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Mostrati 2001-2020 di 10000 Articoli:
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Sacred cow. Perché la carne allevata bene fa bene, a te e al pianeta. La soluzione per una carne migliore e sostenibile
Che si tratti della nostra salute o di quella del pianeta, del cancro o del riscaldamento globale, oggi è prassi comune attribuire tutte le colpe al consumo di carne. I più diffusi luoghi comuni sono infatti che: la carne rossa provoca neoplasie, obesità e cardiopatie; ne mangiamo troppa e la sua produzione non è sostenibile; i prodotti di origine animale non sono indispensabili per la nostra salute; l'allevamento danneggia l'ambiente; mangiare animali non è etico. Interessi delle multinazionali, ricerche scientifiche viziate, articoli per ottenere facili click e celebrità vegane poco informate hanno alterato la percezione di cosa dovrebbe essere un sistema equilibrato: il mantra ""la carne fa male"""" influenza ormai i corsi universitari, le linee guida per l'alimentazione, i menu delle mense e i fondi assegnati alla ricerca. Col progredire della globalizzazione, il mondo intero sta abbracciando una dieta di tipo occidentale basata su cibi industriali e ultra-processati, senza rendersi conto che così devasta interi ecosistemi e la salute stessa delle persone. Mossi dal nobile principio della minor sofferenza, in molti finiscono per risolvere questo dilemma etico, ambientale e nutrizionale rinunciando alla carne una volta per tutte. Ci viene detto infatti che la soluzione è ridurre o eliminare la carne, rossa in particolare. Ma la scienza non è d'accordo: limitarsi all'agricoltura intensiva è tutt'altro che la soluzione perfetta. La soluzione non è eliminare la carne, ma cambiare il tipo di allevamento. In Sacred Cow, la nutrizionista Diana Rodgers, e l'autore del New York Times Robb Wolf, esplorano i problemi dell'allevamento e del consumo della carne, evidenziando le falle del nostro sistema alimentare e delle """"soluzioni"""" finora proposte, concentrandosi sul gruppo più grande e criticato di tutti: i bovini."" -
Storia vera di un impostore. Giorgio del Giglio nel Mediterraneo del Cinquecento
Giorgio del Giglio (ca. 1520-1579), originario della piccola isola dell'arcipelago toscano, fu di volta in volta soldato, ambasciatore, negoziatore, spia, interprete, mercante di schiavi e persino schiavo lui stesso. Catturato sette volte dai pirati barbareschi, rinnegò la fede cristiana due volte. Trascorse più di dieci anni nell'Impero ottomano, dove affermò di aver svolto molte missioni per il sultano Solimano il Magnifico e più tardi per il duca di Firenze, Cosimo de' Medici. Percorse in lungo e in largo il Vicino e il Medio Oriente, e si dice che si sia spinto fino alla Cina. I suoi favolosi diari di viaggio sono in parte autobiografia, in parte enciclopedia, in parte cartografia, in parte controversia religiosa. Proprio come Carlo Ginzburg aveva tratto dall'oblio il suo mugnaio del XVI secolo ne ""Il formaggio e i vermi"""", Florence Buttay ridona vita a questa figura di impostore, che vendeva i suoi servizi di spia al migliore offerente e sognava la concordia religiosa in piena Controriforma. Ci racconta le tribolazioni di un frontaliere del Rinascimento, sempre in cerca di una identità tra le due sponde del Mediterraneo, tra Oriente e Occidente, che non manca di evocare Leone l'Africano di Natalie Zemon Davis."" -
Maurizio Fagiolo dell'Arco critico militante 1964-1980
Da Bernini a de Chirico, dalla festa barocca a Balla passando per Domenichino e la Scuola romana. Il nome di Maurizio Fagiolo dell'Arco richiama subito i suoi pionieristici studi, sull'arte del Seicento come sul Novecento italiano e internazionale. Eppure egli è stato anche un formidabile critico militante, tra anni Sessanta e Settanta al centro delle ricerche più vitali non soltanto romane. Mario Schifano, Franco Angeli, Mario Ceroli, Pino Pascali, Giulio Paolini, Giovanni Anselmo sono alcuni coetanei dei quali si è fatto interprete consegnandoci pagine ancora oggi illuminanti per capirne il lavoro. ""Rapporto 60. Le arti oggi in Italia"""" è il libro che, nel 1966 a ventisette anni, ne ratifica l'impegno nel presente. Questo volume raccoglie per la prima volta un'antologia dei suoi contributi in ambito critico. Pagine licenziate in occasioni diverse - la recensione di una mostra, il saggio in catalogo, la risposta a un'inchiesta - che trovano unità in quelli che poi sono i tratti distintivi del loro autore: la sicurezza del giudizio, la necessità di parlar chiaro, le intuizioni combinate a una scrittura veloce ma sempre aderente alle opere. Lette tutte insieme offrono il ritratto di una figura complessa, le cui passioni per l'antico e il contemporaneo interferiscono di continuo tra loro. 1964-1980: oltre quindici anni di strenuo lavoro. Dagli entusiasmi giovanili alle crisi portate dal Sessantotto. Dalla fiducia - sincera ma non incondizionata - nei linguaggi della modernità all'abbandono della militanza. In mezzo l'amore per la ricerca filologica che a metà Settanta lo fa scoprire a se stesso «archeologo dell'avanguardia»."" -
