Sfoglia il Catalogo ibs010
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 4841-4860 di 10000 Articoli:
-
La lettera
Né il marito, membro influente della colonia britannica di Singapore, né tanto meno l'avvocato pensano che sarà difficile far assolvere la bella Leslie Crosbie dall'accusa di omicidio: lei si è solo difesa da un tentativo di stupro. Ma qualcosa non va, e qualcuno ha in mano una lettera che potrebbe esserle fatale. Da questo racconto di sottile crudeltà (che lo stesso Maugham adattò per il teatro) sono stati tratti ben cinque film, fra cui lo splendido ""Ombre malesi"""", di William Wyler (con Bette Davis e Herbert Marshall), che nel 1941 ricevette sei candidature agli Oscar - fra le altre, quelle per il miglior film e la migliore attrice protagonista."" -
Ehi, prof!
Negli anni Cinquanta, i cieli delle città americane (e anche gli schermi dei relativi cinema) pullulavano di oggetti volanti non identificati. L'oggetto che il primo giorno di scuola attraversa il cielo della classe, sotto gli occhi attoniti del professor Frank McCourt, è invece identificabilissimo: un panino che l'immancabile mamma italiana ha farcito, a beneficio del suo pupo, con peperoni, cipolla, formaggio fuso e mortadella. Se la prima inquadratura del libro risulta quantomeno inattesa, l'epilogo della sequenza, con il professore che raccoglie il panino e lo mangia lentamente davanti alla scolaresca annichilita, è destinato a restare. E a farci vivere il clima delle trentamila ore di lezione (cifra dell'autore) che McCourt terrà, nei tre decenni successivi, in varie scuole - tecniche e non - sparse tra Brooklyn, Manhattan e Staten Island. -
Il brigante
Karl Moor, il protagonista dei ""Masnadieri"""" di Schiller, era l'eroe preferito del piccolo Robert Walser: e proprio travestito da Karl lo ritrae, quindicenne, suo fratello. Probabilmente, dunque, non è un caso se il romanzo ritrovato fra le carte lasciate dallo scrittore (quei """" microgrammi """" di assai problematica decifrazione) riprende il titolo del dramma di Schiller: """"Die Rauber"""". Più che un eroe, però, il brigante che qui si racconta è un antieroe, uno che vivacchia ai margini della buona società di Berna, corteggiando una cameriera di nome Edith, e lasciandosi corteggiare da tutta una serie di signore, che lo vorrebbero o per sé o per le proprie figlie. Quando Edith deciderà di sposarsi, il Brigante le rimprovererà dal pulpito di preferire a lui un uomo mediocre; e lei gli sparerà ferendolo leggermente. Una volta ricaduta l'ondata dei pettegolezzi, ecco il nostro Brigante che, insieme a uno scrittore di professione, si mette a raccontare la propria versione della vicenda. Ed è qui che comincia il vertiginoso gioco di rispecchiamenti fra colui che narra e colui che è narrato, fra lo stesso Robert Walser e il suo Brigante."" -
Vita di Samuel Johnson
Marcel Schwob ha scritto che se Boswell fosse riuscito a concentrare in dieci pagine la sua monumentale ""Vita di Samuel Johnson"""", avrebbe dato alla luce l'opera d'arte tanto attesa. Quasi raccogliendo la sfida, Giorgio Manganelli scrisse nel 1961 questo trattatello, che rappresenta una 'biografia sintetica' e insieme un ritratto collettivo dove - sullo sfondo di una Londra torva e sordida, ma amatissima - accanto a Johnson figurano i suoi più cari amici: Richard Savage, scrittore fallito, sregolato e ribaldo, Topham Beauclerk, ilare e irresponsabile libertino, e naturalmente James Boswell, autore di un """"calco letterario fedele fino alla allucinazione"""" del modo di essere del Dottore. Uomini dalla prensile passionalità, capaci di offrirgli un'immagine già vissuta e intellettualizzabile dell'esistenza: l'ideale per lui, che ambiva a essere """"esperto e incorrotto"""". Ma il Johnson di Manganelli è ancora di più: il primo eroe di una civiltà di massa, un divo ammirato e amato per il fatto stesso di esistere, di conglomerare con la sua bizzarria e la sua sarcastica conversazione ascoltatori e spettatori. Ed è, anche, un perturbante alter ego, soprattutto laddove di Johnson appare nel lato più segreto: la malinconia, l'ipocondria, l'infelicità, fieramente combattute con il lavoro, con """"i doveri dell'intelligenza, presidio della chiarezza interiore e dunque della moralità""""."" -
