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Il cammino semplice
«Il frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l'amore. Il frutto dell'amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace». È questo il ""cammino semplice"" seguito da Madre Teresa e dalle Sorelle della Carità, un percorso in cinque tappe che rappresenta la direzione e lo scopo del suo lavoro compiuto tra i più poveri di Calcutta; ma anche un itinerario che ciascuno di noi può percorrere all'interno del proprio cuore per imparare a pregare con più sincerità, ad amare con più intensità e a offrirsi in modo più totale agli altri. Un sentiero che porta a creare la pace in noi stessi e nel mondo, passi che ciascuno può fare - anche se non cristiano, anche se non credente - seguendo le parole della ""santa"" e delle sue consorelle, raccolte in queste pagine: pensieri su cui meditare e suggerimenti pratici da seguire per dare una risposta di gioia e di pace al dolore e al travaglio del mondo contemporaneo. -
Autopsia dell'ossessione
Danilo Pulvirenti è un uomo che ha fatto della sobrietà e dell'intransigenza una regola di vita. Nel chiuso di questo recinto, Danilo è divorato dall'ossessione erotica; ""racconto fondatore e stupido, narrato mille volte ma irrecuperabile e irripetibile"", l'ossessione travolge la realtà sottomettendola a una dimensione mitica. Una ""malattia sacra"" che resta a lungo in incubazione, priva di un soggetto che le permetta di deflagrare: solo quando Danilo è ormai un ricco e maturo antiquario romano, con una vita rassegnata e rispettabile, l'ossessione si incarna. Usando la fotografia come strumento privilegiato, l'ossessione rivendica i propri rudimentali diritti; spezza la fragile unità dell'io e introduce nel mito la figura di un Doppio; un professore con pretese di scrittore, di cui il protagonista pensa di potersi sbarazzare facilmente. Ma questo vecchio calvo dall'aspetto inoffensivo ha dalla sua una diabolica tenacia, sicché il gioco sfugge di mano a Danilo, che finisce per approdare a un'orribile soluzione. Giocando a rimpiattino con l'autobiografia, Walter Siti ci consegna un romanzo nel quale l'ossessione erotica trasmigra dalla fiction per condensarsi in proposizioni teoriche che, tracciando i lineamenti fondamentali degli impulsi più oscuri, ci riguardano tutti. ""Autopsia dell'ossessione"" è l'ultimo atto della trilogia aperta da ""Troppi paradisi"" e da ""Il contagio"". -
La luce è come l'acqua e altri racconti
La luce è come l'acqua, perché arriva quando si preme l'interruttore, proprio come l'acqua quando si apre il rubinetto. Basta rompere una lampadina per avere uno zampillo di luce dorata e fresca, che riempie la casa tanto da poterci navigare. Un'antologia di racconti in grado di offrire ai ragazzi e agli adulti la possibilità di incontrarsi da pari a pari, affrontando insieme il mare della grande letteratura. Età di lettura: da 11 anni. -
Tutti in bici! Sicuri in strada con il sergente Multa. Vol. 1
Un modo insolito, facile e divertente per avvicinare i bambini al rispetto delle regole stradali e alla conoscenza dell'educazione stradale. Un libro di istruzioni che diventa un gioco continuo per divertirsi a pedalare e passeggiare in tutta sicurezza in compagnia degli allegri personaggi di Scarry. Età di lettura: a 3 anni. -
Un cadavere eccellente
