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«Con tutto il cielo in gola»
"C'è stato un tempo primitivo, proprio di questa terra, dove sopravvivere significava arrivare al pranzo della domenica e alla partita, dove l'amore comprendeva ogni sentimento dalla moglie, al cane, ai figli, al partito, ai genitori vecchi. Primitiva e audace quell'epoca nella quale si era posato il dio della speranza sulla periferia del mondo e aveva spinto, come ogni divinità, con un inganno, gli uomini a credere al futuro, al cambiamento, al sogno.""""" -
I Mè
"La poesia di Vito Trombetta, mette in atto un palcoscenico per le figure che l'hanno accompagnato. Suo padre, sua madre, il fratello. Una triade intima e viva fatta di dettagli, gli imprescindibili e fondamentali dettagli che, nonostante il tempo, raccontano tutto. I mè. I miei, i miei cari o meno cari compagni, continuano ad agire. I suoi custodi che in ogni verso annunciano d'essere esistiti."""" (Dall'introduzione di Wolfango Testoni)" -
Andromeda
"'Occhi umani'. È la prima richiesta che colgo nello scorrere i testi di Maria Grazia Palazzo, il suo appello a un'umanità che comprende tutti, anche se la silloge è prevalentemente declinata al femminile e ha un portato di analisi sulla condizione della donna. Per disegnare e collocare tale condizione, l'autrice attraversa tempi e luoghi differenti e chiama, invoca, evoca figure diverse di donne - mitologiche, note o silenti - per formare «un alveare di voci», un nuovo esercito del dire a cui assegna le parole come armi, non di offesa ma come strumento di relazione e di consapevolezza: «certe parole lanciate/ non sono benedette ma colpi di machete» per uscire dallo «stallo dei senza parola»."""" (dalla prefazione di Diana Battaggia)" -
Goodbye Scu
Pietro è un boss della Sacra corona unita in carcere da un quarto di secolo: all'ergastolo, senza alcuna traccia di pentimento. Il figlio, poco più di un ragazzo, fa leva sulle sue origini familiari per incutere terrore e taglieggiare i commercianti del suo paese: vuole seguire le orme del padre, e questi, inizialmente, ne è fiero. Sullo sfondo, l'impotente indifferenza di Ada, moglie e madre, occupata soltanto a maledire un destino che ritiene segnato fin dall'inizio. È questa situazione - apparentemente irredimibile - che vede l'entrata in scena dell'entusiasmo e della concretezza di figure che, dell'impegno civile contro la mafia, hanno fatto la loro ragione di vita. Un testo ispirato alla vita di Susanna Crispino, giovane giurista e prima ancora attivista antimafia, che se ne è andata troppo presto. -
Il mistero del caveau. Conigli, delitti e faccende misteriose
Mentre nel bosco infuria una tempesta di neve, dentro una calda tana nonna Albina De Coniglis narra a una nidiata di sei irrequieti coniglietti e a suo cugino Ariete De Coniglis una storia da brividi, che ha per protagonista il loro bis-bisavolo commissario di polizia. Il racconto prende avvio da un omicidio commesso all'interno del caveau di una banca parigina, in un tempo imprecisato, comunque antecedente alla ""Grande Mutazione, quando gli esseri umani e gli animali par-lavano la stessa lingua, lavoravano e vivevano assieme, senza distinzioni tra gli uni e gli altri"""". L'incarico di indagare sull'oscuro delitto viene affidato al """"Commissario Thomas Ariete Lapin, il primo coniglio a ricoprire l'incarico di Capo della omicidi di Parigi"""", il quale - con grande abilità e un pizzico di fortuna - mette in moto un'appassionante caccia al colpevole dell'efferato crimine."" -
Gli allievi di Algardi. Opere, geografia, temi della scultura in Italia nella seconda metà del Seicento
