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Jakob il bugiardo
Pubblicato per la prima volta nel 1968, e da allora una delle opere più importanti sulla Shoah, oggetto anche di una fortunata trasposizione cinematografica Jakob il bugiardo mostra come la letteratura possa restituire, più di mille saggi e trattati, il senso autentico di una delle più immani tragedie delle Storia.rnrn«Se fino a poco tempo fa la tragicommedia era un genere interdetto quando si trattava della Shoah, oggi grazie a Jakob il bugiardo è sdoganato» - rnla Repubblicarnrn«In una commovente, quasi allucinatoria, narrativa che dà voce a un dolore che va oltre le parole, Becker ci mostra persone comuni che lottano per mantenere la loro umanità e dignità» - Publishers Weeklyrnrn1945. In un piccolo ghetto ebraico della Polonia occupata dalle truppe naziste la vita si trascina tra infiniti stenti. Jakob Heym, proprietario di un caffè chiuso da tempo, si aggira smarrito tra le botteghe abbandonate dagli ebrei che hanno trovato riparo all’estero o non sono riusciti a scampare alla tragica sorte dei campi di sterminio.rnUn giorno, per non aver rispettato il coprifuoco, si ritrova negli uffici del comando dell’«amministrazione tedesca» dove, in attesa dell’ufficiale di picchetto, gli capita di ascoltare una radio. Tra fatti di scarso rilievo su un quartier generale nazista, lo speaker ad un certo punto annuncia che le truppe tedesche hanno «eroicamente» respinto «l’attacco bolscevico a venti chilometri da Bezanika». Bezanika… un paese non a due passi, ma nemmeno tanto lontano.rnCome comunicare agli altri una simile notizia? Dire: Rallegratevi fratelli, impazzite di gioia, i russi sono giunti a venti chilometri da Bezanika? E annunciare di aver sentito il tutto al comando nazista, col rischio di passare per una spia?rnJakob Heym sceglie un’altra via, la via della menzogna, utile in circostanze in cui non esistono altre strade. «Ho una radio», dice all’amico Mischa annunciandogli la lieta novella dei russi a quattrocento chilometri dal ghetto.rnLa notizia si diffonde in un baleno. Perfino i bambini, nel ghetto, vengono a conoscenza del grande segreto. La gente si presenta da Jakob, dal possessore di radio Heym, per apprendere ogni dettaglio della liberazione in arrivo. E Jakob fa trapelare finti bollettini di guerra, inventa avvenimenti e situazioni incoraggianti, perché la speranza rinasca e il ghetto si rianimi.rnPubblicato per la prima volta nel 1968, e da allora una delle opere più importanti sulla Shoah, oggetto anche di una fortunata trasposizione cinematografica con Robin Williams nei panni di Heym, Jakob il bugiardo mostra come la letteratura, non rinunciando a nessuno dei suoi registri, persino a quello della commedia, possa restituire, più di mille saggi e trattati, il senso autentico di una delle più immani tragedie delle Storia. -
Nero su bianco
Sofisticato romanzo psicologico, Nero su bianco è il magistrale romanzo di un grande scrittore all'apice della sua carriera.rn«Tanizaki scrive con un'intensa sensualità. Anche i suoi romanzi più leggeri ci fanno trattenere il fiato» - John Updikernrn«Il più importante narratore giapponeve del Novecento» - Edmund Whiternrn«Una piccola gemma per i lettori di Mishima, e degli altri modernisti di metà Novecento» - Kirkus ReviewsrnLo scrittore Mizuno ha scritto una storia sull'omicidio perfetto. La sua vittima fittizia è modellata su un conoscente, un collega scrittore. Poco prima che la storia venga pubblicata, Mizuno scopre che il vero nome dell'uomo è stato riportato nel suo manoscritto; tenta di correggere l'errore, ma è troppo tardi. Terrorizzato dall'idea che l'omicidio avvenga per davvero e che lui venga sospettato come colpevole, Mizuno fa di tutto per trovare un alibi, avventurandosi negli inferi della città. Ma finisce solo più invischiato nelle sue fantasie paranoiche, in cui un misterioso «Uomo nero» tenta di intrappolarlo. -
L' uomo che scrisse la Bibbia
Questo romanzo narra la storia di William Tyndale il Traduttore, l’uomo che scrisse il libro più letto nella storia dell’Occidente: la Bibbia in inglese.rn«Stai molto attento a ciò che fai entrare in quella testa, perché non potrai mai più tirarlo fuori» – Thomas Wolseyrn«Gli eroi sono quelli che dedicano la vita a qualcosa di più grande di loro» – Joseph CampbellrnÈ una storia popolata da sicari, vescovi oltranzisti, avidi mercanti, subdoli traditori, alchimisti e re, e ambientata in una delle epoche più turbolente, complesse e avvincenti che l’Europa abbia conosciuto: la prima metà del Cinquecento, il secolo che si apre con la scoperta dell’America, la Riforma luterana e la definitiva spaccatura fra Oriente e Occidente. Narra di un genio che osò scrivere la Bibbia come se fosse la prima volta, nella lingua del popolo e non dei potenti, e che, così facendo, inventò l’inglese moderno, la lingua di Shakespeare. Dalla sua penna sono scaturiti neologismi come «il sale della terra», «i segni dei tempi», «capro espiatorio» e frasi piene di ritmo che Tyndale afferra «a orecchio» dalla gente comune, dal modo di esprimersi di quei commercianti, tessitori, marinai, tosatori, sarti e venditori di stoffe che ha conosciuto da ragazzo, nel Gloucestershire, la terra di confine affacciata sul mare dove è nato e cresciuto. È, infine, il racconto di un viaggio, avventuroso e insidioso come quello dei primi esploratori, che porta da una lingua misteriosa, l’ebraico del Vecchio Testamento, a una lingua non ancora nata. Un viaggio in cui, per un libero pensatore alle prese con i demoni della propria creatività, per un rivoluzionario braccato da potenti nemici, il prezzo da pagare è sempre molto alto. -