Giorno di San Giuseppe, in Sicilia. In un paese strano ed enigmatico sperduto nell'interno dell'isola, dove il passato più arcaico continua a vivere, alcune ragazze interpretano la sacra rappresentazione. In quello stesso giorno, a Catania, in Piazza Duomo, un noto senatore viene ritrovato morto ammazzato. Ma chi era il senatore? E cosa lo legava a quelle ragazze nascostamente devote al culto pagano di un'antica e orgiastica signora? Femmine folli. Così le ha chiamate il professor Sanesi, studioso del folclore locale. E non sono le sole, il paese ne è pieno: mastre e lavoranti di merletti, nobildonne frustrate, magare capaci di leggere il destino nelle carte, madri che hanno offerto le figlie bambine agli arabi invasori. Sarà per l'eco di quei fatti lontani, per l'onnipresente atmosfera di magia nera e di mistero, ma nell'aria permane un odore di marcio che neppure la primavera riesce a lavare. Maria Laura Gangemi, lo ""sbirro femmina"" a cui è affidata l'inchiesta sulla morte del senatore, si trova casualmente ad assistere alla processione di San Giuseppe... sarà lei, a suo modo ""femmina folle"", a districarsi tra dicerie e menzogne. Il risultato sarà amaro, al di là delle peggiori previsioni. -
Tutte le poesie
Dal libro d'esordio del 1951, ""Dietro il paesaggio"", fino al recentissimo ""Conglomerati"", questo volume raccoglie l'intera produzione di Andrea Zanzotto, maestro della poesia italiana del secondo novecento. Il silenzio della natura e le violenze della storia, l'ordine e il disordine, la scienza, il sacro, i saperi umani: nella sua straordinaria parabola linguistica la poesia di Zanzotto attraversa i grandi interrogativi della società occidentale e li traduce in un messaggio di speranza e di lode alla realtà. L'analitica introduzione di Stefano Dal Bianco guida il lettore alla scoperta delle tappe fondamentali di questo percorso poetico. Un percorso a spirale: ""Per quanto la curva si allarghi fino a comprendere l'universo mondo, ogni suo punto è in rapporto costante con l'origine, con un luogo - Pieve di Soligo - e con un libro - ""Dietro il paesaggio"""". -
Romanzi. Vol. 2
L'opera di Zola è sterminata; la nuova edizione dei Meridiani - diretta e curata da Pierluigi Pellini, comparatista e francesista dell'università di Siena - ne propone i romanzi più significativi in traduzioni quasi tutte nuove o comunque rivedute per questo progetto dai loro autori e condotte - con criteri condivisi - da traduttori di prestigio. Altro elemento importante di novità è l'utilizzo, negli apparati, dei materiali manoscritti da poco integralmente disponibili in francese. In questo secondo volume, tre grandi romanzi non tra i più noti ai lettori italiani: ""La solita minestra"" (1982), il ""ferocemente allegro"" romanzo di un palazzo, che attacca il cinismo, l'ipocrisia e la corruzione della classe borghese; ""Au Bonheur des Dames"" (1883), dove la nascita trionfale dei grandi magazzini con la conseguente rovina delle botteghe e dei piccoli commercianti, il mutamento urbanistico della Parigi haussmanniana fanno da sfondo a una storia d'amore insolitamente a lieto fine; ""La gioia di vivere"" (1884), romanzo sul dolore e sulla bontà umana incarnati in personaggi indimenticabili, dove trova spazio ed espressione anche l'amore di Zola per gli animali. -
Vita e morte di un ingegnere
A cosa serve un padre? E cosa resta di lui se non un mito? C'era una volta un'Italia attiva e industriosa, attraverso cui scorrazzavano sulle loro Alfa Romeo uomini di multiforme ingegno: gli imprenditori. L'ingegner Albinati era uno di questi, prototipo di una razza al tempo stesso serissima e scanzonata, di pionieri del benessere e fumatori accaniti. Ma la sua spinta vitale all'improvviso cambia di segno trasformandosi in malattia, che lo divora e se lo porta via in nove mesi, in una paradossale gestazione al contrario. ""Vita e morte di un ingegnere"" racconta il decadimento fisico e le ossessioni, le vane speranze, e poi tentennamenti, slanci e rimorsi. In una memoria di crudele precisione, nutrita di tutto il risentimento e dell'amore che si può nutrire verso un padre che non hai abbracciato una sola volta in vita tua, Edoardo Albinati ricostruisce la lunga fuga di un uomo talentuoso attraverso i corridoi del boom economico, i doveri della famiglia, le aspirazioni segrete e indicibili, e infine il male che obbliga a chiedersi: chi sono? Cosa ho vissuto a fare? Chi ho amato veramente? Ritrovato il ritratto del padre in frantumi, Albinati ha provato pazientemente a ricomporlo. Inseguendone la parabola umana negli anni dell'affermazione e poi nel doloroso epilogo, le sue pagine ridanno vita a una generazione di uomini instancabili che hanno costruito e al tempo stesso disfatto la loro vita, pagando questa impresa con un'incolmabile distanza dai propri figli. -