Le meraviglie di St. Urbain Street
Chi ha di Mordecai Richler l'immagine di un narratore irresistibile e torrenziale (irresistibile anche perché torrenziale) deve metterla da parte. Da vero epigono di razza del cabaret yiddish, Richler sapeva perfettamente come allestire un one man show, cioè come scrivere e interpretare un breve monologo che sotto l'ombrello di una comicità viscerale e inarginabile disegnasse, attraverso le vicissitudini e i tic di un personaggio, tutto un mondo. Non è dunque un caso che nel 1969, a metà circa della sua carriera, abbia deciso di prendersi una vacanza, e raccontare daccapo le storie del suo quartiere a Montreal, solo in una forma più diretta e confidenziale, lasciando cioè che si sovrapponessero e si intrecciassero così come, in apparenza, gli venivano in mente. Ecco perché in queste pagine si mischiano, con la massima libertà possibile, una disamina delle catastrofiche ripercussioni di un pezzo di ""Time"""" sulla vita quotidiana di St. Urbain Street, una divagazione sull'uso """"privato"""" delle cabine telefoniche pubbliche e un manualetto sul sesso redatto da un cultore della materia assai vicino a molti lettori: Duddy Kravitz. Per capire di chi è questo libro, e cosa offra, basterebbe insomma aprirlo a caso, senza neppure guardare la copertina."" -
La creazione
Il ruolo delle formiche nella biosfera - dice Edward Wilson - è così importante che l'umanità forse non potrebbe sopravvivere senza di esse. Ma l'umanità, prigioniera della propria strategia arcaica della sopravvivenza a breve termine, è ancora troppo concentrata su se stessa e sui propri bisogni, e sta distruggendo la natura con la forza di un meteorite. Entro la fine del secolo, metà di tutte le specie potrebbero essere definitivamente uscite di scena. Avrà allora inizio quella che potrebbe venire ricordata un giorno come l'Era eremozoica - l'Età della Solitudine. I costi materiali e spirituali per le generazioni future rischierebbero di essere sbalorditivi, ma a scongiurare tutto questo non bastano mere considerazioni utilitaristiche. Per risultare realmente efficace, la strategia di conservazione deve tentare di collegare l'approccio razionale tipico della scienza con quello più emotivo e spirituale offerto dalla nostra innata ""biofilia"""", tendenza che permane, seppure atrofizzata, persino nei bozzoli artificiali in cui scorre la nostra esistenza urbana e che potrebbe diventare il fondamento di una nuova etica. Wilson per la sua perorazione ha scelto la singolare forma di una lettera indirizzata a un immaginario uomo di chiesa, nella speranza che religione e scienza, """"le forze più potenti nel mondo di oggi"""", possano incontrarsi """"al di qua della metafisica"""" per salvare il futuro della vita sulla Terra."" -
La Folie Baudelaire. Ediz. italiana
Al centro di questo libro si trova un sogno, l'unico che Baudelaire abbia raccontato. Entrare in quel sogno è immediato, uscirne difficile, se non attraversando un reticolo di storie, di rapporti e di risonanze che coinvolgono non solo Baudelaire ma ciò che lo circonda. Dove spiccano due pittori di cui Baudelaire scrisse con stupefacente acutezza: Ingres e Delacroix; e due altri che solo attraverso Baudelaire possono svelarsi: Degas e Manet. Secondo Sainte-Beuve, perfido e illuminato, Baudelaire si era costruito un ""chiosco bizzarro, assai ornato, assai tormentato, civettuolo e misterioso"""", che chiamò """"la Folie Baudelaire"""" (folies era il nome settecentesco di certi padiglioni dedicati all'ozio e al piacere), situandolo sulla """"punta estrema del Kamcatka romantico"""". Ma in quel luogo desolato, in una terra ritenuta dai più inabitabile, non sarebbero mancati i visitatori. Anche i più opposti, da Rimbaud a Proust. Anzi, sarebbe diventato il crocevia inevitabile per ciò che apparve da allora sotto il nome di letteratura. Qui si racconta la storia, discontinua e frastagliata, di come """"la Folie Baudelaire"""" venne a formarsi e di come altri si avventurassero a esplorare quelle regioni. Un storia fatta di storie che tendono a intrecciarsi, e per alcuni decenni ebbero come sfondo le stesse strade di Parigi."" -
