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Un anno con Mozart
Attraverso mille anni di musica classica, 366 opere e 240 compositori, Un anno con Mozart inizia con un Bach liturgico il primo giorno di gennaio e termina stappando lo champagne insieme a Strauss il 31 dicembre. rn«Un anno con Mozart è un piacere assoluto, il modo più istruttivo per farsi guidare durante tutto l’anno». - Eddie Redmaynern«Una super playlist di musica classica… con una delizia diversa ogni giorno». - Irish Indipendent Gli esseri umani producono musica - così è sempre stato e sempre sarà - e la capacità della musica di esplorare, esprimere e toccare la nostra umanità resta uno dei doni più grandi che possediamo. Ma la vita moderna è sempre più estenuante e frammentata, e in pochi riescono a ritagliarsi ogni giorno del tempo per ascoltare musica, benché diversi studi scientifici dimostrino che la musica può agire come un potente tonico mentale, migliorando le nostre giornate. La musica, infatti, ci abbaglia, ci commuove, ci riempie di energia o rasserena; ci fa piangere, pensare, ridere o ci toglie il fiato. Per vivere, per essere ascoltata e suscitare emozioni, la musica ha, tuttavia, bisogno di ascoltatori, pubblico, testimoni. È come un prezioso scrigno che necessita di essere aperto di tanto in tanto per mettere in mostra i suoi tesori. Un anno con Mozart vuole offrire uno sguardo su questi inestimabili tesori suggerendo un brano al giorno da ascoltare per un anno; raccontando, insieme, il contesto in cui il brano è nato e qualche illuminante aneddoto sul suo compositore. Attraverso mille anni di musica classica, 366 opere e 240 compositori, Un anno con Mozart inizia con un Bach liturgico il primo giorno di gennaio e termina stappando lo champagne insieme a Strauss il 31 dicembre. Lungi dall'essere un'enciclopedia completa del canone classico o una guida in senso tecnico e musicologico, il libro, corredato dalle playlist, costituisce un invito a trascorrere ogni giorno qualche piacevole ora in compagnia di alcuni grandi brani di musica classica e dei loro compositori, un invito che permette, ad un tempo, di comprendere meglio il modo in cui le forme della musica classica si sono evolute nel periodo medioevale, rinascimentale, barocco, classico, romantico e moderno. Le playlist di Un anno con Mozart possono essere ascoltate e condivise su Spotify. -
L' immemorabile. Il soggetto e i suoi doppi
Immemorabile e, precisamente per questo, indimenticabile.rnNon siamo fatti di pensiero, né di carne e di sangue… siamo fatti di passato, e il passato non ci appartiene, e quel che non ci appartiene è indimenticabileA Vienna, nel 1825, un adolescente debole e svogliato fa molto parlare di sé. In pieno giorno piomba in un sonno profondo e muta personalità. Dormendo legge, scrive, gioca a carte, sfida divertito i medici, compie a occhi chiusi gli esercizi più sorprendenti. Un nuovo soggetto è apparso, o un secondo «io» ha ormai soppiantato il primo. Cavalletti registra puntigliosamente le apparizioni inquietanti di questo secondo «io» nella psicologia e nella letteratura degli ultimi due secoli. In uno scenario dominato da amnesie e sonnambulismo, allucinazioni e sogni a occhi aperti, il soggetto borghese, la cui identità sembrava così salda, si rivela abitato da maschere che sfuggono a ogni padronanza, in preda a uno sdoppiamento che non può in alcun modo essere ricomposto. Nei casi che Henri Bergson studierà con attenzione, nelle visioni ottenute da Théophile Gautier con l'aiuto dell'hascisc, fissate da Poe nelle proiezioni dell'incubo o rovesciate da Döblin in comiche parodie, le personalità si moltiplicano e si combattono, e persino la vita e la morte si scambiano le parti. E, alla fine, l'identità del soggetto occidentale si rivela essere una figura umbratile e costitutivamente doppia, che vive soltanto nei suoi mancamenti e nelle sue dimenticanze, nelle sue perdite e nelle sue distrazioni. Immemorabile e, precisamente per questo, indimenticabile. «Non siamo fatti di pensiero, né di carne e di sangue... siamo fatti di passato, e il passato non ci appartiene, e quel che non ci appartiene è indimenticabile». -
