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I Maigret: Il mio amico Maigret-Maigret va dal coroner-Maigret e la vecchia signora-L'amica della signora Maigret-Le memorie di Maigret. Nuova ediz.. Vol. 7
Settimo volume della raccolta delle opere di Maigret.rnrnIl mio amico Maigretrn«Lei era all’ingresso del suo locale?».rn«Sì, dottore».rnInutile correggerlo. Quattro o cinque volte Maigret aveva cercato di fargli dire «commissario». Ma che importanza aveva? Che importanza aveva tutto questo?...rnrnMaigret va dal coronerrn«Ehi! Dico a lei!».rnMaigret si girò, come a scuola, per vedere chi stessero chiamando. «Sì, proprio lei, laggiù...».rnUn vecchietto pelle e ossa, con degli enormi baffi bianchi, che sembrava uscito dalla Bibbia, tendeva il braccio tremante. Ma verso chi?...rnrnMaigret e la vecchia signorarn Scese dal treno Parigi-Le Havre nella piccola, desolata stazione di Bréauté-Beuzeville. Si era alzato alle cinque, e dato che non si trovava un taxi aveva dovuto prendere il primo métro per la Gare Saint-Lazare...rnrnL’amica della signora Maigretrn La gallina era sul fuoco, con una bella carota rossa, una grossa cipolla e un mazzetto di prezzemolo, i cui gambi spuntavano dal bordo della pentola. La signora Maigret si chinò per controllare che il gas non si spegnesse, visto che era al minimo. Chiuse tutte le finestre, tranne quella in camera da letto... rnrnLe memorie di Maigretrn Era il 1927 o forse il 1928. Non ricordo con esattezza le date, e non sono di quelli che conservano scrupolosamente una qualche traccia scritta di ogni minimo fatto che li riguardi – abitudine, peraltro, piuttosto diffusa nel nostro mestiere, e che per qualcuno si è rivelata molto utile, talvolta persino proficua... -
I Maigret: Maigret al Picratt’s - Maigret e l’affittacamere - Maigret e la Stangona - Maigret, Lognon e i gangster - La rivoltella di Maigret. Vol. 8
Ottavo volume della raccolta delle opere di Maigret. Le inchieste del commissario Maigret raccolte in questo volume sono state scritte tra il 1951 e il 1952.rnrnMaigret al Picratt’srnL’agente Jussiaume, che nel suo turno di notte passava sempre per le stesse vie più o meno alla stessa ora, era talmente abituato a quell’andirivieni da registrarlo in modo automatico, press’a poco come chi abita vicino a una stazione registra gli arrivi e le partenze dei treni. rnrnMaigret e l’affittacamerern«Che ne direbbe di venire a mangiare qualcosa da noi, così, senza cerimonie?». Il buon Lucas aveva probabilmente aggiunto: «Mia moglie ne sarebbe felicissima, glielo assicuro». rnrnMaigret e la Stangona rnSul modulo compilato che l’usciere consegnò a Maigret c’era scritto testualmente: «Ernestine Micou in Jussiaume, detta la Stangona, da lei arrestata diciassette anni fa in rue de la Lune, e che per farla incavolare si era messa tutta nuda...». rnrnrnMaigret, Lognon e i gangsterrn «D’accordo... D’accordo... Sì, signore... Ma sì... Sì... Le prometto che farò tutto il possibile... Appunto!... La saluto... Come? Ho detto che la saluto... Nessun disturbo... Buongiorno, signore...». Per la decima volta almeno (ormai non le contava più), Maigret riagganciò... rnrnLa rivoltella di Maigret rnIn futuro, quando Maigret avrebbe pensato a quell’inchiesta, l’avrebbe sempre associata a qualcosa di un po’ anomalo, come una di quelle malattie che, invece di esplodere, cominciano con un vago malessere, dei piccoli spasmi, dei sintomi così leggeri da non meritare attenzione. -
I Maigret: Maigret e l'uomo della panchina-Maigret ha paura-Maigret si sbaglia-Maigret a scuola-Maigret e la giovane morta. Nuova ediz.. Vol. 9
Nono volume della raccolta delle opere di Maigret. -