La moneta di ferro. Testo spagnolo a fronte
Nel 991, l'esiguo drappello di sassoni scampato a un attacco vichingo sulle coste dell'Anglia orientale decide di non sopravvivere al suo signore caduto in battaglia; solo Werferth, il cantore, fuggirà, per tramandare la memoria di quel giorno: ""li vide perdersi nella penombra del giorno e delle foglie, ma alle sue labbra già affiorava un verso"""". Così Borges, appassionato cultore della """"germanistica d'Inghilterra e d'Islanda"""", immagina si sia svolta la storica battaglia di Maldon. E il gesto di Werferth, deciso a salvare quel che il """"vento del tempo"""" travolge, potrebbe essere l'insegna della """"Moneta di ferro"""", che, pubblicato nel 1976, raduna poesie (oltre a due testi in prosa) redatte nell'arco di un anno, a ridosso di eventi decisivi: la scomparsa della madre, dolorosa ma liberatoria, la felicità di un amore corrisposto, il lungo soggiorno a East Lansing, nel Michigan, insieme a Maria Kodama, la caduta di Isabelita Perón."" -
La storia di un matrimonio
"Crediamo tutti di conoscere le persone che amiamo"""": così Pearlie Cook comincia a raccontarci gli incredibili sei mesi che sono stati, per il suo matrimonio, una sorta di inesorabile lastra ai raggi X. Siamo nel 1953, in un quartiere appartato e nebbioso di ex militari ai margini di San Francisco, e tutto nella vita dei Cook parla ancora della guerra: la salute cagionevole di Holland, i ricordi tormentati di lei, le loro abitudini morigerate e un po' grigie. Una vita per il resto normalissima, come sottolinea la voce ammaliante di Pearlie - mentre la sua testa scoppia di pensieri che forse, via via che si disvelano, preferiremmo non ascoltare. Eppure li leggiamo con avidità, rassicurati dal fatto che lei, palesemente, ha intenzione di dirci proprio tutto. Perché, allora, ci sentiamo invadere da un'ansia arcana, da un senso di vertigine e di smarrimento, come davanti a certe atmosfere torve di Edgar Allan Poe? Non solo per il susseguirsi di colpi di scena che ci avvincono a ogni riga sino a condurci all'unico finale davvero imprevedibile. Non solo per l'uomo venuto dal passato, per la lettera che colpisce come un pugno, per i terribili segreti che si dischiudono a uno a uno... Sarà allora per la dolorosa lucidità con cui la narratrice riesce a indagare la distanza che separa ciascuno di noi dagli altri? O perché a ogni pagina ci chiediamo: come fa Pearlie a sapere tutte queste cose - di noi?" -
Il topo e suo figlio
Dal banco di un negozio di giocattoli, dove stavano accanto ad amabili elefantesse e foche meccaniche, il topo e suo figlio precipitano in un immondezzaio di periferia. In piedi l'uno di fronte all'altro e con le mani congiunte, coltivano nei loro minuscoli corpi di latta il sogno di autoricaricarsi per sfuggire alla dipendenza dal mondo. Ma la vita li trascinerà in un turbine di avventure terrorizzanti. Questa favola, come sempre le vere favole, incanta i bambini - grandi esperti di suspense - per dire a tutti cose terribili e meravigliose. -
Nel paese dei ciechi
Sperduto nelle Aride, Nunez viene accolto da una comunità i cui membri sono tutti ciechi. Confuso dalla vita laboriosa e dai sensi fìnissimi dei suoi ospiti, dovrà destreggiarsi fra il proprio senso di superiorità e la loro remota saggezza: anche perché i ciechi si sono prefìssi di guarirlo a tutti i costi dalla sua inspiegabile, perversa ossessione per la vista. Con una nota di Sandro Modeo. -