Vento dell'ovest
Con una impeccabile scrittura, Samantha Harvey consegna al lettore un avvincente thriller ambientato nell’Inghilterra medievale, ricco di atmosfera e capace di tenere il lettore con il fiato sospeso fino alla fine. rn«Magnificamente scritto e sapientemente costruito, ricco di rivelazioni, di intrighi e di incredibili colpi di scena». - Minneapolis Star-Tribunern«Un mistero medievale da una delle penne più raffinate del Regno Unito». - GuardianrnSomerset, XV secolo. Oakham è un piccolo villaggio diviso a metà da un fiume senza ponti. Una mattina, alle prime luci dell’alba, John Reve, il parroco, viene svegliato da Herry Carter, un giovane noto a tutti in paese. Con voce concitata Carter gli dice che c’è un annegato nel fiume, giù a West Fields. Il corpo si è impigliato in un tronco e ci sbatte contro come uno straccio.rnrnReve afferra l’ampolla del vino consacrato e quella dell’olio santo, e si precipita al fiume per impartire l’estrema unzione all’annegato. Una corsa a perdifiato alle calcagna di un giovanotto basso di statura ma di buone gambe, e il parroco è a West Fields.rnrnDel corpo, però, non c’è più alcuna traccia, tutto ciò che rimane è un pezzo di stoffa, una bella camicia olandese di buon lino, verde come i campi in primavera. Un indumento prezioso che può appartenere soltanto a una persona a Oakham, al benestante del paese che risponde al nome di Thomas Newman.rnrnNewman, del resto, è scomparso da due giorni, dalla mattina in cui il corpulento Robert Tunley, di ritorno forse da una delle sue numerose conquiste femminili, ha visto qualcuno rotolare nel fiume e svanire tra i flutti. È chiaro che l’uomo, che ha appena donato una cospicua somma per la costruzione di un ponte, non può essere annegato, né per accidente né per mano di qualcuno, senza che si indaghi attentamente sulla sua sorte. Il solo sospetto che possa essere stato ucciso spinge il vicario episcopale a recarsi a Oakham e dà inizio a una convulsa serie di false ammissioni, intrighi e sospetti che John Reve ha l’ingrato compito di raccogliere nel segreto della confessione. Thomas Newman è stato ucciso davvero? E chi può essere l’assassino? Il violento Oliver Townshend, signore del villaggio? O l’esangue Sarah Spenser che va dicendo di essere lei la colpevole? Oppure ancora Tunley, il seduttore abile nell’uso del veleno? Del resto, a Oakham, tutti hanno i loro segreti… -
Solitudine Caravaggio
«Contrariamente a quello che può aver detto Poussin, Caravaggio non è ""venuto al mondo per distruggere la pittura"""": non amava altro. Si è forse impegnato per battere strade piú serene? La saggezza sembra estranea all'emozione di Caravaggio: mai nessun artista si è tanto logorato i nervi nel tentativo di cogliere la verità in pittura, cioè estrarre il vivente dalla morte.»«Tra autobiografia e ossessioni lo scrittore francese Yannick Haenel rilegge la parabola dell’artista» - Dario Pappalardo, Robinson«Verso i quindici anni ho incontrato l'oggetto del mio desiderio. Era in un libro sulla pittura italiana: una donna con un corpetto bianco si stagliava su uno sfondo nero; aveva boccoli castano chiaro, sopracciglia aggrottate e seni ben torniti nella trasparenza di una stoffa.» Cosí, dal ricordo della sensuale immagine di Giuditta che decapita Oloferne, contemplata per la prima volta da adolescente, Yannick Haenel avvia in queste pagine la sua originale riflessione sull'arte e sulla vita di Michelangelo