Ariosto and the Arabs. Context for the «Orlando Furioso»
Tra i testi letterari più dinamici e influenti del XVI secolo, ""L'Orlando furioso"""" di Ludovico Ariosto (1532) è emerso da un mondo i cui orizzonti si stavano rapidamente espandendo, e il poema si presenta come un prisma attraverso il quale esaminare vari anelli della catena di interazioni che hanno caratterizzato l'area mediterranea dall'epoca tardoantica, attraverso il periodo medievale, alla prima modernità e oltre. L'idea di questo volume - e del progetto da cui ha avuto origine - trova il suo punto di partenza nel celebre poema di Jorge Luis Borges, """"Ariosto y los Árabes"""" (1960), che vede il Furioso come il cardine di una cultura letteraria passata e futura che circola tra l'Europa e il Medio Oriente. Protagonista sia del conflitto storico che dello scambio culturale, il """"saraceno"""" musulmano rappresenta l'""""altro"""" essenziale nell'opera di Ariosto, ma l'Orlando furioso si impegna anche con la più ampia rete di comunità religiose, politiche e linguistiche che definiva il bacino mediterraneo del suo tempo. I sedici contributi qui riuniti, scritti da un diverso gruppo di studiosi che lavorano in Europa, Africa e Asia includono ambiti correlati di analisi - filologia, storia religiosa e sociale, cartografia, arte materica e figurativa e rappresentazione - per gettare nuova luce sui sistemi relazionali generati ed esemplificati dal grandioso poema di Ariosto."" -
Caterina Medici di Brono
"Caterina Medici di Brono"""" è un romanzo di Achille Mauri uscito a puntate sull'Indicatore lombardo nel 1829 e poi nel 1831 in volume a Livorno. L'autore descrive la vita di Caterina rendendola un'eroina da romanzo, le cui vicende si intrecciano con la storia di Milano. Nella realtà fu una serva che, prima, ebbe due figlie dal capitano Squarciafico presso cui lavorava, e poi nel 1613 lavorò presso il capitano Vacallo, dalla cui casa fu cacciata perché accusata di aver compiuto un maleficio ai danni del padrone. La fama di strega la seguì e, quando, nel 1616 andò a servizio presso il senatore Luigi Melzi d'Eril, fu accusata di aver causato dei misteriosi mal di stomaco al senatore con alcuni malefici. Nel 1617, dopo essere stata torturata, fu impiccata e bruciata in piazza Vetra. La sua storia è documentata da un riassunto del processo trovato nell'archivio di famiglia Melzi d'Eril. Fu Pietro Custodi ad inserire nella Storia di Milano del conte Pietro Verri, che andava portando a termine una digressione sulla storia di Caterina Medici. Mauri intendeva inserire il suo romanzo storico nel solco delle ricerche verriane e manzoniane sui processi agli untori, contribuendo a raccontare la Milano del primo Seicento e a denunciarne le ingiustizie. Nel Novecento si è occupato della storia di Caterina anche Leonardo Sciascia con il suo La strega e il capitano, facendo luce su qualche punto poco chiaro della vicenda. Mauri intendeva inserire il suo romanzo storico nel solco delle ricerche verriane delle Osservazioni sulla tortura e manzoniane della Storia della colonna infame, contribuendo a raccontare la Milano del Seicento e a denunciarne le ingiustizie, in questo caso in tema di processi per stregoneria." -
Il ritorno di Martin Guerre. Un caso di doppia identità nella Francia del Cinquecento
L'astuto contadino Arnaud du Tilh aveva quasi persuaso i dotti giudici del tribunale di Tolosa, quando, un giorno dell'estate 1560, nell'aula della corte entrò spavaldamente un uomo con una gamba di legno, denunciò Arnaud e rivendicò la sua identità, la sua proprietà e la moglie di Martin Guerre. Questo caso giudiziario straordinario catturò l'immaginazione del continente e per secoli e stato narrato e rinarrato tanto da diventare leggenda, ancora ricordata nel villaggio dei Pirenei dove l'impostore fu impiccato più di 400 anni fa. Una delle più celebri storiche americane, Natalie Zemon Davis, fu ingaggiata come consulente per il film ""Il ritorno di Martin Guerre"""" (con Gérard