I Maigret: Maigret e il ministro-Maigret e il corpo senza testa-La trappola di Maigret-Maigret prende un granchio-Maigret si diverte. Nuova ediz.. Vol. 10
Decimo volume della raccolta delle opere di Maigret. -
I Maigret: Maigret e i vecchi signori-Maigret e il ladro indolente-Maigret e le persone perbene-Maigret e il cliente del sabato-Maigret e il barbone. Nuova ediz.. Vol. 12
Dodicesimo volume della raccolta delle opere di Maigret. Le inchieste del commissario Maigret raccolte in questo volume sono state scritte tra il giugno 1960 e il marzo 1963. -
I Maigret: Maigret perde le staffe-Maigret e il fantasma-Maigret si difende-La pazienza di Maigret-Maigret e il caso Nahour. Nuova ediz.. Vol. 13
Tredicesimo volume della raccolta delle opere di Maigret. Le inchieste del commissario Maigret raccolte in questo volume sono state scritte tra l'ottobre del 1963 e il dicembre del 1966. -
I Maigret: Il ladro di Maigret-Maigret a Vichy-Maigret è prudente-L'amico d'infanzia di Maigret-Maigret e l'omicida di Rue Popincourt. Nuova ediz.. Vol. 14
Quattordicesimo volume della raccolta delle opere di Maigret. -
I Maigret: Maigret e il produttore di vino-La pazza di Maigret-Maigret e l'uomo solitario-Maigret e l'informatore-Maigret e il signor Charles. Nuova ediz.. Vol. 15
Quindicesimo volume della raccolta delle opere di Maigret. Le inchieste del commissario Maigret raccolte in questo volume sono state scritte tra il settembre del 1969 e il febbraio del 1972. -
La magia
L'opera di William Butler Yeats si sviluppa aggiogata con estro e piglio unici a una ricerca interiore strettamente collegata alla tradizione ermetica. Alchimia, occultismo, astrologia, folklore, miti e leggende: nulla di ciò che è arcano gli è estraneo; dietro l'ostensione conclamata delle dispute amorose, delle lotte politiche, delle battaglie teatrali, dell'inesausto certame poetico, una vena esoterica innerva quasi ogni suo testo e più di un gesto. Con candore inaudito, Yeats ha osato prospettare una lega di arte e vita, una pietra filosofale dell'arte: perno della compagine sono i saggi qui proposti, che concepì - e battezzò - come mitologie. Con la veemenza, lo smalto e l'irrisione che caratterizzano i suoi versi, esprimono il cimento di un artista che non teme di mettersi alla prova ""alle Termopili"""". E il lettore incontrerà alcuni capisaldi di uno spericolato modus operandi: la via del camaleonte, la dottrina delle maschere, la disciplina eroica dello specchio."" -
Il ciarlatano
«Cento storie si svilupperanno, cento personaggi entreranno in scena, cento tradimenti si dipaneranno. E Singer si rivela come sempre un genio.» – Robinsonrn«Un'ottima traduzione che restituisce tutto lo humour e il ritmo di questo scrittore che pubblicava le sue storie a puntate su un periodico yiddish di New York» – Il VenerdìrnAppena arrivati a New York, nei primi anni della guerra, gli ebrei polacchi dicono tutti la stessa cosa: «L'America non fa per me». Ma poi, un po' alla volta, molti ricominciano a «sguazzare negli affari» come pesci nell'acqua. Altri invece, e più di chiunque il protagonista di questo romanzo, girano a vuoto, si barcamenano, vivono alle spalle degli amici ricchi, o delle donne che riescono a sedurre. Di queste ultime Hertz Minsker non può fare a meno: sono «il suo oppio, le sue carte, il suo whisky»; le loro gambe, le loro ginocchia contengono «una sorta di promessa», e lui ha bisogno ogni giorno di nuove avventure amorose, di «nuovi giochi, nuovi drammi, nuove tragedie o commedie». Minsker, che pure è un erudito e ha familiarità con il Talmud e può «recitare poesie in greco antico e in latino», sembra capace solo di finire nei guai, e «da quarant'anni sta lavorando a un libro ma ancora non ha finito neanche il primo capitolo». In genere, però, le catastrofi che provoca, a sé stesso e a chi gli sta intorno, si risolvono in una strepitosa commedia - una commedia alla Lubitsch, con mariti traditi, amanti imbufalite, sedute spiritiche fasulle, crisi di nervi, mercanti di quadri falsi, audaci e fumose teorie edonistico-cabbalistiche... -