Merisi. L'opera, una delle piú importanti di Caravaggio, è la raffigurazione fedele dell'episodio biblico della decapitazione del condottiero assiro da parte della vedova ebrea Giuditta. Restituisce senza veli l'efferatezza del crimine e, insieme, esalta la sensualità della figura femminile che si staglia sullo sfondo nero. L'intreccio di crudeltà e sensualità, nella vita e nell'opera di Caravaggio, è stato oggetto di una sterminata letteratura, a partire dalle numerose biografie dell'artista, descritto puntualmente come un uomo permaloso, irascibile, veemente, violento. Per Yannick Haenel, tuttavia, il tema della violenza non è semplicemente riducibile alla vita, alla leggenda e al personaggio di Caravaggio. La violenza, nella sua arte, va pensata da un punto di vista metafisico. Attesta lo spirito del tempo, l'evento della sua epoca: la fine del Rinascimento, del tempo della sublimazione e delle idealità armoniose. Tutta l'arte di Caravaggio è l'esposizione di questo evento. Nei primi anni, la sua pittura presenta ragazzi incoronati d'edera, Bacco arroganti o lascivi, poi subentra, brusca, l'apparizione di Cristo, a sancire una irriducibile contrapposizione tra godimento pagano e pietà cristica, a suggellare l'impossibilità stessa delle vecchie forme in cui trovare pacificazione. La saggezza non verrà: è il titolo di uno dei capitoli di questo libro, un titolo tratto da una frase che Guy Debord pone alla fine del suo Panegirico. Il luogo proprio della pittura di Caravaggio sta, per Yannick Haenel, nella verità brusca e insolente di questa frase. Come ogni grande artista, Caravaggio si avventura nel tempo, senza mai abbandonare l'inaggirabile intensità della finitezza e della storia mistica del mondo."" -
Piccoli piaceri
Con l'intelligenza emotiva di Maggie O'Farrell e l'arguta capacità di osservazione di Kate Atkinson, Clare Chambers evoca abilmente l'atmosfera del dopoguerra, raccontando «delle passioni più grandi e dei dolori inespressi che giacciono sepolti sotto la superficie di una vita rispettabile, e di come questi possano minacciare di far deragliare una vita, specialmente in una società che si aspetta che le donne si comportino in un certo modo» (The Guardian).rn«Un libro molto bello... Brillante e acuto» – David Nicholls«Meraviglioso» – Tracy ChevalierLondra, 1957. La guerra e le sue privazioni sono passate solo da un decennio e i danni delle bombe sono ancora visibili nel paesaggio londinese. Sulle pagine del North Kent Echo, un piccolo giornale locale, appare un giorno un trafiletto che parla dei progressi negli studi sulla partenogenesi: gli esperimenti compiuti su ricci di mare, rane e conigli fanno ipotizzare che la si possa applicare anche all'uomo. Probabilmente i lettori del North Kent Echo non l'avrebbero nemmeno notato, se non fosse stato per il sensazionale titolo: «I maschi non servono più per la riproduzione!». A seguito dell'articoletto, la redazione viene invasa da una valanga di lettere indignate. Tra di esse ve ne è però una alquanto singolare. A scriverla è una certa Gretchen Tilbury, residente a Sidcup, che dichiara di aver dato alla luce una bimba quando era ancora vergine. L'affermazione suonerebbe priva di qualunque fondamento, se non fosse che, nel lasso di tempo in cui asserisce di aver concepito la figlia per partenogenesi, Gretchen Tilbury era ricoverata presso la clinica St Cecilia di Broadstairs, dove ha trascorso mesi a letto, a causa di una grave forma di artrite reumatoide, dividendo la corsia con altre tre giovani donne, assistite da suore e infermiere. A fare luce sul controverso caso viene inviata Jean Swinney, responsabile delle rubriche di economia domestica e unica donna presente nella redazione del North Kent Echo. Trentanove anni e alle spalle un'esistenza fatta di aspettative deluse, Jean ha imparato da tempo a sopravvivere grazie ai piccoli piaceri quotidiani che la vita concede, quando non è troppo avara. Mentre indaga per scoprire se si tratta di un miracolo o di una frode, Jean stringe, con i Tilbury, un legame destinato a cambiare profondamente la sua esistenza tranquilla e abitudinaria. Ma quale sarà il prezzo da pagare per conoscere la verità? -