Depardieu e Nathalie Baye, 1983, tre premi César) e condusse una lunga ricerca negli archivi e sui libri di legge del tempo per aggiungere ulteriore profondità a una storia assai misteriosa. Da questi studi nacque anche il libro. Come poteva diventare un impostore un uomo del Cinquecento? Perché Bertrande de Rols, un'onesta contadina, accettò un tale uomo come marito? Perché avvocati, poeti e letterati, come Montaigne - che assistette al processo -, furono così affascinati da questo episodio? L'Autrice ricostruisce le sensibilità e i desideri degli abitanti illetterati di un villaggio di campagna. Uomini e donne che cercano di costruire la propria identità in un mondo di idee tradizionali sulla proprietà e sulla famiglia e con idee sulla religione che vanno mutando. Impariamo cosa succede quando persone comuni sono coinvolte nel funzionamento di una corte penale del Cinquecento, e come i giudici faticano a decidere chi quell'uomo sia in un'epoca in cui impronte digitali e fotografie non esistevano. Addirittura ci fa sentire la segreta affinità tra gli eloquenti uomini di legge e l'impostore dalla lingua veloce e melliflua, un raro caso di identificazione che ignora le barriere di classe. Tradotto nel 1984 per i tipi di Einaudi, e da tempo esaurito, viene ora riproposto nella collana """"Storie"""". Postfazione Carlo Ginzburg."" -
The Mongol Empire in global history and art history
Lo studio dei Mongoli è cresciuto esponenzialmente in anni recenti, in concomitanza con il progetto di scrivere storie globali meno etnocentriche e storie dell’arte globali strutturate intorno a reti, contatti e scambi come motori del cambiamento storico ed estetico. L’ascesa dei Mongoli nel tredicesimo secolo non serve solo come paradigma privilegiato per la ricerca, ma anche come punto di partenza per una nuova periodizzazione: i bagliori iniziali della prima modernità definita come una sempre più rapida accelerazione nei sistemi di contatto e comunicazione. I saggi del volume, dettagliati nel sommario qui accanto, sono opera di storici e storici dell’arte specialisti degli studi sui Mongoli e di campi strettamente correlati. Gli studi vanno dal Giappone alla Catalogna ed esplorano l’ascesa dei Mongoli sia come spartiacque storico nell’arte, nella lingua, nella diplomazia e nella politica, sia come caso di studio nelle moderne storiografie di un mondo moderno interconnesso. -
Diversamente dolci, deliziosamente sani. 120 ricette creative per torte, gelati e dessert senza zucchero, cereali e latticini
È possibile cedere alla tentazione di una cheesecake, un tiramisù, una crostata o un pasticcino senza conseguenze nefaste sulla linea o sulla salute? Di solito no, ma con queste straordinarie ricette a base di ingredienti naturali e di facile esecuzione, potrete preparare torte, gelati e dessert non solo squisiti ma anche sani! Sì perché Morena ha raccolto in questo libro 120 delle sue rivisitazioni di dolci: da quelli regionali tipici, come il bonet piemontese o la sbrisolona al Kaiserschmarren tirolese e il clafoutis francese, fino all'esotico flan caraibico al cocco; dalle preparazioni classiche come la crema pasticcera e il pan di Spagna ai dolci tradizionali delle feste, come il panettone, o a creazioni inedite come il rotolo al matcha e crema di fragole, senza tralasciare muffins, crêpes, biscotti, tartufini e gelati. Ce n'è per tutti i gusti e per tutte le esigenze: che vogliate restare in forma senza rinunciare al piacere del dolce, che seguiate un regime Paleo o Keto, che abbiate la necessità di evitare certi alimenti come il glutine per intolleranze, allergie o problematiche autoimmuni o di limitare il più possibile gli zuccheri per il diabete, infine che siate degli irriducibili golosi o semplicemente curiosi. I dolci creati da Morena sono infatti tutti privi di zuccheri raffinati, farine di cereali, latticini, soia e legumi; il segreto è l'utilizzo di ingredienti alternativi, di facile reperibilità e di antico consumo come il miele, la frutta secca, le uova e il cacao, o noti in altre cucine come il cocco in tutte le sue forme (zucchero dai fiori, latte e ""farina"""" dalla polpa), lo sciroppo d'acero, la farina di castagne o quella di chufa e naturalmente la frutta, come avocado, datteri e fichi o certi ortaggi come la zucca, usati fin dall'antichità. Nell'introduzione del medico dello sport e nutrizionista Fabrizio Rapuzzi scoprirete inoltre perché siamo così naturalmente e ancestralmente attratti dal dolce, fino a sviluppare vere e proprie dipendenze, quali ripercussioni ha l'abuso di zucchero sulla nostra salute e come (e quando) è invece possibile mangiare questi dolci senza compromettere la forma fisica. Infine una pratica tabella vi guiderà nella scelta di ricette Paleo, Keto e AIP (protocollo autoimmune) in base agli ingredienti."" -