Non ho tradito nessuno. Autobiografia del Campionissimo attraverso i suoi scritti
Coppi si racconta in queste pagine, dagli anni dell’infanzia nel piccolo borgo di Castellania a quelli della maturità. Al lettore resta il piacere di ascoltare la sua voce.rnrnFausto Coppi, inarrivabile campione di ciclismo, è il personaggio più amato dello sport italiano di sempre. Gabriele Moroni ha raccolto gli scritti autobiografici pubblicati negli anni dal Campionissimo su giornali, riviste, antologie e li ha allineati seguendo la cronologia della sua vita. Una vita racchiusa in un breve arco temporale, intensa, gloriosa e insieme tormentata. Una vita di vittorie esaltanti, vissute sempre con riservatezza, pudore, modestia, ma anche di sconfitte che paiono disfatte, sprofondi, annichilimenti totali, dalle quali, però, Coppi trova ogni volta la forza di riemergere. Una vita fatta anche di grandi rivalità, a cominciare da quella con l’amico-nemico Gino Bartali, sua antitesi sportiva e umana; di affetti familiari perduti – Serse, il fratello più piccolo, il compagno di allenamento e di stanza, il gregario più fedele, gli viene strappato troppo presto –; di sogni mai realizzati e dell’amore incondizionato per la bicicletta, strumento di riscatto sociale per un figlio di contadini, veicolo di fama e agiatezza, fortuna e insieme condanna: la fortuna di averla incontrata, la condanna senza appello di non poterla lasciare. Fino alla morte. -
Le furie
Ultimo testamento di Janet Hobhouse, meravigliosamente scritto e ferocemente onesto, Le furie è una potente confessione sulla follia dell'amore e sul vertiginoso caos dell'esistenza.rnrn«Questo è un libro duro, crudele e bellissimo, il memoriale di un'autentica eroina, la cui lotta contro le calamità che l'assediavano – a cominciare dalle ferite inflitte da un padre gelido e distante e da una madre pateticamente incapace, per finire con il dolore di un matrimonio andato a rotoli, il suicidio della madre e la fatale malattia dell'autrice – fu sostenuta con enorme intelligenza e forza d'animo, e persino con grande stil » – dall'introduzione di Philip Rothrnrn«Una scrittura densa, ricca. Una meditazione sconvolgente sull'amore, la morte, la famiglia» – New York Timesrnrn«Una vita vera trasformata in un furente racconto» – Independentrnrn«Uno straordinario ultimo libro» – Los Angeles TimesrnrnPubblicato postumo, «Le furie» ripercorre una vita vissuta con indomito furore fino alla tragica e prematura morte dell'autrice. Nata e cresciuta in una famiglia di «sirene», in cui ogni membro di sesso femminile sembra essere spuntato per partenogenesi, e in cui gli uomini sono relegati a «semplici, precarie comparse», la protagonista conduce un'esistenza imperniata sul rapporto conflittuale con una madre giovane, bellissima, fragile e amorevole, eppure al contempo malevola, instabile ed egoista. A questo legame indissolubile e tormentato si aggiungono via via altri affetti: quello per la bisnonna Mirabel, detta Angel, la grande nutrice, colei che districava e risolveva ogni problema e che aveva dato il via al matriarcato della famiglia; l'affetto per Emma, la nonna bohémienne, la ribelle fuggita di casa con il suo professore di arte; per la prozia Shrimp, vissuta nel disprezzo di sé e trincerata dietro un'ostinata solitudine e, infine, per la zia Constance, donna dalla bellezza inconsueta, da tutti conosciuta come «la piú bella ragazza di New York». Al tempo stesso angeli e gorgoni, le donne protagoniste di queste furibonde pagine si rivelano nella duplice natura di creature dolcissime e crudeli, benevole e sprezzanti: delle vere e proprie furie. -
Il silenzio nella storia del cristianesimo
Un libro sorprendente per erudizione e forza dell'argomentazione, un'opera che sfida la nostra visione della spiritualità e illumina, in maniera originale, l'importanza del silenzio nell'esperienza religiosa.rn«Nelle mani di MacCulloch, il silenzio assume un nuovo significato» - Harper's Magazinern«Meravigliosamente scritto, denso di realtà, uno sguardo intellettualmente sofisticato sugli usi teologici e sugli abusi del silenzio» - New York Magazinern«Una panoramica stimolante e radicale» - Publishers WeeklyrnLa storia delle religioni offre numerose e dotte opere sul silenzio. Raramente, tuttavia, caratterizzate dalla forza e dalla limpidezza con cui Diarmaid MacCulloch narra, in questo libro, del ruolo vitale del silenzio nella storia della cristianità. Come parlare con Dio? Le nostre preghiere hanno maggiori possibilità di essere ascoltate se le proferiamo in silenzio a casa o ad alta voce in chiesa? Inoltre, come possiamo realmente sapere che Dio le ascolti? Queste domande, poste agli albori della cristianità, hanno attraversato i secoli e stabilito, nelle differenti risposte e nelle dispute da loro generate, i confini propri della fede cristiana e la lingua stessa delle invocazioni per ottenere la guida o il perdono di Dio. MacCulloch mostra come il Cristo stesso abbia enfatizzato il silenzio come una parte essenziale del suo messaggio, rintraccia l'influenza esercitata dai primi mistici in Siria, che si fecero «stranieri al mondo», sulle grandi comunità monastiche europee sorte in epoca medievale, e non si sottrae al compito di esaminare le forme più oscure del silenzio religioso, dall'occultamento delle violenze sui minori da parte dei preti nella Chiesa cattolica al rapporto di tutte le Chiese occidentali con l'Olocausto degli ebrei durante il nazismo e dopo – per i tredici anni postbellici del suo pontificato, Pio XII osservò un assoluto silenzio sulla Shoah – fino all'atteggiamento dei cristiani nei confronti della schiavitù, soprattutto quella disumana degli afroamericani. -