Le api d'inverno
Germania, 1944. Egidius Arimond vive in una cittadina di minatori sulle sponde del fiume Urft, una regione con una vegetazione lussureggiante che le api sembrano amare molto, poiché ci vivono da milioni di anni. Ex insegnante, Egidius si guadagna da vivere come i suoi antenati prima di lui: alleva api e vende i prodotti del miele - candele di cera, vino e liquori - ai piccoli negozi della zona o nei mercati. Ogni mattina si alza alle cinque, beve un caffè d'orzo e poi si dedica alle arnie. Nel pomeriggio scende in città e si reca in biblioteca, dove controlla se è stato lasciato qualche messaggio per lui. Un'esistenza in apparenza monotona, segnata da rigide abitudini. In realtà, un'esistenza esposta al più grave dei pericoli. Egidius Arimond ha, infatti, un'attività segreta che, se scoperta, nella Germania del 1944, potrebbe costargli la vita: costruisce cassette cinte da arnie con colonie d'api particolarmente aggressive e, con quelle, organizza il trasporto di fuggitivi ebrei al confine con il Belgio. Per questo ritira ogni giorno in biblioteca comunicazioni in codice, infilate in volumi rilegati in cuoio che nessuno, per sua fortuna, si prende mai la briga di sfogliare. Non è soltanto per immacolata virtù che Egidius svolge la sua rischiosa attività: per ogni ebreo trasportato oltreconfine prende duecento marchi, che gli servono per comprare i farmaci antiepilettici di cui ha bisogno. Da quando c'è la guerra i farmaci sono molto difficili da reperire, soprattutto per uno come lui, un infermo e, perciò, un uomo considerato privo di valore, un inutile parassita nella follia che travolge la sua Nazione in guerra. -
La famiglia del piano di sopra
Avvincente, claustrofobico thriller psicologico, che, tra suspense e colpi di scena, riesce a tenere il lettore inchiodato alla pagina, La famiglia del piano di sopra costituisce una splendida conferma del talento dell’autrice di Ellie all’improvviso.rn«Pochi scrittori di suspense escogitano trame così piene di trappole; meno ancora sono quelli capaci di creare personaggi tanto umani e complessi. La famiglia del piano di sopra brilla come una lama e taglia ancora più a fondo». - A. J. Finnrnrn«Ricco, oscuro rompicapo, questo avvincente thriller mescola la saga familiare con il noir domestico con effetti da brivido». - Ruth WareCheyne Walk è una delle strade più eleganti di Chelsea, il quartiere in cui vive la buona società londinese. I suoi appartamenti, tuttavia, non sono soltanto la quinta di una vita ricca e spensierata, ma costituiscono a volte anche il teatro di raccapriccianti ritrovamenti. Come quello che si spalancò davanti agli occhi degli agenti di polizia accorsi al numero 16 di Cheyne Walk, dopo una telefonata anonima che segnalava un possibile triplice suicidio. Sul pavimento della cucina giacevano i corpi dei coniugi Martina e Henry Lamb e di un terzo uomo non identificato. In una camera al primo piano, c’era una bambina di circa dieci mesi in buone condizioni di salute, con una zampa di coniglio sotto la copertina della culla. Stando alle dichiarazioni dei vicini, da alcuni anni in quella casa abitavano molti bambini e diversi adulti, tutti misteriosamente svaniti nel nulla, compresi i due figli maggiori dei Lamb.rnUna vicenda di cronaca nera irrimediabilmente consegnata al passato per Scotland Yard, una ferita tragicamente riaperta per Libby, ovvero Serenity Lamb, la bambina che