Marie la strabica
«E sempre Marie aveva parlato con quella voce, sempre si era ostinata a dire, pacatamente, tutte quelle cose che alla gente non piace sentirsi dire. Forse perché era brutta e strabica?»rnMarie qui louche è un romanzo pubblicato in Francia nel 1952, tradotto in Italia nel 1963 da Mondadori, divenuto introvabile e ora finalmente riproposto da Adelphi. rnSylvie ha diciassette anni ed è bella, procace, impudica; ha un seno magnifico, che eccita gli uomini, e prova piacere «a guardarselo, ad afferrarlo a piene mani». Marie, che ha un anno più di lei, è brutta e strabica, timida e spaurita; a scuola le compagne «le giravano alla larga, dicevano che aveva il malocchio». Da piccole, Sylvie le prometteva: «Quando sarò ricca ti prenderò come cameriera, e ogni mattina mi pettinerai». Eppure, di quello che passa per la testa di Sylvie, che adora e disprezza al tempo stesso, Marie intuisce tutto. Sa perché si spoglia davanti alla finestra aperta con la luce accesa, e sa anche che è lei a provocare il suicidio di Louis, il ragazzo ritardato ed epilettico che si aggira di sera nel giardino della pensioncina dove entrambe lavorano. Priva di scrupoli, ferocemente determinata a fuggire quella povertà che le fa orrore, Sylvie lascia la provincia e parte alla conquista di Parigi. Marie, che appartiene alla razza delle creature «segnate dalla malasorte», la segue nella capitale, ma si rassegna all'esistenza mediocre a cui è destinata. Quando, molti anni dopo, le due donne si rincontreranno, sarà Sylvie ad aver bisogno dell'aiuto di Marie, e questa sembrerà assecondarla con la succube arrendevolezza di sempre. Ma forse, questa volta, con il segreto proposito di rovesciare i ruoli: chi sarà, allora, la serva, e chi la padrona? -
Il Mediterraneo in barca
Che Simenon sia un prodigioso narratore è a tutti noto. Ma forse non tutti sanno che, in particolare fra il 1931 e il 1946, è stato un reporter non meno prodigioso – e singolare.rnrnrn Singolare perché, lungi dal considerarsi un inviato speciale, i suoi reportage li ha scritti ""per sé"""", per viaggiare, per finanziare la sua curiosità. Quella curiosità nei confronti dell'uomo che ha scoperto in sé sin da quando, giovanissimo, lavorava alla «Gazette de Liège»: «Ho sempre colto la differenza fra l'uomo vestito e l'uomo nudo» ha dichiarato. «Intendo dire l'uomo com'è davvero, e l'uomo come si mostra in pubblico, e anche come si vede allo specchio». Così, alla vigilia di ogni viaggio, Simenon andava da un amico caporedattore e gli diceva: «La settimana prossima parto. Le interessano dodici articoli?». Ma proprio perché concepiti in funzione dell'unica attività che gli stesse a cuore, la scrittura – non a caso ha voluto intitolare il volume che li raccoglie «Mes apprentissages» («Il mio apprendistato») –, i suoi pezzi giornalistici non fanno dunque che rivelarci un'altra faccia del Simenon romanziere. Lo dimostra questo resoconto di una crociera compiuta nel Mediterraneo – da Porquerolles alla Tunisia passando dall'Elba, Messina, Siracusa, Malta – a bordo di una goletta: una lunga crociera durante la quale Simenon, che si era ripromesso di capire e descrivere il Mare nostrum, non potrà che confermarsi nella sua vera vocazione, la stessa di Stevenson: raccontare storie."" -
Convalescenza