Il Regno di Napoli
A un anno dalla scomparsa di Giuseppe Galasso, ecco un piccolo, prezioso libro «ritrovato» che ben rappresenta uno dei temi centrali della sua ricerca.rnrn«Giuseppe Galasso, l'erede più fedele e certamente uno degli interpreti più acuti del pensiero storicista di Benedetto Croce... già negli anni Sessanta una figura emergente della storiografia dell'età medievale e moderna» - Corriere della SerarnCondotta da Francesco Durante e personalmente riscontrata dallo stesso Galasso, questa intervista sul Regno di Napoli affronta la plurisecolare vicenda della più grande e longeva realtà statuale dell'Italia dell'antico regime. Sfilano nel racconto di Galasso i grandi personaggi che hanno fatto la storia del Regno, da Carlo d'Angiò a Masaniello, da Carlo III di Borbone agli illuministi napoletani, dai martiri del 1799 all'ultimo sovrano Francesco II, ed è una lettura di assoluta gradevolezza, in cui la riflessione critica non perde mai di vista l'opportunità di farsi narrazione appasionata e appasionante. Dagli Angioini agli ultimi Borbone, Galasso espone con sguardo critico le ragioni profonde di un destino che, alterando stagioni di grave crisi e terribili turbolenze a momenti di autentico splendore di caratura veramente europea, si compirà infine l'impresa dei Mille, e con una caduta tanto rapida quanto stupefacente. -
Ruvide bestie
Acclamata come l’erede di Cormac McCarthy, in questo folgorante esordio Rae DelBianco «ritrae il caos e la spavalderia del nuovo West» (Julia Glass) in un romanzo «furioso ed elettrico… popolato di sopravvissuti e sognatori falliti» (Publishers Weekly).rnrn«Spettacolare come McCarthy e impietosa quanto Jim Thompson. Rae DelBianco è un talento raro» - Joshua Ferrisrnrn«Un romanzo incandescente che evoca un giovane McCarthy» - Philipp MeyerrnrnContea di Box Elder, Utah. Il cielo nero comincia appena a stemperarsi nel grigio nebuloso del mattino quando Wyatt Smith, ventitré anni, il viso scuro segnato dal vento, imbraccia il fucile e si inoltra nel campo bagnato di rugiada dove pascola la sua mandria.rnSuperato un crinale, si arresta e rimane senza fiato. Una bestia, un bue di taglia media, è a terra, la fronte squarciata da una pallottola. Mentre nell’aria aleggia un acre odore di ferro, da dietro al bue una figura balza all’improvviso. Wyatt fa appena in tempo a gettarsi a terra prima che una scarica di colpi lo raggiunga, ferendolo al braccio e abbattendo altre bestie.rnLa corsa affannosa nei boschi, il fango che appesantisce le gambe, le mani imbrattate di sangue… il giovane si getta all’inseguimento di un’ombra che fugge, finché dietro un acero, nascosto come un cerbiatto, scorge il tiratore: una ragazzina, alta poco piú di un bambino, con il viso impiastrato di fango e addosso una maglietta nera sporca, piena di buchi sulle spalle e sull’orlo. Per Wyatt è un gioco da ragazzi catturarla e condurla nel ranch.rnLa ragazzina riesce però a liberarsi e a fuggire. Il bestiame è perduto e, con il bestiame, forse anche il ranch, su cui gravano pesanti ipoteche. Al giovane Smith non resta che mettersi sulle sue tracce, nella speranza di ottenere un qualche risarcimento.rnDalle montagne di Box Elder fino alle cime della Monument Valley e ritorno, la caccia diventa un duro confronto con un paesaggio selvaggio e brutalmente spietato. Perché che cosa può esserci di piú inclemente del cielo inaridito dello Utah, che sbianca i teschi, pesta la sabbia nei pascoli e non offre riparo all’arida arsura del deserto del Great Salt Lake? -
Il treno di Erlingen
Attraverso una storia che si discosta notevolmente dai soliti schemi narrativi di finzione, l'autore di 2084. La fine del mondo consegna al lettore un romanzo che narra del destino di due donne nell'epoca in cui la teocrazia islamista si insedia nel cuore dell'Occidente.rn«Il nuovo romanzo dello scrittore argentino proietta i lettori in un'atmosfera di precarietà esistenziale, di incontro-scontro conuna realtà ineluttabile, la conquista da parte di una cultura più forte ""che sa e vuole ancora combattere"""", perché incastonata nella Storia» - Paolo Salom, la LetturaÉlisabeth Potier, docente di storia e geografia in pensione, residente a Seine-Saint-Denis, è una vittima collaterale dell'attentato islamico del 13 novembre 2015 a Parigi. Dopo alcuni giorni passati tra la vita e la morte, la donna esce dal coma con un'altra personalità, e con questa identità morirà un mese dopo. Per decifrare la testimonianza scritta che ha lasciato a sua figlia Léa occorre passare attraverso l'incredibile racconto della baronessa Ute von Ebert, residente a Erlingen, in