venticinque anni prima era stata adottata dai signori Jones, diventando Libby Jones.rnLa giovane donna ha ereditato la casa di Cheyne Walk e, con lei, il suo spaventoso passato, un passato fatto di indagini senza sbocco, tracce di sangue e DNA sconosciuti, messaggi e strane scritte sui muri, pannelli segreti e un orto di piante officinali, alcune delle quali erano state usate per il palese suicidio collettivo dei suoi genitori.rnCos’è accaduto davvero tra quelle mura? Che fine hanno fatto gli altri abitanti della casa di Chelsea? E, soprattutto, in che modo quei drammatici eventi hanno a che fare con gli strani rumori che Libby sente provenire dal piano di sopra, benché sia certa di essere sola in quella strana e tetra dimora? -
Garibaldi, corruzione e tradimento. Così crollò il Regno delle Due Sicilie
Garibaldi, corruzione e tradimento. Così crollò il Regno delle Due Sicilie racconta, con nuovi elementi, l’impresa dei Mille che il 5 maggio di 160 anni fa partì alla conquista del Regno delle Due Sicilie. Nel maggio del 1860, il Regno delle Due Sicilie rappresentava ancora la più grande e longeva realtà statuale dell'antico regime, un regno - con la sua passata storia di Regno di Napoli e Regno di Sicilia - plurisecolare che appariva, sulla carta, come la principale potenza della Penisola. Con l'impresa dei Mille, in soli sei mesi si dissolse. Una caduta tanto rapida quanto stupefacente, le cui cause sono tuttora oggetto di indagine e interrogazione da parte degli storici. Narrando dell'impresa dei Mille come mai è stata raccontata, nel chiaro dei suoi eroismi e nello scuro di pettegolezzi, congiure di palazzo, voltafaccia improvvisi, diserzioni ben remunerate, Caruso mostra, in queste pagine, come corruzione e tradimento, insieme naturalmente alla risolutezza garibaldina, siano tra le principali cause della fine dei Borbone. Usando testi più celebrati, testimonianze quasi ignote e l'intrigante memoir di padre Giuseppe Buttà, cappellano del IX battaglione cacciatori di Francesco II, cui rimarrà fedele sino alla fine, il racconto non trascura nessuno dei capitoli e dei personaggi in gioco in quella pagina fondamentale della nostra storia. Così si apprende che nella scaramuccia di Calatafimi le camicie rosse di Garibaldi furono sempre il doppio dell'esangue battaglione borbonico spedito dal pavido generale Landi, più preoccupato di avere libera la via per Palermo che di ributtare a mare il nemico. La leggendaria incapacità del luogotenente Lanza, intessuta di vigliaccheria e rassegnazione al punto tale da consegnare Palermo a un Garibaldi sul punto di abbandonarla, si unisce alle mille indecisioni di Francesco, sopraffatto dall'opportunismo di ministri e cortigiani, spesso a libro paga di Cavour. E nel libro campeggiano gli spericolati intrighi del Gran Conte, che ignorava l'Italia oltre Firenze e tuttavia non si lasciò sfuggire l'occasione di farla. -
La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg
Una testimonianza eccezionale sull'incontro fra due grandi protagonisti della cultura del Novecento.«Il delirio febbrile... isola ed enfatizza l'immagine mnemonica, che ci sta improvvisamente di fronte nella sua sfrenata potenza individuale» – Aby Warburg«La guarigione mi sembrava possibile soltanto se prendevo contemporaneamente in considerazione la possibilità di una salvezza, e precisamente da entrambe le parti, vale a dire da parte del medico e del paziente...» – Ludwig BinswangerDall'aprile 1921 all'agosto 1924, Aby Warburg, il geniale inventore di una nuova scienza delle immagini, fu ricoverato a Kreuzlingen nella casa di cura diretta da Ludwig Binswanger, lo psichiatra che doveva rinnovare profondamente l'approccio al problema della malattia mentale. Finora, di questi tre anni decisivi, tanto per la biografia di Warburg