L' amore è un'ombra. Perché tutte le mamme possono essere terribili
Le mamme non hanno sempre ragione, non sono sempre buone; spesso, nella vita quotidiana, fanno del male, più o meno involontariamente, ai propri figli e a volte possono arrivare persino a ucciderli in maniera efferata. Quante sono le madri che non vogliono saperne di lasciare il privilegio della bellezza alle proprie figlie? Quante vedono i figli come prolungamento narcisistico di sé? Quante, sigillate nel proprio dolore, sono incapaci di prendersi cura dei bambini? Leila Ravasi Bellocchio, analista, in questo libro mostra il lato nascosto e taciuto della maternità raccontando storie esemplari di madri ""terribili"". C'è Dolores, affetta da un grave disturbo narcisistico, che partorisce una bambina e un paio di mesi dopo l'annega nel water perché ""era brutta, un mostro"", quando in realtà la piccola era bella e sana, così bella che poteva metterla in ombra agli occhi del marito. C'è Rosa, che fa ammalare il figlio di un anno e mezzo somministrandogli i farmaci antitumorali del marito appena morto perché la malattia dà un senso al suo vuoto esistenziale. E ci sono anche storie di quotidiana ""normalità"": di madri ""terribili"" in quanto ottuse, fatue, dominanti e dipendenti, onnipotenti. Madri anaffettive, incapaci di accogliere i figli, perché sprofondate in se stesse. Come Wanda, commessa con il sogno di divertare velina: una ragazza simile a tante altre che vuole essere diversa, e per la quale il figlio è solo un ostacolo a una vita sotto i riflettori... -
Il bosco nel cuore. Lotte e amori delle brigantesse che difesero ...
Nella storia del brigantaggio e della durissima repressione scatenata dall'esercito sabaudo per il controllo del Sud, finora è stato dedicato poco spazio alle brigantesse, vittime senza diritto di replica della propaganda risorgimentale. Ridotte, nella memoria collettiva, alla stregua di sbandate immorali e sanguinarie, in realtà moltissime imbracciarono il fucile per passione, rifugiandosi nei boschi e condividendo la vita delle bande. Erano spinte, ci racconta Giordano Bruno Guerri, più che da una volontà politica, dalla forza di un istinto profondo, dettato da leggi ataviche e naturali: ""Una donna meridionale dell'Ottocento diventa una combattente pronta a tutto se le si impedisce di vivere, amare, accudire; se le si nega la possibilità di essere donna come erano state la madre e la nonna prima di lei, come le avevano insegnato; se le si toccano i figli, il proprio uomo"". La storia di Maria Capitanio, figlia di un ricco proprietario terriero, che appena quindicenne si innamorò del brigante Antonio Luongo e si unì alla sua banda. Processata e assolta, preferì suicidarsi piuttosto che continuare a vivere senza il suo uomo. E quella di Filomena Pennacchio, la più celebre delle brigantesse. In seguito all'uccisione del brigante Schiavone, padre del figlio che portava nel grembo, decise di collaborare con il nemico. La sua straordinaria vicenda, dopo essere rimasta a lungo confinata nel mito, è finalmente ricostruita con rigore storico in queste pagine... -
L' arte francese della guerra