Germania. Da settimane Ute vive rinchiusa, minacciata da un misterioso nemico che, come un'epidemia, si diffonde sulla terra e agisce per ridurre la specie umana in schiavitù. Per sfuggire a questa minaccia, gli abitanti di Erlingen attendono con trepidazione l'arrivo del treno che li porterà in salvo, ma il treno ancora non si vede. Attraverso una serie di sarcastiche lettere che Ute scrive a sua figlia Hannah traspaiono tutta l'angoscia e l'incertezza per una situazione ai limiti della realtà: ogni giorno viene detto ai cittadini di Erlingen che il treno arriverà, per poi sostenere il contrario. Bisogna sempre tenersi pronti, ed è spossante. Nessuno sa, inoltre, con chi e con cosa abbiano a che fare; al punto che la minaccia ha preso ormai il generico nome di «nemici», una parola che contiene tutte le ipotesi. Come è cominciato tutto questo? E in che modo le storie di Élisabeth Potier e Ute von Ebert, e quelle delle loro figlie Léa e Hannah, entrambe residenti a Londra, sono collegate tra di loro?"" -
Elsa Morante. Una vita per la letteratura
Elsa Morante. Una vita per la letteratura, recita il titolo di questo libro, traducendo perfettamente il suo contenuto: il racconto della vita di una grande scrittrice, in cui le speranze, gli inganni e le illusioni proprie di ogni esistenza si mutano, nella trasfigurazione letteraria, in una sorgente infinita di narrazione e fascinazione.rnrn«Racconto il destino lacerante di questa donna poetica, inclassificabile, molto diversa da suo marito, simile alle figure del mondo visionario, onirico e di intensa interiorità in cui trasportava il lettore». - René de Ceccattyrnrn«La biografia di René de Ceccatty riporta in vita una Roma nel frattempo cancellata e una Elsa Morante generosa, aperta, presa dalle sue passioni e dai suoi romanzi». - L’Espressornrn«La vita privata di uno scrittore è pettegolezzo; e i pettegolezzi, chiunque riguardino, mi offendono»: così Elsa Morante in un’intervista concessa a Enzo Siciliano nel 1972.rnUna lapidaria affermazione, che René de Ceccatty non manca di citare nelle pagine di questo libro per mostrare quanto sia arduo il compito del biografo se ha come oggetto la vita di una scrittrice che, come scrive Sandra Petrignani nell’introduzione, «ha più di una volta depistato i curiosi, mescolando le acque su fatti e date della propria esistenza».rnOgni esperienza vissuta è, com’è noto, ben poca cosa rispetto alle ambizioni della letteratura, che non possono essere mai ricondotte ai meri fatti di un’esistenza. Tuttavia, se la biografia è anch’essa un genere letterario, illuminare l’esistenza di uno scrittore non ha nulla a che fare con il pettegolezzo, ma con quel punto oscuro tra la vita e la forza dell’immaginazione che è il luogo proprio della letteratura.rnÈ quanto fa René de Ceccatty in questo libro quando, senza alcun timore, si avventura nell’infanzia di Elsa Morante per descrivere il suo ambivalente rapporto con la madre e quello complicato con i due padri, i fratelli e la sorella. Un’incursione che serve a svelare da quale zona d’ombra sorgerà poi una scrittura che «si insinua nei meandri della passione, del delirio, del terrore imposto o subíto», per celebrare «il trionfo dell’immaginazione» sulla deperibilità e sui compromessi triviali del mondo.rnOppure quando narra, ed è uno dei pregi maggiori di quest’opera, degli amori e delle amicizie della scrittrice. Amori per uomini impossibili, come Luchino Visconti e Bill Morrow, e amicizie grandiose e infime, prima fra tutte quella con Pier Paolo Pasolini, destinata a «spezzarsi nel risentimento e nella vendetta letteraria». -
La diga sull'oceano. La folle avventura di Atlantropa
Atlantropa, il super continente che sarebbe nato dall’unione di Europa e Africa, entrò come un turbine nella scena europea tra le due guerre e la lasciò senza fiato.rn«Sörgel non era tipo da perdersi in fantasticherie insensate, né poteva rinchiudere la densità del suo progetto nel recinto del pettegolezzo scientifico. Quando cominciò a concepire Atlantropa, al principio degli anni Venti, ebbe subito l’impressione di trovarsi all’interno di un sogno enorme ma solidamente praticabile. Se fosse mai riuscito a realizzarlo, avrebbe cambiato radicalmente il destino dell’Europa, che fino a quel momento era stato amaro quanto può essere amaro un veleno, e storto, tristemente storto. Non sapeva, l’architetto, che di questo sogno sarebbe rimasto prigioniero per tutta la vita»rnEra un’impresa al limite delle possibilità umane ma tecnicamente realizzabile, disse l’autore di quel disegno pazzesco, l’architetto bavarese Herman Sörgel. Bastava disseccare il Mediterraneo innalzando tre dighe, una sullo Stretto di Gibilterra, una sui Dardanelli e una terza tra la Sicilia e la Tunisia; collocare su quelle dighe delle immense turbine che avrebbero assicurato energia elettrica a buona parte dell’Europa; ottenere nuova terra da bonificare per coltivarla ed edificare le nuove «città del sole». Una volta realizzato, il super continente sarebbe stato in grado di trattare alla pari con i due giganti che premevano all’orizzonte: il blocco americano da una parte e quello asiatico dall’altra. Esponente del Bauhaus, Sörgel non faticò a cooptare le più geniali menti costruttive dell’epoca, da Peter Behrens a Erich Mendelsohn a Emil Fahrenkamp, e a sedurre scienziati, governi, filosofi, scrittori e rappresentanti del grande capitale degli anni Venti e Trenta del Novecento. La diga sull’oceano ricostruisce la storia di questa grande avventura dell’immaginazione al servizio dell’umanità, ponendo sotto i riflettori della narrazione romanzesca il suo artefice e l’ambiente nel quale egli operò: la Repubblica di Weimar, il Bauhaus, il Nazismo – che avversò profondamente il progetto di Sörgel – la Liberazione con i giganti, i nani e i mostri che ne furono i protagonisti o le comparse -