La paga dei soldati
Non sempre un'opera prima segna la nascita di uno scrittore. Ma se si tratta di William Faulkner, e se la materia del romanzo ha il sapore di un regolamento di conti, o di un risarcimento, il miracolo può avvenire. Quando ""La paga dei soldati"""" esce per la prima volta, nel 1926, Faulkner ha trascorso gli otto anni dalla fine della Grande Guerra raccontando episodi del conflitto; e l'impressione che il lettore comune ricava dal libro è che il suo protagonista, il tenente Donald Mahon, sia un alter ego dell'autore. Così non è, dal momento che Faulkner, scartato dall'aviazione americana per un problema di centimetri e poi arruolatosi sotto falso nome in quella canadese, non aveva fatto in tempo a partire per l'Europa prima dell'armistizio: dunque non era stato, come Mahon, orribilmente ferito in combattimento, né aveva dovuto attraversare una tormentosa convalescenza affidandosi alle cure di tre donne la sensuale fidanzata Cecily, """"insincera come un sonetto francese"""", la governante Emmy, sua amante anni prima per una sola notte, e la giovane vedova Margaret Powers. Il dolore e le passioni di Mahon - o di quanto resta di lui si trasformano così in quell'urlo che di Faulkner diverrà più tardi l'emblema: e in un magnifico furore che investe le passioni e le miserie di un intero microcosmo, su su fino alla """"muta cacofonia dorata delle stelle""""."" -
Nanna o L'anima delle piante
Nel 1848, l'anno delle rivoluzioni, Gustav Theodor Fechner, fisico e filosofo, contesta audacemente la rigida gerarchia che colloca gli esseri viventi - uomini animali e piante - su una scala discendente, dai superiori agli inferiori, ponendo questi ultimi al servizio dei primi: ""Perché non ci dovrebbero essere, oltre le anime che camminano, gridano, mangiano, anche anime che silenziosamente fioriscono e spandono odori?"""". Muovendo dalla concezione panpsichista dell'universale animazione della natura, Fechner procede attraverso osservazioni scientifiche, confutazioni logiche e, all'occasione, provocazioni: in fondo anche """"le piante si nutrono degli uomini e degli animali"""", ovvero dell'anidride carbonica prodotta dai polmoni e degli effetti della decomposizione. Ma il suo intento non è sovvertire, bensì ricondurre a unità. Acquistano allora sommo valore l'analogia, la poesia come strumento di conoscenza, come """"natura che si fa strada attraverso le idee di cui l'istruzione ci ha artificialmente imbevuti"""". E il lettore, irretito dalla profondità speculativa, dalla preveggenza scientifica, dalla nitidezza di questo libro, non potrà non riconoscere in Fechner uno dei più grandi tra quei filosofi romantici della natura che avrebbero avuto una decisiva influenza, per esempio su Jung."" -
Maigret e il barbone
Di solito non si ammazzano i poveracci, Maigret lo sa. Eppure qualcuno ha massacrato di botte e poi scaraventato nella Senna un inoffensivo barbone che viveva sotto un'arcata del pont Marie. Per fortuna un battello fiammingo diretto a Rouen con un carico di ardesia era ormeggiato lungo il quai des Célestins, e l'imponente Jef van Houtte l'ha coraggiosamente ripescato, salvandogli la pelle. Certo, François Keller detto il ""dottore"""" è uno strano barbone, l'eccezione che conferma la regola, insomma. La padrona del Petit Turin, il bistrot dove andava a rifornirsi di vino, sostiene che l'ha miracolosamente guarita. Ma c'è di più: ha una moglie che vive addirittura sull'Île Saint-Louis e frequenta l'alta società, e una figlia, Jacqueline, che ha sposato un Rousselet, quelli dei prodotti farmaceutici. Cosa può averlo mai spinto ad abbandonare dall'oggi al domani la famiglia e una professione che amava, lasciandosi dietro solo una lettera? È nel suo oscuro passato che va cercata la chiave del tentato omicidio? Dai tempi del cavallante della Providence Maigret non si trovava di fronte a un così perturbante passage de la ligne, e questo caso lo appassiona come non mai. Nel suo letto d'ospedale, Keller lo scruta senza dire una parola. Eppure il commissario ha l'impressione di capirlo: appartiene alla gente perbene, ama l'ordine e il decoro, ma conosce l'altra faccia del mondo, gli emarginati, gli scarti, i nemici della società. E, incredibilmente, ne comprende il linguaggio segreto."" -
