco e di un malinteso: l'esistenzialismo sartriano nega la dimensione dell'inconscio mentre la prospettiva lacaniana introduce lo strutturalismo in psicoanalisi per ripensare l'inconscio freudiano. Lacan non indietreggia davanti a queste antinomie. Reinveste i concetti della filosofia esistenziale per far suonare loro un nuovo spartito, quello dell'esperienza analitica come esperienza soggettiva. Con le nozioni di desiderio, di mancanza e d'angoscia, la psicoanalisi lacaniana sostiene nel XXI secolo l'irriducibile singolarità dell'essere parlante.