Il menestrello. La saga del dottor Faust
Ispirato alla nota figura di Johann Georg Faust, l'alchimista tedesco protagonista di alcuni esempi dei più celebri capolavori della letteratura, l'uomo assetato di gloria che strinse un patto con il diavolo, pagando con la propria anima la sete di conoscenza, Il menestrello è il primo capitolo di una nuova, memorabile saga dalla penna dell'autore dell'acclamato La figlia del boia.rnrn1486, Knittlingen. Il piccolo Johann Georg, detto Faust, «fortunato», sa di essere diverso dagli altri bambini del villaggio: è più intelligente, più sveglio, animato da una insaziabile curiosità. Nelle sue vene scorre sangue nobile, gli ha spiegato una volta sua madre, anche se Johann non ha saputo attribuire alcun significato a queste parole. Per suo padre, un robusto contadino con la faccia bruciata dal sole, Johann non è altro che un buono a nulla con la testa piena di grilli, e lo stesso vale per gli altri bambini del villaggio. L'unica a non trovare sgradevole la sua compagnia è Margherita, la figlia del castaldo, la bambina con i capelli biondo paglierino davanti a cui Johann si sente la bocca sigillata, quasi fosse preda di un incantesimo. Un giorno a Knittlingen arrivano i saltimbanchi: giullari muniti di pifferi, zampogne e tamburelli, funamboli mascherati. Nel villaggio si vocifera che chi danzi con loro finisca dritto all'inferno, che i menestrelli siano figli del diavolo. Ne è convinta Margherita, che attribuisce ai girovaghi la misteriosa sparizione di quattro bambini del villaggio: Fritz, sette anni, il suo fratellino di soli cinque anni e due bambine della vicina Bretten. Si sono avventurati nella foresta e nessuno ha saputo più nulla di loro. L'uomo che, del resto, signoreggia sul palco tra i saltimbanchi autorizza le ipotesi più nefaste. Alto e magro, con indosso un mantello a strisce nere e rosse, che gli sventola intorno come le ali di un pipistrello, ha un viso pallidissimo, il naso affilato come il becco di un uccello rapace e occhi neri che non mancano di scrutare a lungo Johann. Dopo essersi presentato come Tonio del Moravia, Magister delle sette arti e custode deisette volte sette sigilli, dottore della nera Università di Cracovia, il misterioso sconosciuto profetizza per Johann un destino ben diverso da quello che il figlio di un contadino può aspettarsi. Un destino per cui occorrerà pagare un alto prezzo, in futuro. -
Questa è la felicità
Nel nuovo, incantevole romanzo dell’autore di Storia della pioggia, c’è il commovente ritratto di una comunità, delle sue idiosincrasie e delle sue tradizioni, dei suoi paradossi e delle sue inanità, dei suoi fallimenti e dei suoi trionfi.«Comico e struggente in egual misura». - The New Yorkerrnrn«Questa storia dal cuore grande racconta di un piccolo luogo sull’orlo di un grande cambiamento». - New York Timesrnrn«Una prosa gloriosa e lirica... Questo romanzo è una delizia». - Publishers WeeklyLa pioggia è cessata. Nessuno, nel piccolo e dimenticato villaggio di Faha, ricorda quando è iniziata. Sulla costa occidentale irlandese la pioggia è una condizione esistenziale: scende diritta e di sghimbescio, presentandosi in veste di pioggerella, di acquerugiola, di bruma, di acquazzoni frequenti e di nebbia bagnata; arriva a ogni ora del giorno e della notte, in tutte le stagioni, senza badare al calendario né alle previsioni meteorologiche, tramutando il suolo in fango e l’aria in una cortina.rnMa ora che non piove piú, nessuno sembra essersene accorto. Forse perché è successo subito dopo le tre del Mercoledí Santo, e l’intera parrocchia è stipata nella chiesa di Santa Cecilia, dove Padre Coffey, il viceparroco, pallido e sottile come un’ostia, sta annunciando l’arrivo dell’elettricità.rnFaha è infatti un luogo in cui, settantotto anni dopo l’accensione della prima lampada ad arco davanti agli uffici del Freeman’s Journal di Princes Street a Dublino, e a settant’anni da quando è stata inaugurata l’illuminazione elettrica delle strade, manca ancora l’elettricità.rnQuel pomeriggio il diciassettenne Noel Crowe, arrivato in treno da Dublino per trascorrere le vacanze nella casa dei nonni Doady e Ganga, si affaccia alla soglia in quei primi istanti di cessazione della pioggia, ed è allora che scorge un uomo entrare in cortile a passo vivace, con una piccola valigia al fianco. Noel non può saperlo, ma quello straniero lascerà un’impronta profonda nella sua vita, allo stesso modo in cui l’elettricità è destinata a stravolgere un mondo che per secoli è rimasto sempre uguale a se stesso. -
La scuola