Storie
Quando apparvero queste Storie, nel 1914, un giovane recensore, Robert Musil, mise subito in guardia i lettori. ""Uomini di spirito positivo e donne dotate di forte caritas troveranno queste trenta piccole storie un po' troppo giocose. Ad esse sarà rimproverato di non dimostrare alcun carattere, di essere capricciose, di gingillarsi con la vita, anzi magari di non avere cuore e di lasciarsi impressionare da quella sbalorditiva determinazione con cui l'insignificante, per esempio una panchina in un giardino, talvolta occupa il suo posto nel mondo"""". Con quella ironica precisione che era per lui la socia inseparabile dell'anima, Musil ha accennato qui alla peculiarità di Robert Walser in un genere letterario, la """"prosa breve"""", in cui oggi lo riconosciamo maestro. Ma le Storie non contengono soltanto campioni dìsparati di """"prose brevi"""": almeno due testi, Kleist a Thun, e La battaglia di Sempach hanno una perfetta misura dei racconti. Il primo, nella sua tensione, quasi insostenibile, è forse l'unico testo del nostro secolo che sembra proseguire il Lenz di Bùchner; il secondo è una visione grandiosa, dove il sangue sgorga da araldici fantocci e il cozzare delle armi si blocca in un sospeso miraggio. Ma dietro la giocosità di Walser, dietro l'ingiustificata euforia che a tratti erompe nel le sue pagine, c'è qualcosa di immediatamente oscuro e delicato."" -
Un anno degno di essere vissuto
Nel settembre del 1943 Dante Isella, poco più che ventenne, attraversa fortunosamente il confine italo-svizzero, e nel gennaio dell'anno successivo approda a Friburgo, dove già è insediata una piccola comunità di esuli, oltre che dall'Italia della disfatta, dalla Francia di Pétain e dalla Spagna di Franco. Al suo bisogno di ""verità minime, ma certe"""", di maestri capaci di iniziarlo a """"idee e strumenti con i quali riprendere da capo una storia tragicamente deragliata sui binari dell'inganno e dell'odio"""" risponde come per miracolo l'incontro, nelle aule universitarie, con un giovane filologo romanzo. È un'improvvisa rivelazione, e una grande frustata: con la generosità del suo temperamento mercuriale e di una cultura portata con signorile disinvoltura - in cui già fermenta la lezione della stilistica spitzeriana, dello strutturalismo saussuriano e della critica d'arte di Longhi -, Gianfranco Contini seduce i suoi allievi, li trasporta nell'atmosfera tesa, rarefatta dove si va preparando un'operazione di radicale novità: quella ricongiunzione di filologia e critica che avrebbe permesso di """"riuscire postcrociani senza essere anticrociani"""". Nell'arco di un anno - cui in qualche modo riconducono, come a un nucleo essenziale, tutti gli scritti qui riuniti matura una vocazione e, insieme, una linea di ricerca che, dalla metà degli anni Cinquanta, darà frutti (dagli studi su Dossi alle edizioni di Porta, Parini, Gadda, Manzoni) destinati a lasciare il segno."" -
Signore e signori
Una serie monologhi scritti per la televisione, trasmessi dalla BBC nel 1987 e affidati all'interpretazione di grandi attrici inglesi, da Julie Walters a Maggie Smith. La comicità di Bennett si sprigiona solitamente da situazioni apparentemente dimesse, ma in questa occasione è andato molto oltre, strappando il massimo di ilarità a un pretesto, anche scenico, ridotto al minimo. E pur essendo, di fatto, una forma a sé, questi monologhi costituiscono la migliore introduzione possibile al mondo di Bennett, dove le leggi della logica prima o poi si incagliano su un dettaglio incongruo, finendo per ritorcersi contro chi cercava di applicarle. -