che per quella di Binswanger, non si sapeva altro se non che Warburg aveva provato a un certo punto la sua guarigione, tenendo ai pazienti della clinica la celebre conferenza sul Rituale del serpente. Questo libro pubblica in prima mondiale non soltanto la cartella clinica che Binswanger redasse giornalmente sullo stato del suo straordinario paziente, ma anche i testi autobiografici di Warburg relativi al soggiorno a Kreuzlingen e l'epistolario fra i due autori, che stabilirono un importante scambio intellettuale all'insegna dell'idea e dell'esperienza di una «guarigione infinita». -
Il libro dei chakra. Il sistema dei chakra e la psicologia
Il sistema dei chakra è nato in India più di quattromila anni fa. Si parla dei chakra negli antichi testi dei Veda, nelle più tarde Upanishad, negli Yoga Sutra di Patanjali e più diffusamente nel XVI secolo da parte di uno yogi indiano in un testo divenuto poi celebre. Oggi i chakra sono un concetto diffuso. In Occidente, generalmente indicano delle entità in grado di unire il corpo e la mente, l'elemento fisico e quello psichico. I chakra, tuttavia, che alla lettera vogliono dire ruota o disco, e si riferiscono a una sfera rotante di pura energia spirituale, non sono per niente entità o oggetti fisici. Come vediamo il vento attraverso il movimento delle foglie e dei rami, così possiamo percepire la presenza dei chakra nella forma del nostro corpo fisico, negli schemi che si manifestano nella nostra vita, nei modi in cui pensiamo, sentiamo e affrontiamo le situazioni che l'esistenza presenta, ma mai direttamente. Anodea Judith mostra in questo libro l'insieme delle azioni che i chakra esercitano sul corpo, sul pensiero e sul comportamento umani. L'opera merita a buon diritto il titolo Il libro dei chakra poiché, con l'aiuto delle moderne teorie psicoanalitiche e delle terapie corporee, è la più esaustiva e completa guida occidentale all'uso del sistema dei chakra come percorso di analisi e guarigione. Dalla prima pubblicazione di questo libro, nel 1996, il sistema dei chakra si è progressivamente sviluppato in Occidente. Il numero di centri yoga che insegnano asana e tecniche di meditazione che aprono i chakra è cresciuto esponenzialmente. Le teorie sulla guarigione energetica stanno influenzando sia la medicina sia la psicoterapia, generando il desiderio di nuovi modelli. In questa nuova edizione aggiornata Anodea Judith propone «un viaggio attraverso le molte dimensioni del sé», un viaggio che, attraverso il Ponte dell'Arcobaleno, com'è definito il sistema dei chakra, conduce il lettore «verso una trasformazione della coscienza collegando spirito e materia, cielo e terra, mente e corpo». -
Opere complete. Vol. 1: Celebrare la consapevolezza.
Inizia con questo volume la pubblicazione della prima edizione mondiale delle Opere complete di Ivan Illich, un autore la cui attualità e il cui significato, al di là della sua prima, clamorosa ricezione negli anni Settanta del Novecento, forse solo oggi sono diventati pienamente visibili.rn«Non permetterò all'ombra del futuro di posarsi sui concetti mediante i quali cerco di pensare ciò che è e ciò che è stato»rnrnLa critica radicale di Illich della modernità e delle istituzioni dell'Occidente coincide con un nuovo sguardo sull'umanità dell'uomo, che non appare più come una natura biologica o un'identità culturale presupposta, ma come l'insieme delle pratiche e delle tecniche immemoriali attraverso le quali gli uomini e le donne si rendono la vita possibile, cioè come la dimensione che Illich chiama «convivialità».rnSi suole distinguere nella biografia di Illich il periodo in cui egli opera ancora all'interno della Chiesa e quello in cui dichiarerà di rinunciare per sempre all'esercizio del mistero sacerdotale, iniziando un'attività di scrittore e