Gli atti del convegno internazionale ""Gli allievi di Algardi"""", organizzato nel 2015 dal Kunsthistorisches Institut di Firenze e la Scuola Normale Superiore di Pisa, affrontano, in alcuni punti nodali, il tema della diffusione e della fortuna del linguaggio dello scultore bolognese Alessandro Algardi (1598-1654) non solo a Roma, dove lavorò fino alla fine della sua vita, ma anche nei principali centri artistici della penisola. Il punto di partenza è la produzione dei «giovani» di Algardi (Ercole Ferrata, Domenico Guidi e Girolamo Lucenti), con approfondimenti su singole opere e una riflessione su alcuni aspetti centrali della loro ricezione. Si prosegue poi con l'assimilazione del linguaggio algardiano fuori dalla città pontificia, prendendo in considerazione opere realizzate da suoi allievi a Napoli, Genova, Bologna, Siena e Firenze. La circolazione dei modelli del maestro in Italia nel medio e tardo Seicento permetterà di misurare le qualità dell'insegnamento algardiano anche alla luce delle declinazioni locali. Infine, si utilizzeranno alcuni punti di osservazione privilegiati, quali il rapporto con l'Antico, il dialogo tra pittura e scultura, le evoluzioni del rilievo tardo barocco, la fortuna nella guidistica."" -
The Barberini tapestries. Woven monuments of Baroque Rome
Il libro, che funge anche da catalogo alla mostra di New York e Eugene, tratta in modo completo il ciclo di arazzi dedicato alla Vita di Cristo, uno dei grandi ""monumenti"""" della Roma barocca, commissionati dal cardinal Francesco Barberini. L'attenta lettura che ne fa James Harper li situa nel contesto stilistico del Barocco maturo e in quello della propaganda politica e sociale del loro committente. Il primo capitolo introduce la Roma di papa Urbano VIII. I capitoli successivi ripercorrono la storia della manifattura privata del cardinale Barberini e l'attività di Giovanni Francesco Romanelli (1610-1662), che disegnò i cartoni per gli arazzi. Basandosi sui documenti dell'epoca, l'autore ricostruisce i modi in cui il ciclo di arazzi veniva utilizzato dai Barberini tracciando così una vera e propria storia del gusto. Il capitolo successivo segue lo spostamento degli arazzi negli Stati Uniti nella cattedrale di St. John the Divine, sullo sfondo della storia del collezionismo della gilded age. Infine, Marlene Eidelheit discute gli aspetti tecnici degli arazzi e il lungo lavoro di restauro che ha preceduto mostra e libro."" -
Le creature di pietra di Leone Lodi. Viaggio nell'Italia della scultura
Dopo ""La Milano scolpita da Leone Lodi"""", un nuovo percorso attraversa l'Italia, alla scoperta delle sculture dell'artista soresinese (1900-1974) che hanno segnato il volto delle città e delle loro architetture. Il Leone, simbolo delle Assicurazioni Generali, compare sulle facciate di molte sedi della storica società. Gli altorilievi della Torre dei Venti a Bergamo fanno parte dell'immaginario comune. L'incarico prestigioso ricevuto dalla Snia Viscosa di corredare i suoi stabilimenti all'avanguardia a Torviscosa con un ciclo di sculture nei viali dell'opificio è un eccezionale esempio di imprenditoria illuminata. Da Mantova a Cremona, da Como a Mogliano Veneto, da Stresa al Palazzo Montecatini di Roma, il viaggio ricostruisce un museo a cielo aperto, punteggiato di importanti tappe estere: in Svizzera, a Parigi per l'Expo Universale del 1937, fino a Columbia (South Carolina) nella sede del partner statunitense della Snia."" -
Boldini. Ritratto di signora. Catalogo della mostra (Milano, 16 marzo-17 giugno 2018). Ediz. a colori
"La gran vita mondana che sfila a Parigi sino alla vigilia della Prima guerra mondiale diventa un suo harem privato e obbediente, un mondo speciale ammesso alla manifestazione e mediazione del suo genio, con un esclusivismo nella concessione di patenti che quasi fa impallidire le offerte a D'Annunzio e quelle al giovane Gordon Craig."""" (Carlo Ludovico Ragghianti)" -
Pratiche architettoniche a confronto nei cantieri italiani della seconda metà del Cinquecento