La scuola, il romanzo con cui Herman Koch si è affermato come spietato osservatore delle ipocrisie del nostro mondo, è una delle piú mirabolanti, avvincenti «cronache di una morte annunciata» che sia dato leggere.rnrn""Il capolavoro satirico di Herman Koch dovrebbe essere una lettura obbligatoria in tutte le scuole"""" - Da Volkskrantrnrn""""In modo penetrante, Herman Koch descrive le fortune e le sventure del personale docente di una scuola, con la sua falsa allegria e la fede ipocrita nel metodo Montanelli"""" - Der SternrnrnrnC’è un quartiere ad Amsterdam dove nevrotiche veneri in pelliccia camminano specchiandosi continuamente nelle vetrine dei negozi e uomini in completo, troppo grassi o troppo magri, si dedicano pure loro allo shopping come se non avessero niente di meglio da fare. È un quartiere perbene fatto per gente perbene, dove ci sono centocinquanta pasticcerie e gastronomie, e dove tutto è un lievito madre a grana grossa e panini al frumento insaturo contro il cancro, le vene varicose e i versamenti di sangue. È soprattutto il quartiere dove si erge il Liceo Montanelli. Una scuola dove sono fatti tutti della stessa pasta: tipi con genitori artistici, pittori e scultori, innanzi tutto; ragazzini con padri e madri che appartengono al cosiddetto «mondo del teatro»; pedantelli che durante la ricreazione se ne stanno a blaterare di argomenti ricercati con le loro vocine finte e modulate.rnIl metodo della scuola l’ha inventato una certa Maria Montanelli, cent’anni prima, per offrire qualche opportunità in piú nella vita ai bambini poveri di Napoli. Ad Amsterdam, però, il liceo costa sedici volte di piú rispetto a una scuola normale, e di poveri non vi è nemmeno l’ombra tra le sue mura.rnCome in ogni scuola che si rispetti, anche il Liceo Montanelli ospita, tuttavia, una voce fuori dal coro: un ragazzo la cui madre è venuta a mancare dopo una lunga malattia, e il cui padre ha trovato conforto con una vedova appena tre isolati piú in là. Un allievo particolarmente discolo, il cui sogno ricorrente è che uno Spitfire arrivi in picchiata e apra il fuoco su tutto quel quartiere palloso e viziato. Un compagno di classe, che vorrebbe tanto darle di santa ragione a Jan Wildschut, il nuovo arrivato, quello con qualche rotella fuori posto che sia d’estate che d’inverno indossa sciarpa e muffole e durante la ricreazione se ne sta nel cortile della scuola a masticare lentamente i suoi panini, con la saliva che gli cola da un angolo delle labbra…rnImplacabile colpo al cuore del perbenismo, sferzante satira del conformismo che governa le relazioni fra esseri umani e, allo stesso tempo, lucido sguardo sulle fragilità umane, La scuola, il romanzo con cui Herman Koch si è affermato come spietato osservatore delle ipocrisie del nostro mondo, è una delle piú mirabolanti, avvincenti «cronache di una morte annunciata» che sia dato leggere."" -
L' interprete
Annette Hess consegna al lettore un autentico ritratto della Germania post-bellica, mostrando quanto sia sottile la linea che separa l'accettazione dalla negazione e dando vita a un complesso affresco storico che riguarda profondamente il nostro presente«La storia di Eva Bruhn, raccontata da Annette Hess, popolata da personaggi straordinariamente vivi, tocca in modo avvincente i punti nevralgici e dolenti della storia tedesca» - Paola Sorge, Il Venerdìrn«Un romanzo che mostra la tragedia tedesca» - Berliner Zeitungrn«Un libro contro l'oblio» - der SpiegelrnIl passato che non passa, i processi di Auschwitz e il velo delle menzogne in un romanzo travolgente.rnrnFrancoforte, 1963. Durante il processo che vede Fritz Bauer indagare sulle responsabilità di alcuni membri del personale del campo di concentramento di Auschwitz, Eva Bruhns viene assunta come interprete dal polacco degli interrogatori dei testimoni. I suoi genitori, proprietari del ristorante Deutsches Haus, (Casa Tedesca), si mostrano decisamente contrari alla carriera scelta dalla figlia, così come lo stesso fidanzato di Eva, Jürgen, ancorato alla convinzione che una donna non debba lavorare se il futuro marito si può permettere di mantenerla. Ma la giovane, vinta dalla curiosità e dalla passione, accetta comunque il lavoro. Eva è figlia di un omertoso dopoguerra, di un boom economico in cui si è disperatamente tentato di seppellire il passato. Ascoltando le scioccanti testimonianze dei processi, però, il suo pensiero corre continuamente ai genitori e ai motivi per cui nella sua famiglia non si parla mai della guerra e di ciò che accadde. Perché sono tutti così restii ad affrontare l'argomento? Lentamente Eva si rende conto che non solo i colpevoli sono stati colpevoli, ma anche coloro che hanno collaborato, in silenzio, rendendo possibile l'inferno dei campi di concentramento. E che tra quelli che non hanno mai alzato la voce per protestare, rendendosi complici, potrebbero esserci persone a lei molto vicine. -
Il regno e il giardino