Vincitore premio Goncourt 2011""Stavo male, tutto andava male, attendevo la fine"" dice il narratore di questo romanzo, un uomo in crisi d'identità che ha appena perso il posto di lavoro e vaga spaesato per Lione con l'unica occupazione di infilare volantini nelle buche per le lettere. Non sa ancora che sta per fare l'incontro che gli cambierà la vita. Durante una pausa in una brasserie conosce un vecchio paracadutista che ha fama di aver attraversato tutte le guerre coloniali. Si chiama Victorien Salagnon ed è probabilmente l'unico pittore che si sia visto tra le file di quell'esercito in guerra. L'anonimo narratore ne rimane affascinato, tanto da offrirsi, in cambio delle lezioni di disegno, di scrivere la sua storia. Ha così inizio un viaggio all'indietro che racconta l'educazione di un ragazzo che ancora adolescente passa dai campi scout al fronte della Resistenza, dove il solo insegnamento che riceve è l'arte della guerra. Con questo unico sapere si lancia prima nella campagna d'Indocina, dove vedrà inquietantemente ripetersi alcuni orrori nazisti questa volta per mano dei francesi e dove imparerà l'arte del pennello da un antico maestro, e poi in Algeria, in una guerra confusa fatta di arresti illegali ed esecuzioni sommarie. Cambiano i fronti ma i metodi sono sempre gli stessi: terrore, brutalità, disprezzo della vita propria e altrui. Alexis Jenni racconta l'arte francese della guerra che non cambia mai, come non cambiano le ragioni francesi per scendere in battaglia. -
Romanzi e racconti
II Meridiano propone un'ampia scelta di narrativa breve e lunga, a partire da ""Itinerario di Paolina"" del 1937, ""ricordi di una donna che rievocava, in terza persona, la sua infanzia e la sua adolescenza"". Tra i romanzi, il più famoso è ""Artemisia"" (1947), che ripercorre la vita della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, ""una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale"". Anche gli altri romanzi presentati sono ciascuno una perla: ""Il bastardo"" (1953), una ""storia di famiglia"", espressione di una società ""intimamente logorata""; ""Noi credevamo"" (1967), ispirato alle vicende del nonno rivoluzionario calabrese; ""La camicia bruciata"" (1973), in cui la Banti colloquia con Marguerite d'Orléans; ""Un grido lacerante"" (1981), pagine scritte a dieci anni dalla scomparsa di Longhi, compagno di una vita. Inframmezzati ai romanzi, in ordine cronologico, sono collocati i racconti, tratti da raccolte che spesso già nel titolo dicono l'appartenenza alla ""rivoluzione"" femminile e il profondo interesse dell'autrice per le ""epoche di profonda crisi"". -
La chiave di Hiram
Gli autori non potevano immaginare che la decisione di indagare le origini della ""Libera muratoria"" li avrebbe condotti a studiare la storia di Gesù Cristo e della Chiesa primitiva di Gerusalemme, e a scoprire che i rituali della massoneria contemporanea sono gli stessi utilizzati nelle cerimonie di iniziazione della setta ebraica facente capo a Gesù. I cristiani primitivi seppellirono i loro scritti sotto il Tempio di Erode; i papiri di Qumran furono riesumati dai Templari, che fecero propri gli insegnamenti in essi. contenuti. Nel libro c'è l'individuazione di alcuni elementi utili per svelare il mistero del nascondiglio dei manoscritti di Gesù: un edificio, costruito dai discendenti dei Templari, che è una riproduzione del Tempio di Erode. -
Tersa morte
In questo libro testimoniale, Mario Benedetti sembra volerci dire, con la sua sensibilissima e concreta parola, che una luce piana e discreta, una luce di umana verità, vive, sempre, anche nel dolore, nel senso acuto della perdita, nell'osservazione diretta o nel presagio stesso della morte. Utilizza elementi di un'esperienza personale radicata in luoghi e figure di una realtà intima e familiare, e li fa vibrare, nella loro semplicità materica e opaca, oltre i confini naturali, come emblemi vissuti di una condizione umana universale. Istituisce l'immagine di un suo doppio, di un sosia coinvolto nella cronaca infelice che si porta via nel tempo, o in un breve tempo, o in un tempo che è comunque sempre troppo