Colore, stucco, marmo nel Cinquecento. Il percorso di Giulio Mazzoni
Il volume ritesse la trama delle vicende di Giulio Mazzoni (Piacenza 1518/1519-1590), pittore, stuccatore e scultore ricordato da Giorgio Vasari in un breve medaglione biografico che ne elogia la versatilità e le abilità nelle diverse arti. Mettendone in luce la poliedrica personalità rispetto a quella dei protagonisti della decorazione nell'età della Maniera con cui si trovò a contatto più o meno diretto - Giorgio Vasari, Perino del Vaga, Daniele da Volterra, Michelangelo - se ne ricostruisce il catalogo delle opere e si rende ragione della posizione di grande prestigio raggiunta a Roma e nel ducato farnesiano. L'analisi dei documenti, delle fonti e della letteratura critica, affiancata all'esame autoptico delle opere superstiti, studiate con il sussidio della documentazione di restauro, capovolge la consolidata lettura di un artista nato come scultore in marmo e solo in un secondo tempo passato alla pittura e alla pratica dello stucco, suggerendo una nuova prospettiva interpretativa. Del tutto ripensate sono le prime esperienze di Mazzoni accanto a Vasari, la sua posizione nella bottega dell'aretino e il comune soggiorno a Napoli del 1544-1545, così come il forte legame che unì i due artisti sino alla morte. Novità emergono anche in merito all'apprendistato con Daniele da Volterra e alle successive relazioni intrattenute, nella Roma degli anni Sessanta e Settanta, con gli allievi e collaboratori di quest'ultimo. La maggiore impresa di Mazzoni - la campagna decorativa del palazzo di Girolamo Capodiferro - è analizzata attraverso una disamina capillare che, oltre a illuminare i modelli e le responsabilità progettuali di Giulio, mira a restituire la composizione e il funzionamento dell'intero cantiere architettonico-decorativo. Il percorso di Mazzoni così ricostruito offre un punto di vista utile per ripensare le vicende della grande decorazione del Cinquecento a Roma - fondata sulla sinergica unione dei diversi media: pittura, stucco, scultura - e la diffusione fuori dall'Urbe. -
La «calunnia» di Botticelli. Politica, vizi e virtù civili a Firenze nel Rinascimento. Ediz. illustrata
Il piccolo e prezioso dipinto di Sandro Botticelli conservato agli Uffizi (62x91 cm) si presenta, sotto diversi rispetti, come un enigma figurato: per la complessità della genesi del soggetto erudito, tratto dalla descrizione del quadro di Apelle di Luciano, e mediato dalle traduzioni di Guarino e di Leon Battista Alberti; per il montaggio e la scelta dei temi dei pannelli che compongono il fondale; per la datazione e le circostanze dell'esecuzione; e, più in generale, per il suo significato complessivo. Dall'inizio del XX secolo si è andata cristallizzando nella critica una costellazione di luoghi comuni: l'interpretazione del dipinto in chiave intima e personale, come atto di rivendicazione, o di protesta o di vendetta, dell'artista contro i suoi detrattori; la lettura dell'opera come espressione della crisi umana e spirituale di Botticelli dopo la morte del Magnifico, nel clima greve della censura savonaroliana; la collocazione cronologica liminare della Calunnia, tra i dipinti di soggetto profano e quelli a tema religioso. Una catena di argomentazioni, non sempre verificate con la dovuta attenzione critica e spesso chiamate a confermarsi l'un l'altra, in una sorta di cortocircuito ermeneutico. L'analisi puntuale dell'opera, del corteo delle figure in primo piano, animate da una forte energia patetica, ai particolari del fondale in cui Botticelli si rivela vero ""orefice del dettaglio"""", fa emergere una lettura sorprendentemente ricca e articolata. L'artista mette in scena un discorso allegorico-didascalico in una sorta di allestimento concettuale dei temi più rilevanti della riflessione culturale e della propaganda politica contemporanea. In questa luce, la Calunnia si presenta come un'opera-manifesto della temperie politico-culturale del tempo, un condensato delle tensioni e dei conflitti che agitano Firenze tra XV e XVI secolo, ma anche, insieme, un esercizio esemplare della tecnica di Botticelli e della sua poetica. ll volume è l'esito degli studi ventennali delle autrici sul tema, condotti incrociando la strumentazione della metodologia della ricerca storico-artistica, dell'iconologia e della storia della tradizione classica."" -