Il confronto tra le pratiche architettoniche messe in atto nei cantieri italiani fra la seconda metà del Cinquecento e l'inizio del Seicento costituisce una esplicativa chiave di lettura del processo costruttivo post-michelangiolesco. Il volume, in cui confluiscono le ricerche presentate al convegno internazionale di Mendrisio, organizzato dall'Archivio del Moderno-USI il 3o e 31 maggio 2016, illustra casi studio esemplari con l'obiettivo di rilevare specificità, analogie, permanenze e novità nelle modalità operative e di gestione del cantiere, attuate a Roma, Loreto, Venezia, Genova e nel Regno di Napoli. Una particolare attenzione è riservata, inoltre, alle imprese edili di origine ticinese, rilevandone la significativa presenza nei cantieri presi in esame. Analizzato secondo diversi aspetti, dai meccanismi finanziari che ne regolano la gestione alle soluzioni tecnico-operative adottate, fino alle gerarchie di programmazione del lavoro delle maestranze, il cantiere emerge come momento privilegiato della produzione artistica, luogo di sperimentazione di molteplici saperi e incrocio di diversificate competenze. -
Albero di carne
Di cosa abbiamo paura? Di ciò che non conosciamo, dell'ignoto, del corridoio buio in cui quel poster con i teschi fluorescente è l'unica, sinistra luce, di quella sagoma che si staglia come un'ombra minacciosa nel vano della porta, di quella leggenda metropolitana su una strega raccontata in un giornaletto da quattro soldi. La paura è antica quanto l'infanzia dell'uomo. E non è un caso che i protagonisti delle fiabe nere di ""Albero di carne"""" siano spesso ragazzini, outsider che vogliono essere accettati o magari solo scomparire, sparire nelle viscere della terra e perseguitare chi rimane con il loro ricordo stampato su vecchi volantini d'annata. Ragazzini che non diventeranno mai uomini e donne. E nell'infanzia, del resto, che siamo più sensibili e vulnerabili alla vera essenza dell'orrore, quando ancora non abbiamo sviluppato quella coltre di razionalità che ci rende impermeabili al fascino e alla paura dell'inesplicabile. Padri e figli abbandonati nella tormenta, rodei e trasmigrazione delle anime, venditori di rimedi miracolosi che viaggiano seminando morte di città in città, adolescenti disposte a martoriare il proprio corpo e quello degli altri, orche assassine e lupi mannari, cani poliziotto e dodicenni alle prese con il primo bacio, gli incubi di Jones usciranno della pagina e animeranno le vostre notti."" -
Karma clown. Dispacci da una nazione iperreale
Mumbai è una sterminata babilonia di strade, culture, grattacieli e slum, e Altaf Tyrewala ne è il suo cantore più smaliziato. Prescindendo - e anzi spesso parodiando - dai riti triti e dai consunti esotismi, come pure dalle messinscene di Bollywood e dagli stereotipi tutti spezie ed epopee famigliari barocche e orientaleggianti a uso e consumo di turisti e lettori, Tyrewala con una scrittura nitida e un'ironia sferzante ci guida nei meandri più angusti, laddove si nascondono scorci di un'India tragicomica che di certo non troverete in nessuna Lonely Planet. In bilico tra iperrealismo e fantastico (proprio come la nazione intera), all'ombra di foreste tropicali o immersi in uno smog asfissiante, cialtroni e pagliacci umani, troppo umani si arrabattano tra festival letterari ciofeca, ritiri spirituali e librerie di seconda mano. E finisce che un clown di plasto-plastica voglia smettere di fare la mascotte di una multinazionale del fast-food, che un regista di film porno anticolonialista catechizzi la sua attricetta esitante e che per una donna delle pulizie il bene più prezioso sia una bottiglia di acqua minerale. Come in un'eterna ruota dell'esistenza, abbiamo la possibilità di reincarnarci di volta in volta in uno di questi stralunati personaggi inabissati nelle contraddizioni dell'agire umano, sempre lo stesso, a qualsiasi latitudine. D'altronde, in una nazione e in una megalopoli così caotiche e sovrappopolate, l'individuo, inerme con i suoi problemi, è sempre schiacciato contro la massa. -
Viviamo in acqua