Da più di due millenni il paradiso terrestre, il Giardino piantato da Dio in Eden, è stato per il mondo occidentale il paradigma di ogni possibile felicità degli uomini sulla terra. E, tuttavia, esso è fin dall’inizio anche il luogornda cui la natura umana, caduta e corrotta, è stato irrevocabilmente scacciata. rnrnSolo il Regno dà accesso al Giardino, ma solo il Giardino rende pensabile il Regno. Ovvero: si accede alla natura umana solo storicamente attraverso una politica, ma questa, a sua volta, non ha altro contenuto che il paradiso - cioè, nelle parole di Dante, ""la beatitudine di questa vita""""rnrnDa una parte, tutti i sogni rivoluzionari dell’umanità possono esser visti come l’instancabile tentativo di rientrare nell’Eden, sfidando i guardiani che ne custodiscono l’accesso, dall’altra il Giardino resta invece come una sorta di traumatismo originario che condanna al fallimento ogni ricerca di felicità sulla terra. In entrambi i casi, il paradiso è essenzialmente un paradiso perduto e la natura umana qualcosa di essenzialmente manchevole. Attraverso una critica serrata della dottrina agostiniana del peccato originale e una appassionante rilettura del paradiso dantesco, la ricerca di Agamben prova invece a pensare il paradiso terrestre non come un passato perduto né come un futuro a venire, ma come la figura ancora e sempre presente e attuale della natura umana e della giusta dimora degli uomini sulla terra. Un paradigma politico, dunque, da articolare e distinguere dal Regno millenario, che ha fornito il modello alle utopie di ogni specie. Se solo il Regno può dare accesso al Giardino, solo il Giardino rende pensabile il Regno."" -
Il senso della pittura
Ruggero Savinio racconta, attraverso queste illuminanti pagine, del suo rapporto di intimità coi pittori che considera dei maestri, rispondendo, al contempo, a una serie di urgenti domande: qual è il senso della pittura? Come è cambiato il concetto di pittura nel corso dei secoli? E cosa diventerà la pittura in futuro?rnrnChe cos'è la pittura? Questo interrogativo equivale a dire: come è fatta la pittura? Infatti la pittura è qualcosa di fatto, di fabbricato. Mi rendo conto che questa affermazione può sembrare smentibile, perché la pittura si sottrae, ormai molto spesso, a ogni fabbricazione: può comparire senza veste corporea, puro prodotto della mente.rnrnCome si manifesta, anzi, quali sono i caratteri di un'espressione - la pittura - che tien insieme, di là dai cambiamenti storici, i dipinti e i graffiti di Lascaux, di Piero della Francesca, di Courbet, di Picasso, e anche di Edvard Munch, Richard Gerstl, Bonnard, Balthus, Francis Bacon e Lucien Freud? rnTutta questa pittura, dai primordi preistorici al nostro presente, ha qualcosa in comune: la fisicità. La corporeità di cui la pittura è fatta, ma anche quella messa in opera dal pittore.rnQuindi, la pittura è un fatto fisico. Questo potrebbe essere il primo carattere, ma essenziale e direttamente di ciò che possiamo continuare a chiamare pittura. -
La casa dalle finestre sempre accese
Anna Folli racconta la vita di Giacomo Debenedetti, l’intellettuale ammalato di troppa intelligenza, e di sua moglie Renata, che non ha mai rinunciato a seguire quel marito inquieto e inafferrabile, trasformando in un romanzo la vita di una famiglia colta, difficile, unica, che per molti anni ha intrecciato la propria esistenza con quella degli artisti e dei letterati che hanno fatto la storia del Novecento.A Torino, tra corso San Maurizio e il Lungo Po Cadorna, c'è un edificio color sabbia con le finestre che guardano il fiume e la collina: in questo palazzo sobrio, in un appartamento al secondo piano, vivono, «con il passo dell'illusione e con la generosità della speranza», Giacomo e Renata Debenedetti. Si sono incontrati una sera d'inverno del 1919, al Teatro Regio di Torino. Renata Orengo ha solo dodici anni quando il suo sguardo incrocia quello di Giacomo Debenedetti, di cui si innamora sin dal primo istante. Lei è una ragazza di buona famiglia, lui uno studente del politecnico dalla vivace intelligenza, le cui intime amicizie comprendono personaggi come Piero Gobetti, Mario Soldati, Umberto Saba e Eugenio Montale. Intellettuale ebreo perso nei suoi sogni, fondatore della rivista Primo Tempo, che in pochi mesi annovera tra i suoi collaboratori i futuri grandi nomi della letteratura italiana, per molto tempo Giacomo non si vede nei panni del critico letterario: vuole diventare uno scrittore, ma sarà solo dopo aver letto La Recherche di Proust che andrà incontro al suo destino. Il matrimonio con Renata si tiene il 4 dicembre 1930, in casa dei marchesi Orengo. Da quel giorno, nell'appartamento affacciato sul Lungo Po, nasce un mondo nuovo, popolato da artisti e da scrittori, da giovani intellettuali e grandi poeti. Prima a Torino e poi a Roma, in casa Debenedetti non è difficile incontrare Alberto Moravia, Elsa Morante, Alberto Savinio, Bobi Bazlen, Sibilla Aleramo, Maria Bellonci, Aldo Palazzeschi... Ma se l'inizio sembra felicemente trascorrere all'insegna dell'arte e della letteratura, la vita del più grande critico italiano del Novecento e della sua bella moglie, è destinata a un repentino mutamento. In breve tempo la loro esistenza viene sconvolta dalle leggi razziali, conoscono la desolazione della guerra, la fuga a Cortona, l'entusiasmo della ricostruzione, le disillusioni di una carriera professionale disseminata di grandi riconoscimenti e atroci delusioni. Già autrice di MoranteMoravia, Anna Folli racconta la vita di Giacomo Debenedetti, l'intellettuale ammalato di troppa intelligenza, e di sua moglie Renata, che non ha mai rinunciato a seguire quel marito inquieto e inafferrabile, trasformando in un romanzo la vita di una famiglia colta, difficile, unica, che per molti anni ha intrecciato la propria esistenza con quella degli artisti e dei letterati che hanno fatto la storia del Novecento. -
La regina delle greggi