Col suo tocco elusivo, la prosa scabra di Han Kang sfiora ancora una volta l'orrore senza spiegarlo e ci lascia, attoniti, a contemplare la disturbante malìa del rifiuto di sé.rn«Le due novelle che Adelphi pubblica in Convalescenza tratteggiano ancora situazioni e figure dolenti» - Marco Del Corona, La LetturarnUna donna cerca risposta agli interrogativi che la morte della sorella ha lasciato insoluti: perché, senza un motivo apparente, aveva cominciato a detestarla? Perché, pur essendo in tutto più dotata, si sentiva inferiore a lei? Perché sembrava tenere la vita a distanza, «come se scansasse del cibo dall'odore nauseante»? E nel secondo pannello di questo dittico di racconti un'altra donna, per sfuggire a un'esistenza che la intossica, a poco a poco si trasforma in una pianta: la sua inquietudine si placa, il suo corpo sofferente fiorisce e dà frutti – prima di appassire, forse per sempre. Ci sembra di conoscerle, queste figure femminili che richiamano i motivi e l'aura della Vegetariana, ma non cessano di stupirci per la loro straniata singolarità. Creature dolenti, sedotte dal richiamo dell'autoannientamento come unica forma di difesa dalla violenza insita nel nutrirsi, nel sentire, nel vivere. «Presto, lo so, perderò anche la capacità di pensare, ma sto bene. È da tanto tempo ormai che sognavo questo, poter vivere solo di vento, sole e acqua». Col suo tocco elusivo, la prosa scabra di Han Kang sfiora ancora una volta l'orrore senza spiegarlo e ci lascia, attoniti, a contemplare la disturbante malìa del rifiuto di sé. -
Besprizornye. Bambini randagi nella Russia sovietica (1917-1935)
Finalista Premio Napoli 2020, sezione SaggisticaTra gli orrori di cui la storia del Novecento è stata prodiga, pochi sono paragonabili alla condizione dei besprizornye, come venivano chiamati nella Russia postrivoluzionaria gli innumerevoli bambini e ragazzini rimasti orfani in seguito alla guerra, alla guerra civile o alla carestia. Stimati tra i sei e i sette milioni nel 1922, sporchi, vestiti di stracci, vagavano da soli o in gruppi per le città e le campagne in cerca di cibo, spostandosi nel paese aggrappati alle balestre sotto i vagoni dei treni, trovando riparo dal gelo negli scantinati delle stazioni o dentro i cassonetti, spinti dalla fame a un crescendo di aggressività e violenza che arrivava fino al cannibalismo. Né potevano offrire un’alternativa a quella vita gli orfanotrofi pubblici: strutture, in tutto simili ai lager dove bambini scheletrici giacevano ammassati in condizioni spaventose. E se negli anni Venti il problema viene studiato sul piano sociale, politico, giudiziario, psicologico ed educativo, in seguito saranno imposti il silenzio e la censura da parte di uno Stato che non può certo ammettere un simile sfacelo nel ""paradiso"""" della società sovietica. Negli ultimi trent'anni il fenomeno è tornato oggetto di analisi e rigorose ricerche storiche. Ma solo Luciano Mecacci è riuscito, grazie a testimonianze dirette e documenti dell'epoca spesso trascurati, a offrirne una ricostruzione completa anche dall'interno, calandosi – e calandoci – nell'abisso umano dei protagonisti di vicende che possono sembrare, oggi, semplicemente inverosimili."" -
In difesa del cibo