"Viviamo in acqua"""" è un piccolo trattato di sopravvivenza quotidiana inscenato nei sobborghi di un'America irrancidita, infestata da una panoplia di ragazzini molesti, ladri di bmx e alcolizzati all'ultimo stadio. I suoi protagonisti sono truffatori che fingendosi di Greenpeace gabbano i colletti bianchi pieni di sensi di colpa, giornalisti che si vendicano della ex manipolandole l'oroscopo, barboni in cerca di qualche spiccio per comprarsi l'ultimo Harry Potter. Sono recidivi della vita, gente abituata a deludere le aspettative per quanto basse possano essere, padri dal cuore spezzato che vedono sfilare dinnanzi a sé una lunga carrellata di occasioni perse, uomini in cerca di redenzione che falliscono, e falliscono di nuovo, stavolta meglio. Tutti membri di una comunità «troppo povera, troppo bianca, troppo ignorante». Qual è la loro versione dei fatti? Non c'è nessuna verità né la parvenza di un'agnizione che sistemi le cose e ci faccia tirare un sospiro di sollievo procrastinando l'inevitabile. In compenso «ci sono mondi interi sotto quella superficie». Magari noi non riusciamo a vedere nulla sotto le increspature dell'acqua, ma Walter sì. Abulie, dipendenze e un certo rammaricato cinismo animano una scrittura senza epifanie consolatorie, pungente di ironia e gravida di calor bianco, in cui l'umanità finalmente emerge da sott'acqua con una consapevolezza amara, ma insperata e nuova. O nuoti o affoghi." -
Ovunque sulla terra gli uomini
L’invito è ad ascoltare i riverberi, perché anche quando si giunge all’epifania finale, cristallina, si ha la sensazione di aver gravitato attorno a una resistenza sempre impermeabile alla parola: un nucleo indicibile – bestiale e istintivo, spirituale e immateriale – a cui i protagonisti e il lettore finiscono per dedicarsi anima e corpo.rnrn«Una raccolta di dieci racconti che colpisce per la prosa ricercata e abilmente modulata, dalle sfumature poetiche della storia di Manuelita e Rema alla crudezza agghiacciante che descrive la disciplina del colleggio giapponese di Bokujou» - Luigi Gaetani, RobinsonrnrnLe vicende del protagonista di Bocca d’Arno e della sua ebbra discesa in acqua, quelle di Gombo e Tuya e del loro simulacro d’amore, o di Rema e Manuelita e del loro vincolo segreto, resteranno impresse per molto tempo, ci scommettiamo, nelle orecchie del lettore; perché questo libro si apre come un carillon di melodie memorabili anche se in continua e incessante variazione. Da ogni angolo del globo ci arrivano storie, miti, diari e confessioni che mai lasciano schiudere interamente i loro luoghi d’origine prima che la pagina venga recitata. Ovunque sulla terra gli uomini è anzi un borgesiano atlante di esseri immaginari le cui geografie rivelano tanto quanto nascondono. Nella prosa di Marrucci sembra infatti non aprirsi alcuno scenario che scavalchi o anticipi l’evocazione letteraria in sé; come se il lettore assieme alla voce narrante partecipasse all’apparizione dell’universo in cui pure si ritrova, frase dopo frase, parola dopo parola. -
La parabola dei ciechi
Sono pochi i racconti che hanno saputo inabissarsi nelle possibilità narrative scandagliate dalla Parabola dei ciechi. A metà degli anni '80, a circa quattrocento anni di distanza dall'omonimo dipinto di Bruegel, Gert Hofmann si propose di scrivere una genealogia teatrale del quadro, una sua messa in scena che raccontasse il diventare arte dei personaggi, seguendo l'assurda idea che si potesse spiegare un'immagine a partire dall'incespicante prospettiva di un gruppo di ciechi. Così, ascoltando l'eco di un'Europa dilaniata dalle guerre di religione, brancolando senza guida nelle Fiandre di Pede-Sainte-Anne, assistiamo alla continua interrogazione e sofferenza di questo «noi» impacciato che, ignaro del perché, si dirige dal «pittore» per farsi ritrarre nella posa che la parabola biblica e il proverbio fiammingo imporrebbero: ""Quando un