breve, gli esseri umani che incarnavano i suoi maggiori legami affettivi, come la madie, il padre e un fratello, e riconduce tutto a un quadro di umile autenticità in cui si ""impara a vivere poveramente"", in cui il primo attore o sosia riesce, o vi è costretto da necessità, a ""vedere nuda la vita"". Nei suoi tremori, nei suoi umori cupi o risentiti, nella malinconia che lo pervade, pronuncia parole di saggezza persuasiva, di sofferta accettazione, affermando a malincuore che è comunque ""giusto che io non veda questo mai più"". Il dissolversi delle umane cose implica, inevitabilmente, anche il loro allontanarsi nel già stato, nel passato, della morte, e dunque, anche, ""evapora il morire"", mentre intorno l'inerzia dell'esistere prosegue il suo cammino nel ""continuo affaccendarsi"". -
Sabbie che cantano
In licenza per motivi di salute, l'ispettore Grant di Scotland Yard parte per la Scozia in cerca di riposo fisico e mentale. Ma sul treno notturno diretto al Nord si imbatte nel cadavere di un passeggero. Morto in seguito a una caduta accidentale avvenuta mentre era ubriaco, apparentemente. Accanto al corpo, un giornale su cui sono scarabocchiati i versi di un'enigmatica poesia che parla di ""pietre vaganti"" e ""sabbie che cantano"". Chi è il morto? Si è trattato davvero di una disgrazia? E cosa significano quelle parole? L'istinto da segugio di Alan Grant non può che essere attratto da quel mistero, e così, nonostante i consigli del medico, l'ispettore decide che per calmare i suoi nervi scossi non c'è niente di meglio che un caso da risolvere. Ma quello che sembra un innocuo passatempo si trasformerà presto in una ricerca intensa, in un'indagine imprevista che porterà Grant a scoprire non solo il significato della poesia, ma anche l'oscura verità su un omicidio diabolico. -
Napoleonitano
Nel 2013 scade il mandato del presidente Napolitano e Giorgio Forattini gli dedica un libro. Il re dei vignettisti italiani ritrae con la sua matita arguta e graffiante il presidente della Repubblica, tracciando un profilo colmo di rispetto pur senza rinunciare alla sua inconfondibile tendenza allo sberleffo. Con le sue vignette, Forattini fa un ritratto di Napolitano lungo i sette anni del suo mandato, riconoscendolo come l'unico punto fermo della politica italiana. -
Una storia che non possiamo raccontare. Come perdiamo e ritroviam...
Tutti abbiamo storie da raccontare, storie con cui spiegare e dare un senso alla nostra vita. Ma perché questo succeda, raccontarle non basta. Ci vuole qualcuno che le ascolti, le comprenda... e ce le restituisca. Qualcuno che, se ci siamo persi, ci aiuti a ritrovarci. In venticinque anni come psicoanalista, Stephen Grosz ha ascoltato migliaia di storie, e da tutte ha imparato qualcosa sugli esseri umani, e su stesso. Con ognuno dei suoi pazienti ha trovato un lessico speciale, da cui poter trarre ""lezioni"" universali. In queste pagine ce le racconta, e lo fa con attenzione alla potenza delle parole semplici, lontano da ogni gergo specialistico. Nei brevi, intensi resoconti dei percorsi terapeutici, oltre a delineare un sottile autoritratto dell'analista, il cui ""compito è quello di accompagnare sulle scena"" che è fonte della sofferenza e ""lasciare che quella faccia il suo lavoro"", ci presenta un'umanità che si confronta con tutto ciò che la fa sentire viva e fragile: l'amicizia, l'amore, la genitorialità, il senso di colpa, la paura della morte. Seguendo il percorso dei suoi pazienti scopriamo che c'è un po' di noi in ognuno di loro. In Peter, che mente per nascondere un'infanzia dimenticata e violenta. In Lily, che ironizza su ciò che la fa soffrire e si sente assolta dalla risata del terapeuta. Nel professor R., che a 71 anni ""tira fuori dalla scatola la sua omosessualità"" e finalmente si sente ""a casa"". -
La visita