conferenziere che farà di lui in pochi anni una figura conosciuta e discussa in tutto il mondo. I testi raccolti in questo primo volume, in buona parte inediti, mostrano che fra l'Illich dentro la Chiesa e quello fuori (o ai margini) della Chiesa non è possibile segnare alcuna frattura. La concettualità dell'Illich critico della modernità e archeologo della convivialità nasce come uno sviluppo radicale e coerente di categorie teologiche e filosofiche già presenti nel pensiero del sacerdote, prima di tutto quella escatologica di Regno, che non è per lui un compito da realizzare nel futuro, ma qualcosa di integralmente presente, di cui occorre testimoniare qui e ora. -
Il secolo dei dittatori
«È straordinario che la dittatura sia ora contagiosa, come una volta lo era la libertà». - Paul Valéryrn«Olivier Guez cura questa raccolta che ritrae ventisei dittatori del XX secolo e mette in guardia da un nuovo rischio di dittatura: quella delle reti». - Le Pointrn«Se la presenza di Lenin, Stalin, Hitler, Mussolini, Franco, Mao e Castro non sorprende, siamo felici di vedere analizzati anche Tito, Joseph-Désiré Mobutu e Pinochet». - Le Mondern«A partire da Pisistrato, il primo tiranno dell’antica Grecia, sono emersi nella Storia molti uomini decisi a esercitare con ferocia la propria forza personale, al di fuori di ogni controllo e di ogni legge, contro la loro stessa tribù. Abbiamo avuto dei cesari romani, tra cui Caligola e Nerone, dei despoti più o meno illuminati, dei sovrani assolutisti e dei macellai sanguinari come Qin Shihuang di, il primo unificatore della Cina in forma di impero, che seppelliva vivi i letterati, e del quale Mao si vantò di essere l’erede; o Muhammad bin Tughlaq, sultano di Delhi, che rase al suolo la sua stessa capitale perché così gli piaceva e conveniva.rnE tuttavia mai i dittatori sono stati tanto numerosi come nell’ultimo secolo, quasi che il progresso e la tecnica, le sue due matrici, si fossero rivoltate contro di lui. Intorno alla metà del Novecento, lo Stato moderno poggiava su un’organizzazione piramidale iperstrutturata e centralizzata di tipo burocratico, che deteneva il monopolio della violenza “legittima” e di istituzioni onerose e complesse, le telecomunicazioni, il corpo militare, l’ossatura industriale. Ogni volta che questo apparato tentacolare è finito nelle mani dei dittatori, la violenza si è scatenata con un’intensità senza precedenti.rnLa dittatura è una “prerogativa” tutta maschile: non si ha notizia di dittatrici. Uomini, dunque. Flemmatici o insonni, asceti o sessuomani, vulcanici o impassibili, spesso di statura modesta (Kim Jong-il, Lenin, Stalin, Franco e Mussolini non arrivavano a un metro e settanta). Uomini che adoravano pavoneggiarsi in uniforme, bardati di medaglie e di titoli altisonanti, il piglio marziale, ombroso, sempre minaccioso. Il Führer, il Duce, il Piccolo padre dei popoli, il Grande (e il Piccolo) timoniere, il Líder Máximo, il Caudillo, la Guida, il Benefattore, il Conducator … Hanno scandito il XX secolo, il secolo dei dittatori» (dalla prefazione di Olivier Guez). -
Iceberg
La letteratura, nelle mani degli sciocchi, è intollerabile. La letteratura, tuttavia, ha sempre contato tra le sue fila una parte di miserabili, che prendono in mano la penna solo perché si trovano interessanti. Del resto, come diceva Goethe, «ci sono libri che sembrano scritti non per l’istruzione del lettore, ma per fargli vedere che l’autore sapeva qualcosa». Ed è così che, anno dopo anno, le librerie vengono invase di opere inconsistenti quanto un refolo d’aria.rnNei libri veri c’è qualcosa di marino, sono concepiti per affrontare il mare, addirittura, fino a un certo punto, per contrastarlo, a forza di fendere i flutti, attraversare l’onda e poi, ancora, ricadere con agilità nel suo incavo, muniti come