uomo cieco ne guida un altro, ambedue cadranno nella fossa"""". Bruegel e Hofmann ne immaginano sei, aggiungendo anelli a una catena di capitomboli che quella prima persona plurale sembrerebbe moltiplicare all'infinito, fino ad abbracciare l'intera umanità. Noi, i ciechi, ascoltiamo i lamenti di un mondo straziato, gattoniamo per uscire dai fossi, siamo inseguiti dai corvi, ci fidiamo e veniamo traditi dai consigli di chi ci accompagna, spesso li travisiamo, siamo costretti a """"cacare"""" in pubblico, ci rendiamo ridicoli, siamo attori di un grande equivoco, l'esistenza. E per far sì che questa caduta pieghi di un poco la sua traiettoria - e si faccia parabola - non ci rimane che vederci per quello che siamo e farci immortalare nell'opera d'arte. Correndo il rischio di trasformare la verticale in cerchio, di girare in tondo alla cieca, di cadere per l'eternità, in attesa della fine, scambiando un equivoco per un altro."" -
La ragazza nel portabagagli. Prediche e acqua minerale
«Racconto affascinante, tra Scott Fitzgerald e Honoré de Balzac, La ragazza nel portabagagli è un tuffo nella vasta piscina a forma di cuore della società americana tra le due guerre.» - Italiaoggirn«O'Hara dà il meglio di sé in questa amara novella e la postfazione di Stefano Friani ci parla a lungo di lui: di un uomo - piuttosto sbagliato - e dei suoi grandi racconti» - Vittorio Giacopini, Il Sole 24 Orern«È un gioiello capace di evocare gli anni della Depressione e dell'avvento del cinema sonoro senza mai uscire da una cornice quasi intimista» - Il fatto Quotidianorn«Volevo registrare come parlava la gente dell'epoca, come pensava e sentiva, e farlo col massimo dell'onestà e dell'attenzione alle sfumature…». Dovessimo partire da questa esplicita dichiarazione d'intenti non avremmo esitazioni inquadrare La ragazza nel portabagagli all'interno di una cornice realista. Proprio come O'Hara, del resto, il protagonista Jim Malloy muove i suoi primi passi da reporter: passa in rassegna i documenti, si attiene ai fatti, intervista persone, riporta notizie. Eppure Manhattan non è Gibbsville, non è la Pennsylvania né la provincia; qui l'aria è viziata dallo smog, dalle illusioni, e da ciò che rimane del sogno americano. Di che realismo si tratta? Più ci guardiamo attorno in questa novella e meno luoghi riusciamo a scorgere. La New York della Depressione e degli speakeasy è lasciata sullo sfondo, tratteggiata su un pannello scenografico, mentre il racconto sembra scaturire direttamente dalla rivoluzione del sonoro. Il giovane Malloy si inventa press agent di una grande azienda cinematografica e i suoi giorni estivi vengono scossi dall'arrivo di una diva in declino a cui dovrà dedicare tutte le sue attenzioni. Chottie Sears chiacchiera, si racconta, spesso è adulatrice, si concede e poi si ritrae. Le parole scambiate con lei hanno l'aria di un'educazione sentimentale - la prima, nella trilogia Prediche e acqua minerale - che però solo a tratti, e a fatica, parla d'amore. Se di realismo si tratta, allora, è tutto in questo rapporto verbale, mutevole, al limite del capriccio. Nell'attrazione che diventa autoinganno, nel sesso e nella gelosia, nelle parole che intendono altro. E solo alla fine, con una certa dose di cinico distacco, nel dramma. -
Coriandoli il giorno dei morti
«Funebre e festivo assieme, e quindi squisitamente messicano» – La LetturarnL'autore di questo libro, la didascalia «B. Traven», altri non è che una congettura. La teoria più accreditata lo ritiene il giornalista e anarchico tedesco Ret Marut, un'altra lo individua nell'attore Otto Feige, ma c'è chi ha sostenuto fosse il suo agente Hal Croves, la sua traduttrice Esperanza López Mateos, il comunista Linn Gale o il fotografo Traven Torsvan. Ciò che si sa è che volle e riuscì a mantenere l'anonimato, che si trasferì in Messico diventando famoso negli Stati Uniti grazie a Humphrey Bogart e alla trasposizione