Il vecchio Thiess. Un lupo mannaro baltico tra caso e comparazione
Nel 1691, un contadino della Livonia, noto come ""il vecchio Thiess"""", dichiarò a un tribunale distrettuale di essere un lupo mannaro. Ma alla corte spiegò di non essere un mostro diabolico, bensì uno dei """"cani di Dio"""", che combattevano contro stregoni, streghe e persino Satana per proteggere campi, greggi e persone: un'ammissione sconcertante, che attirò l'attenzione dei giudici di allora e che continua ad attirare quella degli storici da almeno un secolo a questa parte. In questo libro, Carlo Ginzburg e Bruce Lincoln discutono in una prospettiva comparata il processo e la sorprendente testimonianza del vecchio Thiess. Oltre alla prima traduzione italiana degli atti processuali, dove pare quasi di sentire la voce del protagonista, il libro presenta le diverse analisi dell'evento: dai tentativi di collegare il vecchio Thiess a pratiche sciamaniche, all'idea che egli stesse reagendo allo stereotipo del lupo mannaro che l'élite germanica usava per giustificare il proprio dominio sui contadini del Baltico. Intrecciando e discutendo meriti e rischi delle proprie prospettive di ricerca e di quelle di altri studiosi, Ginzburg e Lincoln riflettono anche su più ampie questioni di metodo storico: fino a che punto è rappresentativo un caso eccezionale? Quale deve essere lo statuto della prova quando si tratta di ricostruire una sfera di oralità perduta per sempre? Che ruolo hanno i nostri presupposti nell'accertamento della verità storica? Il Vecchio Thiess apre una prospettiva nuova su una serie di problemi fondamentali che caratterizzano il mestiere dello storico oggi."" -
I ritratti dei Medici alle Gallerie degli Uffizi. Guida
Nella veste di una maneggevole guida riccamente illustrata, il volume offre uno strumento per apprezzare i ritratti medicei conservati nelle Gallerie degli Uffizi proponendo allo stesso tempo una narrazione coinvolgente per l’intreccio delle vicende umane e storico-artistiche nell’arco di cinque secoli. I membri di quella che si può considerare la famiglia più rappresentativa del Rinascimento italiano e dell’età moderna ebbero modo di costruire la propria immagine pubblica in un sofisticato ambiente culturale in cui erano attivi artisti celebri come Raffaello, Pontormo, Bronzino, Vasari nonché poeti, letterati, scienziati, umanisti e studiosi di fine intelletto. In questo milieu vivace sono stati concepiti i dipinti di epoche e autori diversi che interpretano variamente la richiesta di una ritrattistica raffinata e di corte. Le opere vengono presentate nel volume in ordine cronologico, permettendo di orientarsi tra le tappe principali della storia e della genealogia dei Medici e, al contempo, di ripercorrere un segmento fondamentale della storia dell’arte in Italia. Ne emerge un racconto collettivo, un lungo dialogo ideale tra volti, corpi, personalità descritto in una sequenza di testi brevi, redatti con un linguaggio divulgativo, che accompagnano ciascuna opera dando conto delle notizie storiche, dei documenti sopravvissuti, dei risultati più significativi e aggiornati degli studi, presentando con le loro fattezze e le loro vicende i protagonisti di quella irripetibile stagione culturale e politica. Dal capostipite Giovanni di Bicci, nel passaggio tra Tre e Quattrocento, fino all’ultimo granduca di Toscana della famiglia nel Secolo dei lumi, il lettore è condotto a godere appieno delle misteriose invenzioni di Vasari, che ritrae Lorenzo il Magnifico tra maschere bizzarre, o della maestria di Bronzino nel restituire la preziosità del broccato d’oro dell’abito di Eleonora di Toledo. Immergendosi nella lettura ci si trova vis à vis con l’intensità espressiva di Giovanni dalle Bande Nere concentrato per respingere i lanzichenecchi o con la regalità consapevole di Caterina e Maria de’ Medici, le due fiorentine salite sul trono di Francia come semplici consorti che il fato portò invece a regnare, lasciando la loro impronta nella Storia ben al di là delle rive dell’Arno. -
Medici portraits at the Gallerie degli Uffizi. Guide