Opera d'esordio di Cassola, la raccolta ""La visita"" del 1942 è, nell'edizione accresciuta del 1962 che qui si pubblica, molto più di una ristampa a distanza di vent'anni. Gettando uno sguardo à rebours sui suoi inizi, all'indomani del successo de ""La ragazza di Bube"", lo scrittore traccia anche un bilancio dell'oggi alla luce di quel lontano passato, e sul ritorno ad esso costruisce il proprio futuro narrativo. Lo scorrere del tempo, al quale egli sempre si rapporta, è ne ""La visita"" motivo ispiratore e cardine di una poetica che riconduce le singole vite all'ininterrotto fluire dell'esistenza. Segmenti di un unico destino, i microcosmi di queste prose brevi compongono il romanzo della vita che, tra memoria e attesa, non conclude mai e di quel fluire restituisce il ritmo. Sono schegge d'autobiografia e storie, intuite o presagite da un semplice gesto, di un'umanità comune, colta nell'elementarietà dell'esistere. Ne rivela il senso profondo, trasformando la loro fissità di istantanee in epifanie del quotidiano, l'evocatività della scrittura antiretorica di Cassola in cui, tra echi montaliani e influssi del primo Joyce, si racchiude il segreto della sua arte. Introduzione di Massimo Raffaeli. -
Senza manette
Non si diventa il Califfo per caso. E neanche per un'astuta operazione di marketing. Tra Franco Califano e tanti sedicenti maledetti c'è una vita di mezzo. Una vita a scappare dai collegi, e poi tra risse, bische e avventurieri, a battere le terrazze delle case popolari per racimolare un po' di sesso. Per diventare il Califfo bisogna muovere i primi passi dormendo nella macchina di un amico, passare mesi in ospedale a guardare la morte negli occhi e poi riderle in faccia. Bisogna finire in galera senza capire bene il perché e combattere per non impazzire. Bisogna avere la forza di riemergere dopo le accuse infamanti, l'ostracismo generalizzato, certi amici che fanno finta di non conoscerti. Bisogna scrivere capolavori come Tutto il resto è noia, E la chiamano estate, Un amore così grande, La musica è finita, Una ragione di più. Senza manette: l'esistenza maledetta e straordinaria del ""Maestro"" raccontata da lui stesso senza filtri: un libro da cui emerge quella voce lirica e ruvida che l'ha reso indimenticabile, una voce che raschia la vita e ce la consegna intatta. -
Rinascimento ebraico. Scritti sull'ebraismo e sul sionismo (1899-1923)
La lunga vita di Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965) è segnata da una formidabile presenza in diversi campi del pensare e dell'operare: prima nel Reich guglielmino, nella Germania di Weimar e in quella dei primi cinque anni hitleriani e poi, a partire dal 1938, in Palestina e nello Stato d'Israele è impressionante la capacità e versatilità d'intervento con cui Buber commenta e interpreta, dal punto di vista ebraico, ma non solo, le guerre, le rivoluzioni, le democrazie e i totalitarismi del Novecento. Di grande respiro sono le sue riflessioni sul concetto di nazionalismo, sul rapporto fra etica e politica, fra politica e religione, sul pacifismo, la disobbedienza civile, la pena di morte. E poi la Shoah, la colpa, la responsabilità. Fra l'inizio del secolo e la fine della Grande Guerra Buber disegna in Germania e in Austria un suo netto profilo di interprete dell'ebraismo europeo fino a diventare un'autorità indiscussa (anche se spesso avversata), nonché una figura di culto per la gioventù ebraica di lingua tedesca. Con le sue riscritture delle leggende chassidiche è l'autore più importante nel transito verso Occidente della cultura ebraica dell'Est europeo, di cui promuove l'affermazione letteraria in Germania e nel mondo. Esiste infatti un'intenzione costante nella biografia intellettuale di Buber: recuperare, dell'ebraismo, gli elementi fondanti, costitutivi, distintivi; rinsaldare l'ebraismo nella coscienza della propria specificità e fisionomia.