«Michael Pollan è un genere particolare di scrittore. Nei suoi libri non si trovano ricette per il boeuf bourguignon o il perfetto soufflé. Si preoccupa del vasto background delle odierne abitudini alimentari, e dell'enorme business da molti miliardi di dollari che è diventata l'agricoltura – agribusiness, come oggi viene chiamato ... Pollan è acutamente consapevole della spaccatura che nel nostro tempo si è aperta fra i cicli naturali del mondo animale e vegetale e la cultura dell'avidità e dell'eccesso a cui abbiamo permesso di dominare la nostra vita, almeno nel mondo industrializzato. Si preoccupa in particolare della misura in cui noi, in quello che viene comunemente chiamato l'Occidente, abbiamo permesso a noi stessi di diventare ""ortoressici"""", cioè """"persone con una malsana ossessione per il mangiare salutare"""". Fa notare che questa ossessione, provocataci da un lato dalle forze di mercato e dall'altro dai nutrizionisti, ha avuto come risultato un aumento dei fattori che contribuiscono a una cattiva salute.» (John Banville)"" -
Antichi maestri
«Abietto, ridicolo, orrendo, sgradevole, insopportabile, ripugnante, disgustoso, ignobile, abominevole: sono questi gli aggettivi che ricorrono sulla bocca di Reger quando parla del mondo e della vita, della società e degli uomini, della cultura e dell'arte. Sì, anche di quell'arte che egli conosce come pochi, forse come nessuno, e nella quale ha sempre cercato la propria salvezza, ma che anche nelle sue espressioni più eccelse (i ""capolavori"""" dei Grandi Maestri) si è rivelata un rimedio illusorio. """"Antichi Maestri"""" uscì nell'85, quattro anni prima della morte di Bernhard. Come in tutti gli altri suoi libri, anche in questo una cosmica nausea si abbatte come una lava su tutto e su tutti, uomini e istituzioni, cultura e società, e soprattutto sull'universale trionfo del kitsch nel pensiero e nell'arte» (Ruggero Guarini)."" -
La vegetariana
«È tutt'altro che un'opera ascetica: è un romanzo pieno di sesso ai limiti del consenziente, di atti di alimentazione forzata e purificazione – in altri termini di violenza sessuale e disordini alimentari, mai chiamati per nome nell'universo di Han Kang ... Il racconto di Han Kang non è un monito per l'onnivoro, e quello di Yeong-hye verso il vegetarianesimo non è un viaggio felice. Astenersi dal mangiare esseri viventi non conduce all'illuminazione. Via via che Yeong-hye si spegne, l'autrice, come una vera divinità, ci lascia a interrogarci su cosa sia meglio, che la protagonista viva o muoia. E da questa domanda ne nasce un'altra, la domanda ultima che non vogliamo davvero affrontare: ""Perché, è così terribile morire?""""». («The New York Times»)"" -
La mente del corvo
Unendo al rigore scientifico un delizioso senso dell'umorismo e soprattutto la brillantezza dello stile, Heinrich ci racconta in pagine animate da un contagioso entusiasmo quelli che, alla fine di questo libro, non vedremo più come semplici uccelli, bensì come esseri viventi sommamente espressivi, in grado di comunicare emozioni, intenzioni e aspettative - e che si comportano come se ci capissero.«È una cronaca scientifica, ma anche un compendio di tutto il sapere sui corvi, compreso quello aneddotico» - Giulia Villoresi, Il VenerdìrnSolo una buona dose di follia può aver spinto Bernd Heinrich a intraprendere la ricerca da cui è nato questo libro sulla mente di una delle creature più straordinarie del pianeta, il corvo imperiale (Corvus corax), l'«uccello-lupo» dei popoli nordici. Per verificare la diffusa credenza, comune a tutte le culture, che i corvi abbiano una intelligenza prodigiosa (per Tucidide erano abbastanza scaltri da non cibarsi di animali morti di peste, e Plinio descrisse il modo ingegnoso in cui riuscivano a bere da un recipiente col collo troppo stretto gettandovi dentro pietruzze per innalzare il livello dell'acqua), Heinrich, poco incline a rimanere nel chiuso di un laboratorio, ha infatti condotto una avventurosa serie di esperimenti e di osservazioni sul campo, vivendo in solitudine nei boschi, arrampicandosi sugli alberi ad altezze vertiginose, e spingendosi a fare da padre adottivo a giovani corvi prelevati dal nido ancora implumi. L'esito è un'indagine che del corvo ci svela tutto: dal comportamento sociale alla sfera affettiva, dalla capacità di riconoscimento individuale alle paure, dai giochi all'alleanza con predatori intelligenti e pericolosi come i lupi. -