Nella veste di una maneggevole guida riccamente illustrata, il volume offre uno strumento per apprezzare i ritratti medicei conservati nelle Gallerie degli Uffizi proponendo allo stesso tempo una narrazione coinvolgente per l’intreccio delle vicende umane e storico-artistiche nell’arco di cinque secoli. I membri di quella che si può considerare la famiglia più rappresentativa del Rinascimento italiano e dell’età moderna ebbero modo di costruire la propria immagine pubblica in un sofisticato ambiente culturale in cui erano attivi artisti celebri come Raffaello, Pontormo, Bronzino, Vasari nonché poeti, letterati, scienziati, umanisti e studiosi di fine intelletto. In questo milieu vivace sono stati concepiti i dipinti di epoche e autori diversi che interpretano variamente la richiesta di una ritrattistica raffinata e di corte. Le opere vengono presentate nel volume in ordine cronologico, permettendo di orientarsi tra le tappe principali della storia e della genealogia dei Medici e, al contempo, di ripercorrere un segmento fondamentale della storia dell’arte in Italia. Ne emerge un racconto collettivo, un lungo dialogo ideale tra volti, corpi, personalità descritto in una sequenza di testi brevi, redatti con un linguaggio divulgativo, che accompagnano ciascuna opera dando conto delle notizie storiche, dei documenti sopravvissuti, dei risultati più significativi e aggiornati degli studi, presentando con le loro fattezze e le loro vicende i protagonisti di quella irripetibile stagione culturale e politica. Dal capostipite Giovanni di Bicci, nel passaggio tra Tre e Quattrocento, fino all’ultimo granduca di Toscana della famiglia nel Secolo dei lumi, il lettore è condotto a godere appieno delle misteriose invenzioni di Vasari, che ritrae Lorenzo il Magnifico tra maschere bizzarre, o della maestria di Bronzino nel restituire la preziosità del broccato d’oro dell’abito di Eleonora di Toledo. Immergendosi nella lettura ci si trova vis à vis con l’intensità espressiva di Giovanni dalle Bande Nere concentrato per respingere i lanzichenecchi o con la regalità consapevole di Caterina e Maria de’ Medici, le due fiorentine salite sul trono di Francia come semplici consorti che il fato portò invece a regnare, lasciando la loro impronta nella Storia ben al di là delle rive dell’Arno. -
Galleria Borghese catalogo generale. Ediz. illustrata. Vol. 1: Scultura moderna.
La Galleria Borghese raccoglie una straordinaria raccolta di scultura antica e moderna (Cordier, Algardi, Bernini, Houdon, Valadier e Canova) e pittura (Raffaello, Tiziano, Caravaggio) all'interno di una villa splendidamente decorata. Non è esagerato definirla uno dei più bei musei del mondo. Con questo volume, dedicato alla scultura moderna, prende avvio la realizzazione di un nuovo catalogo generale delle collezioni, ricco di aggiornamenti e scoperte, inedite ricerche d'archivio e l'analisi di pezzi mai schedati. Di grande rilevanza l'apparato iconografico con le immagini di altissima qualità di Luciano Romano. I due saggi introduttivi di Anna Coliva e Marina Minozzi narrano delle vicissitudini storiche della villa e della collezione, dalla sua creazione a opera di Scipione Borghese agli inizi del Seicento sino alla vendita allo Stato di fine Ottocento, passando per la dolorosa ferita del 1807, quando Camillo Borghese alienò a Napoleone alcune delle opere antiche di maggior pregio. Le schede, affidate tanto a studiosi e conoscitori nel campo della scultura e della storia della galleria (Maria Giulia Barberini, Anna Coliva, Francesco Leone e Marina Minozzi) quanto a più giovani esperti di scultura dal Quattro all'Ottocento, sono ricche di precisazioni cronologiche, nuove attribuzioni, notizie sui restauri e danno conto dei diversi allestimenti storici grazie a un accurato studio della documentazione inventariale della villa. Proprio la necessità di integrare la collezione archeologica indusse i Borghese alla commissione di opere di ispirazione antica, la cui analisi anima le pagine della sezione a cura di Simona Ciofetta e Maria Grazia Chilosi, basata sui concetti di copia, rifacimento e interpretazione «in stile». Il catalogo si chiude con una sezione sul restauro curata da Giulia Salvo, che dà conto in senso diacronico del fondamentale ruolo degli scultori nella manutenzione e, talvolta, trasformazione della collezione archeologica in rapporto alle esigenze di allestimento della villa. Premessa di Francesca Cappelletti. -
Sulle tracce di Manzù. Indizi per una biografia, 1927-1977