Le campane di Bicêtre
Quando comincia a riprendere conoscenza in una delle uniche due camere singole dell'ospedale di Bicétre, Rene Maugras, direttore del principale quotidiano parigino, di quanto è avvenuto la sera precedente ricorda poco o nulla: sa che era a cena, come ogni primo martedì del mese, nella saletta privata del Grand Véfour (uno dei più antichi ristoranti della capitale, e anche uno dei più esclusivi) con un gruppo di amici i quali, come lui, possono considerarsi a giusto titolo, ciascuno nel proprio campo, dei personaggi molto, molto importanti - degli uomini arrivati, come si dice. A un certo punto era andato alla toilette, e lì (come scoprirà più tardi) lo avevano trovato, privo di sensi, un quarto d'ora dopo. Sa quindi di essere vivo, e dai luminari convocati al suo capezzale si sente dire che guarirà, che ricomincerà a muovere il braccio destro, che potrà di nuovo parlare. Ma Rene Maugras sa anche un'altra cosa: che non gli importa. A poco a poco, attraverso il groviglio di pensieri gli affollano la mente, si fa strada una domanda: ""A che scopo?"""". A che scopo essere diventato un personaggio importante, a che scopo essersi dato tanto da fare - a che scopo vivere, in definitiva? Mentre tutti si chiedono che cosa gli passi per la testa, Maugras, con la lucidità di una solitudine interiore spogliata da ogni maschera, fa un bilancio impietoso della propria esistenza, interrogandosi sul senso di quanto hanno fatto lui e quelli come lui per per diventare ciò che sono."" -
Friedrich Hölderlin. Vita, poesia e follia
Quando, intorno al 1822, il diciottenne Wilhelm Waiblinger comincia a frequentarlo, Hölderlin vive ormai da oltre vent'anni recluso nella ""Torre"""" in riva al Neckar, obnubilato, isolato dal mondo - non è più, insomma, """"da considerarsi tra i vivi"""". Va su e giù come """"le fiere ... nelle loro gabbie"""", suscitando in Waiblinger un brivido di orrore, recita giorno e notte un monologo incessante, e rivolge ai rari ospiti un profluvio di parole sconnesse in una lingua inventata. Mosso da un'ardente devozione, Waiblinger scruta con amorevole pietas la vita quotidiana del poeta, ma, soprattutto, riesce a penetrarne il delirio, parlando con lui di poesia, di musica e del passato, facendo in sua compagnia lunghe e rasserenanti passeggiate in riva al fiume o nella pace delle vigne. Di questa intensa frequentazione Friedrich Hölderlin, che Waiblinger scrisse tra il 1827 e il 1828 in Italia - dove si era trasferito per sfuggire alla miseria e all'autodistruzione -, è il frutto: un ritratto fra novella romantica e dramma del destino, in cui il lettore troverà delineati la giovinezza di Hölderlin e i suoi studi, le passioni e gli amori infelici (come quello per Susette Gontard, la sua Diotima). Ma, al tempo stesso, molto di più: Waiblinger fu il primo a intuire la grandezza di Hölderlin, a cogliere il valore dei suoi manoscritti, a interrogarsi sul tormentato processo della sua scrittura, sicché questa testimonianza assume il peso di un precoce, essenziale gesto di fondazione critica."" -
David Golder
"'David Golder' è un libro che gronda odio, soprattutto verso il denaro e tutto ciò che può essere trasformato in denaro, oggetti e sentimenti, e verso le forme infinite che il denaro può assumere. Oggi, non ci rendiamo conto di cosa sia stato il denaro nel diciannovesimo secolo, o nella prima parte del ventesimo: una fiamma ardentissima, una colata di sangue disseccata, sbarre d'oro sciolte e di nuovo pietrificate. Diventava eros, pensiero, sensazioni, sentimenti, fango, abisso, potere, violenza, furore, come nella Comèdie humaine ... 'David Golder' è un libro durissimo e secchissimo, che incide di continuo terribili ritratti, che in parte ricordano la memorialistica e la tradizione aforistica francese."""" (Pietro Citati)"