cinematografica del suo ""Tesoro della Sierra Madre"""", e che per i patiti delle biografie aveva inventato una formula: """"Se l'uomo non può essere conosciuto attraverso le sue opere, allora o l'uomo non vale niente o non valgono niente le sue opere. Se vogliamo tener fede al suo monito, non ci rimane che far così"""". Introdotti, curati e illustrati da Vittorio Giacopini, i racconti contenuti in """"Coriandoli il giorno dei morti"""" ci parlano di un occidentale affascinato, immerso e rapito da una cultura spontanea, quella messicana, che è antica e meticcia, assediata e impermeabile all'uomo bianco, deliziosamente volgare, a tratti terribilmente violenta, ma anche attraversata da una saggezza quasi sempre imperscrutabile e a suo modo esilarante. È una cultura dove i binocoli hanno poteri magici, dove i tradimenti vengono ripagati col sangue, rappresentata da banditi armati di machete, indios che assomigliano a imperatori e galeotti che si affidano ai santi. Il lettore in cerca d'autore è avvertito: a forza di cercare Traven, o chi per lui, non potrà far altro che perdersi nel folto della giungla, ritrovandosi al massimo con un asino o un fantasma. A quel punto dovrà scegliere se scappare senza risposte o sentire su di sé il fascino e l'inadeguatezza di una logica diversa, una festa da giorno dei morti."" -
L'armata dei ribelli. Omega
In pochi anni, il sanguinario imperatore Zorks ha sottomesso con la forza gran parte dei regni liberi di Panteia. Nessuno sembra in grado di fermarlo, finché dall’Alzania emerge un eroe dal volto sfigurato, che accende la fiamma della ribellione. È l’inizio della resistenza. In un mondo di intrighi di corte e tradimenti, un pugno di eroi partirà alla ricerca di alleati, combattendo epiche e cruente battaglie, ma soprattutto imparando a conoscersi nel profondo. Perché non esiste sacrificio, quando è compiuto per il bene più prezioso: la libertà. -
La scienza favolosa. Ediz. illustrata. Vol. 1
Vi siete mai chiesti come fossero i più grandi scienziati da bambini? Come il mondo, nel suo incantevole meccanismo, si rivelasse loro nei suoi segreti più importanti? Un viaggio nella fantasia, che vi condurrà nella Grecia di Archimede, tra le stelle con i Ipazia e Galileo, amerete la natura con Leonardo e Darwin, sarete attratti dalle piccole cose insieme a Newton, farete scoperte sensazionali vicino a Volta e Marconi, sarete caparbi con la giovane Madame Curie, e riuscirete a stravolgere l’universo insieme al piccolo Einstein. Il mondo della scienza non sarà più un racconto lontano, ma con accurata semplicità diverrà favola, per affascinare e incuriosire grandi e piccini. Età di lettura: da 8 anni. -
Memorie della guerra mondiale. Vol. 2: Dal 18 aprile 1916 al 18 dicembre 1919.
Seconda parte - aprile 1916-dicembre 1919 - del diario di Vittorio Fiorio, medico rivano. La prima, pubblicata nel novembre 2014, si estendeva dal giugno 1914 all'aprile 1916 e aveva, quali riferimenti geografici, le città di Riva e Arco. Dall'una, dove da più di un decennio era direttore dell'ospedale-ricovero e medico comunale, fu allontanato nel maggio 1915, in seguito all'evacuazione di Riva, seguendo ad Arco gli ammalati e i ricoverati del suo ospedale. Dalla seconda, fu sfrattato poco meno di un anno più tardi, quando, in vista della cosiddetta Strafexpedition, la sua permanenza ad Arco fu stimata pericolosa dalle autorità militari, che ne conoscevano le idee irredentistiche. Inviato oltre Brennero, dopo breve soggiorno a Bolzano e Linz, fu comandato dapprima a Olmütz/Olomouc, in Moravia, e, in seguito, a Lublino, nella Polonia russa, medico in ospedali militari di retrovia. Finita la guerra, fece ritorno nella «sua» Riva, di cui testimoniò la faticosa ricostruzione materiale e aspetti della vita amministrativa, civile ed economica nella cornice del nuovo stato. Del secondo segmento dell'esteso manoscritto si occupa il presente volume.