Fotografie inedite o poco note che provengono dal prezioso archivio conservato alla Fondazione Giacomo Manzù di Ardea costituiscono un dossier di fonti utili ad intraprendere un viaggio ""Sulle tracce di Manzù"""". Le immagini sono gli indizi privilegiati per una futura biografia dove Manzù ritorni protagonista, liberato dalle semplificazioni di una indiscriminata agiografia cresciuta con le esposizioni che si sono succedute dagli anni Settanta agli anni Novanta. Attraverso quelle esposizioni è stata costruita, di Giacomo Manzù, un'immagine stereotipata: un artista al di sopra del tempo e della storia, consegnato ad una leggenda che ha determinato la completa rimozione della sua opera da parte degli storici dell'arte contemporanea. Gli anni giovanili e della prima maturità, sacrificati od offerti come pimento leggendario a vantaggio della produzione più tarda da una bibliografia convenzionale, riacquistano finalmente, nella documentazione fotografica raccolta per questo libro, un luminoso spessore e segnano un primo avvio per disegnare, di Giacomo Manzù, un veridico ritratto di scultore. Scatti anonimi o di famosi fotografi come David Lees, Douglas Glass e Aurelio Amendola, lo consegnano alla nostra memoria in una galleria di ritratti che si snoda dagli anni Venti agli anni Settanta; l'emozione di un dialogo con Quasimodo, alla mostra romana del 1947, ci rende partecipi di una storia ingiustamente dimenticata; prende forma sotto i nostri occhi la sua attività di docente a Salisburgo dal 1954 al 1956; negli atelier Manzù posa accanto alle opere e agli strumenti della sua professione; e nella fonderia milanese MAF si concede all'obiettivo fotografico mentre modella un seducente ritratto femminile."" -
Trittici in smalto di Limoges del Museo del Bargello. Tre capolavori della collezione Carrand. Ediz. illustrata
Quando nel 1852 Léon de Laborde pubblicò la Notice des émaux exposés dans les Galeries du Musée du Louvre, la collezione di smalti di Jean-Baptiste Carrand comprendeva già esemplari tanto importanti da essere descritti nel testo. E che in quelle pagine si parlasse proprio di ben due delle tre opere cui è dedicato questo volume è davvero una coincidenza straordinaria. Lasciati in eredità al Museo del Bargello nel 1888 da Louis Carrand con tutta la sua collezione, questi trittici, restaurati dal Settore Oreficerie dell'Opificio delle Pietre Dure, tornano oggi a splendere in una nuova vetrina donata al museo da Carolina Bucci tramite i Friends of the Bargello. Con un saggio e schede di Paola Venturelli. -
Le carnet Meuricoffre: portraits d'Antoine Jean Gros
La riproduzione in facsimile dell'album Meuricoffre, acquistata dal Louvre nel 2018, è l'occasione per sfogliare uno degli unici due libri di ritratti attribuiti ad Antoine Jean Gros (l'altro è in una collezione privata). È una preziosa testimonianza dell'attività di Gros come ritrattista in Italia (1793-1800) e illustra il rapporto privilegiato che il pittore aveva a Genova con la famiglia del banchiere franco-svizzero Jean-Georges Meuricoffre (1750-1807) e sua moglie, la famosa cantante d'opera Celeste Coltellini (1760-1828). Quest'ultima, a cui apparteneva l'album, è probabilmente l'autrice di molti disegni del quaderno, eseguiti sotto l'influenza del maestro. La bella galleria di ritratti, disegnata nell'intimità di questa famiglia, restituisce le fisionomie dei rappresentanti dell'alta società franco-svizzera che erano in contatto con la famiglia Meuricoffre e, attraverso loro, con Gros. Lo studio che accompagna la pubblicazione del quaderno rivela l'identità finora sconosciuta di questi personaggi. Una descrizione materiale dell'album, un supporto scientifico essenziale per la sua comprensione, completa il soggetto. -
«Scultore in parole». Francesco Sansovino e la nascita della critica d'arte a Venezia
Figlio di uno dei più famosi scultori e architetti del Rinascimento italiano, Jacopo Tatti detto Sansovino, Francesco è noto soprattutto per essere l'autore della ""Venetia città nobilissima et singolare"""" (1581), la più bella opera che sia mai stata dedicata a Venezia. Nato a Roma nel 1521 sotto il pontificato di Leone X, dopo aver assistito ai tragici eventi del Sacco (1527) seguì il padre a Venezia e successivamente si trasferì a Padova nel 1536 dove frequentò i corsi dello Studio patavino e le riunioni dell'Accademia degli Infiammati, instaurando rapporti di profonda amicizia con alcuni fuoriusciti fiorentini. Il libro è articolato in due parti principali. La prima, dal taglio biografico, approfondisce i legami con i poligrafi e con gli ambienti accademici tra Padova, Venezia e Firenze. La seconda parte del volume, dedicata al dialogo intitolato """"Tutte le cose belle e notabili che sono in Venetia"""" (1556) affronta le origini del testo, le fonti e le motivazioni che hanno spinto l'autore a un'impresa editoriale di questo tipo. Attraverso un approfondimento degli artisti e delle opere citati nel dialogo: Donatello, Andrea Riccio, Giovanni Bellini, Giorgione, Tiziano, Pordenone, Bonifacio de' Pitati, Paris Bordon, Veronese, Tintoretto, Michelangelo e naturalmente Sansovino senior, è stato possibile mettere in evidenza la precocità di certe posizioni rispetto al rinnovato clima artistico lagunare del sesto decennio, confermando quanto Rodolfo Pallucchini aveva dichiarato nel 1943, nel momento in cui riportò questa fonte all'attenzione degli studi: «Il Sansovino, informato e certo addentro alle cose artistiche per via dell'educazione paterna, ci dà alcuni cenni delle arti figurative contemporanee di grande interesse, proprio per la freschezza con cui sono caratterizzate certe figure di quel momento artistico»."" -