Con La regina delle greggi ritroviamo la prosa emozionante de Il potere del cane, la poesia degli spazi sterminati, la sensibilità con cui Savage descrive i suoi personaggi in bilico. Un romanzo che è uno struggente inno alla famiglia e, al contempo, una acuta riflessione sulla ricerca della propria identità.rnrn«Leggendo questo romanzo si perde coscienza della carta stampata, per essere trasportati dall'immaginazione dell'autore in un mondo a parte» – New York TimesrnrnAl mondo ci sono persone che non riescono a immaginarsi il proprio fallimento. Appartiene a questa categoria anche la giovane Emma Russell, che alla fine del XIX secolo dice addio a suo padre in una stazione ferroviaria dell'Illinois, per andare a insegnare nell'Idaho, la Gemma delle Montagne. Di lei dicono che sia severa e che abbia occhi anche sulla nuca. Davanti a lei i colpevoli balbettano la verità e gli innocenti ricordano con gelida chiarezza le trasgressioni commesse. La sua rettitudine dà i brividi, però Emma sa anche suonare al pianoforte melodie allegre che fanno da sottofondo alle danze nei vari ranch. Il giovanotto che la accompagna con il violino, Thomas Sweringen, è il figlio di un uomo che ha trovato l'oro e ha avuto l'accortezza di investire i guadagni in proprietà terriere e nell'allevamento di bovini, invece di sparire quando l'oro è finito. La prima volta che Emma racconta a Thomas del suo interesse per le pecore, il ragazzo ride di gusto, perché nella valle di Lemhi tutti sanno che non si possono allevare bovini e ovini insieme nello stesso podere. Dopo il matrimonio, tuttavia, Thomas regala a sua moglie, per scherzo, due pecore. Anni dopo, le due pecore sono divenute un gregge di diecimila capi e Emma Russell Sweringen è per tutti la Regina delle Greggi dell'Idaho. Una regina che ha una sfilza di figli, tra cui Elizabeth, la maggiore, una ragazza incantevole che sta per convolare a nozze con un giovanotto dotato di un cospicuo patrimonio, quel tipo d'uomo che farebbe la felicità di ogni madre. Perché, allora, mesi dopo Elizabeth si presenta in ospedale con una valigetta e una cornice d'argento che contiene la foto di un altro uomo, un uomo bello come Francis X. Bushman, per dare alla luce una bambina che darà in adozione subito dopo? -
L' amore è cieco
La storia di un amore folle e cieco, l'intimo ritratto della vita di un uomo e, al contempo, lucido sguardo sullo spirito del tempo. Un romanzo di vertiginosa passione e brutale vendetta, in cui arte e vita si danno la mano dinanzi alle speranze e alle illusioni, alla potenza e alle crudeltà che l'amore puntualmente riserva.rn«Boyd è tornato con un romanzo come pochi dei suoi contemporanei potranno eguagliare. Questo libro bello, toccante e intelligente è la cosa migliore che abbia mai scritto» - Observerrn«Una raffinata performance: un'abile alchimia di fatti e finzione, di mito letterario e immaginazione» - The Guardianrn«William Boyd è nel suo elemento con questo avvincente romanzo: un mondo è una storia così fuori dall'ordinario, eppure così convincenti da sembrare reali» - The TimesrnEdimburgo, 1894. Brodie Moncur ha ventiquattro anni e da sei lavora per la Channon & Co., il quarto maggior produttore di pianoforti in Gran Bretagna. Valente accordatore, viene invitato un giorno da Ainsley Channon a trasferirsi nella sede di Parigi, dove i pianoforti Channon stentano a conquistare le simpatie francesi. Nell'imponente negozio parigino, due grandi vetrine che si affacciano in avenue de l'Alma, Brodie abbraccia con entusiasmo la sua nuova vita, lontana dalla Scozia, soprattutto, lontana dal suo tirannico padre. Si rimbocca le maniche e concepisce un'idea brillante: ingaggiare un grande pianista, un virtuoso dello strumento, che suoni un Channon nei suoi concerti e dia, così, lustro all'azienda.rnL'occasione per realizzarla gliela offre il Theatre de la Republique, in una serata in cui John Kilbarron, ex bambino prodigio e musicista di indiscusso talento chiamato «Le Liszt irlandais», esegue la Sinfonia n. 3 di Čajkovskij e un poema sinfonico di Panin per la voce solista di Lydia Blum, soprano russa. Capelli scuri pettinati all'indietro, profonde rughe che gli solcano le guance, Kilbarron sembra un individuo freddo, con un atteggiamento arrogante studiato apposta per le scene. La sua esecuzione, tuttavia, è a dir poco impeccabile: un uragano; probabilmente ciò che gli spettatori dovevano aver provato ai concerti di Liszt. Alla fine della serata, Brodie si reca nei camerini degli artisti e, bussando a una porta, si ritrova al cospetto di una giovane donna. Capelli biondi mossi e arruffati, occhi azzurri e labbra rosee, una vestaglia sgargiante addosso a coprire un'evidente nudità, una sigaretta tra le labbra con qualche briciola di tabacco raccolta alla punta della lingua, Lydia Blum, la soprano russa, fissa i suoi occhi nei suoi, e una grossa bolla d'aria si fa largo, come un pugno, nel petto di Brodie Moncur, giovane accordatore scozzese. Storia di un amore folle e cieco, intimo ritratto della vita di un uomo e, al contempo, lucido sguardo sullo spirito del tempo, «L'amore è cieco» è il nuovo, magistrale romanzo di uno dei più amati scrittori inglesi. Un romanzo di vertiginosa passione e brutale vendetta, in cui arte e vita si danno la mano dinanzi alle speranze e alle illusioni, alla potenza e alle crudeltà che l'amore puntualmente riserva.