Divagazioni e garbuglio
«Un volume molto ben curato in ogni dettaglio» – RobinsonrnGrande saggista Gadda lo è sempre stato: sin dal 1927, quando è apparsa su «Solaria» l'""Apologia manzoniana"""", magnifica lettura dei Promessi sposi (e del «barocco lombardo», alla luce di Caravaggio) che rivela - come è stato scritto - una «profonda connivenza sotto la scorza delle apparenti antinomie». E a quotidiani e riviste Gadda ha poi continuato a collaborare, per soddisfare una passione vorace che si rivolgeva ai vient de paraître (Paul Morand, Gianna Manzini, una nuova traduzione commentata del Faust, Bacchelli, Montale, Palazzeschi, Giorgio Pasquali) non meno che ai maestri venerati (Porta e Belli, oltre a Manzoni), alla questione della lingua, alla pittura e al teatro (De Chirico, De Pisis, Crivelli, ?echov, la """"Mandragola"""" di Machiavelli), alla scienza e alle tecniche. Il problema è che i suoi saggi brevi (o entretiens, come li definiva), frutto com'erano di un'accanita documentazione, di una tormentosa elaborazione, di un'ossessiva ricerca linguistica, non potevano che divergere «dalle linee più accreditate». E gettare nel panico, con la loro esorbitante lunghezza e il loro fulgore 'barocco', i direttori dei quotidiani, restii a pubblicare pezzi destinati a chi non volesse ritrovarsi scodellate «le tre sole ideuzze che ha in testa, in una lingua da famiglia Brambilla a tàvola». «Gadda ha la mano pesande, la mano pesande» pare dicesse Croce. E a Gadda, esulcerato e oppresso dalle strettezze, non restava che prendersela con Buzzati, star del «magno """"Corriere""""»: «Kafka + Landolfi irrancidito ... e noioso, e inconcludente, e bischero». Quella «mano pesande» era in realtà avversione profonda per le «edificanti frottolazioni» con cui si maschera la verità, per la «lindura faraonizzata» di una 'monolingua' vereconda e benpensante - ricerca dello «stile necessario», obbedienza alle sollecitazioni di una «gnosi propria»."" -
Nietzsche, il politeismo e la parodia
Nella sterminata serie di esegeti di Nietzsche che si sono susseguiti, Klossowski ha qualcosa di unico: per l'irriducibile libertà, per la capacità rabdomantica con cui si inoltra negli ingannevoli meandri degli scritti di Nietzsche. Qui con gesto risoluto sgombera subito il campo da banalizzanti interpretazioni tanto diffuse quanto fuorvianti - come quella «erronea del ""superuomo"""" deliberatamente separata dal suo corollario della dottrina dell'eterno ritorno» -, perché occorre innanzitutto «liberare l'esperienza che porta il nome di Nietzsche sia dal suo contesto storico sia dalle malversazioni di cui è stata fatalmente oggetto presso la posterità», l'inevitabile prezzo che doveva pagare «un'anima condotta all'incandescenza». E incandescenti sono anche queste pagine di Klossowski, in una lettura di Nietzsche dove s'intrecciano il recupero della dimensione mitica, il legame di reversibilità tra verità e finzione, la tensione tra il poeta, il filosofo e il profeta. Una lettura contrassegnata dalla complicità e dalla piena identificazione con un aforisma della Gaia scienza: «Noi senza patria siamo per razza e provenienza troppo multiformi e ibridi» - vale a dire, precisa Klossowski, «troppo legati a tutto ciò che da sempre è stato vissuto e provato in diversi luoghi; insomma troppo ricchi e quindi troppo liberi per poter rinunciare a questa ricchezza e a questa libertà in favore di un'appartenenza concretamente determinata dal tempo e dallo spazio».""