Mauro Bolognini. Un nouveau regard. Il cinema, il teatro e le arti
Il regista pistoiese Mauro Bolognini (1922-2001) è stato un protagonista della cultura italiana del secondo dopoguerra. Nel centenario della nascita si propone una riconsiderazione complessiva della sua opera, capace di spaziare tra cinema, televisione, teatro e opera lirica, sottolineando in particolare i fecondi rapporti intrattenuti con il cinema francese e con la cultura italiana a lui contemporanea (in particolare con Pasolini). Regista di decine di pellicole, con lui hanno recitato tra gli altri Claudia Cardinale, Ottavia Piccolo, Isabelle Huppert, Jean Paul Belmondo, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi. Nel catalogo verrà riproposta l'ampia selezione di opere (manifesti, bozzetti, costumi, fotografie, oggetti di scena...) presente in mostra, che consente di seguire, anno per anno, i momenti più significativi della vita e dell'opera del regista. Ma il catalogo ha anche un'ambizione più vasta: ricostruire il rapporto intrattenuto da Bolognini con le arti. Si proporrà una riconsiderazione ad ampio raggio dei suoi gusti artistici, a partire dalla formazione toscana, a contatto con i capolavori della pittura macchiaiola e con le esperienze della scuola pistoiese del primo Novecento, e dal periodo di studio con Ottone Rosai, presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. I saggi in catalogo avanzeranno anche un approfondimento sulle sue preferenze estetiche, attraverso lo studio degli oggetti e le opere di cui amava circondarsi nelle sue case (ritratte nelle fotografie di Aurelio Amendola), nonché sui rapporti intrattenuti con vari artisti contemporanei, con un focus specifico su Mario Ceroli. Un'ulteriore riflessione sarà dedicata a rievocare la passione storico-artistica che ha caratterizzato l'intera opera del regista, inducendolo ad arricchire molte sue pellicole - e in particolare La Viaccia del 1961 e Metello del 1970 - di vere e proprie citazioni figurative di capolavori della pittura italiana e francese, puntualmente illustrate in mostra e in catalogo. -
Le tribolazioni del povero Bobby
Bobby, dal nome del protagonista, Bobby Wirton, era il libro per ragazzi che Silvio D’Arzo stava per pubblicare per Vallecchi nel 1947. Pronto per la stampa, con le illustrazioni di Piero Bernardini, il libro rimase inedito. Noto finora solo in un manoscritto incompleto, grazie alle ricerche d’archivio svolte da Alberto Sebastiani, il suo principale specialista, viene ricomposto, per la prima volta, in questa edizione. Bobby è un romanzo di formazione, avventuroso e magico, ambientato nel Settecento: protagonista un ragazzino, orfano di padre, che trascorre la sua adolescenza a Pictown, una cittadina inglese dove vive con la madre, una levatrice-maga che ogni sera sale al cimitero a parlare con il marito defunto. Emarginato dai coetanei, ma curioso di vita, Bobby è assoldato dal Cieco, un mendicante-cantastorie, per scovare nel paese nuove storie da cantare alle fiere, e scopre così verità scomode, tenute da sempre nascoste. Come la vera natura del padre, molto lontano da quella figura di eroe con cui Bobby era stato cresciuto. Dopo la rivelazione-shock il ragazzo fugge, ma tornerà a Pictown per salvare la madre da un processo persecutorio, intentatole dai notabili del paese. Se la vicenda è in sostanza la medesima di Penny Wirton e sua madre – il libro per ragazzi più noto di D’Arzo, nato dalla riscrittura di Bobby nel 1948 e pubblicato postumo – la narrazione presenta numerose e significative varianti nella struttura e nella trama, nonché episodi inediti o con differente svolgimento, specie nella parte finale. Il testo ha la godibilità di un romanzo di avventura, ma reca già l’atmosfera sospesa e magica della narrativa di D’Arzo, e si offre in questa inedita versione, testimone chiave, dopo Gec dell’Avventura, scritto tra il 1943 e il 1946, della svolta «realistica» di uno degli autori più originali del Novecento.