sono di madieri invisibili che sostengono lo scafo e gli impediscono di piegarsi. I veri libri conservano lungo il loro percorso quella resistenza alla deformazione che consente a ognuno di essere portato di là, dall’altra parte della vicenda, spostando sulla superficie dell’acqua la massa calcolata del suo volumeEsiste, tuttavia, un esiguo numero di scrittori che si chiedono cosa voglia dire scrivere, a cosa serva e, soprattutto, a chi. Scrittori che non si sentono, a differenza di altri, autorizzati a scrivere. O per cui la scrittura rimane, al di là di tutto, un’attività poetica, un’opera di invenzione e di ricerca con successo irregolare.rnAttraverso una serie di illuminanti digressioni sulla scrittura e sulla lettura, Tanguy Viel passeggia tra gli scaffali delle biblioteche, si interroga sulla vita degli scrittori e scorge, in ogni pagina letta, la promessa di una risposta alla ricerca che sta svolgendo. Ad accompagnarlo in questo viaggio subacqueo – poiché nei libri veri c’è sempre qualcosa di marino – alcune tra le più autorevoli figure letterarie di sempre: Cicerone, Freud, Julien Gracq, Robert Burton, Christine de Pisan, Hermann Hesse, Montaigne, Valéry, Aby Warburg e Ludwig Binswanger, Maurice de Guérin e Amiel, Virginia Woolf e Dante. -
Nietzsche on the road
«Dove Nietzsche vive, lí pensa. Quando vive, poiché la sua è una vita priva di azione, lí scrive.»rn«Gli anni, i libri, i traslochi, fatti sempre con la palla di piombo al piede, ovvero cento chili di libri: con un movimento che lui stesso riconosce sincopato, l’autore di Nietzsche on the road corre avanti e indietro nelle diverse stagioni, compatta blocchi tematici, provando a farci cogliere da quale turbolento cantiere intellettuale ed emotivo nasca questa o quell’opera. E quando arriva all’apparizione di Lou Salomé, la donna del destino, ci mostra il filosofo innamorato, esaltato, a Orta San Giulio, che parla fittamente con lei, di Dio, della fede cristiana perduta, e sembra quasi che non tocchi terra» - Paolo Di Paolo, RobinsonÈ la mattina del 3 gennaio 1889, un giovedí freddo. Friedrich Nietzsche esce di casa in piazza Carlo Alberto a Torino. Ha 45 anni. Da dieci ha lasciato l'insegnamento a Basilea. È ormai un fugitivus errans, un filosofo errabondo e apolide. Lo slargo è affollato di ronzini e carrozze: d'un colpo lui lo traversa di corsa, poi si stringe al collo di un cavallo mogio malmenato da un vetturino, infine si accascia al suolo in lacrime. La follia gli ha sbriciolato la mente. Si spegne a Weimar, in Turingia, undici anni dopo, a mezzogiorno del 25 agosto 1900. Demente. Senza mai avere ripreso coscienza. Ma prima? Quella di Nietzsche è stata, assieme forse al cervello eversivo di Marx, la mente piú pericolosa dell'Ottocento. Nato da un padre pastore a Röcken, nella profonda e letargica Sassonia luterana e bigotta, Fritz, come lo chiamano in famiglia, è venuto al mondo con un parto prematuro di almeno un secolo: è un precursore, il termometro di una crisi febbrile che surriscalda un cambio d'epoca, il piccone speculativo maneggiato controcorrente che sgretola millenni di cristianità e scardina la logica socratica. Da Naumburg fino alle geometrie militaresche di Torino, passando per l'incanto alpino di Sils Maria, che gli propizierà l'incontro con Zarathustra, e per «l'azzurra solitudine» del Sud dell'Italia, che gli donerà anni fertili di pensiero, Nietzsche sarà sempre morbosamente tormentato dalla malattia. E, tuttavia, educherà se stesso e quindi tutti gli uomini alla grandezza, alla libertà di spirito, alla esaltazione della vita («Costruite le vostre città sul Vesuvio!») come antidoto alla tragedia dell'esistere. Con un drammatico montaggio a flashback diviso in tre parti (tutta la Germania di Nietzsche, tutta la Svizzera di Nietzsche, tutta la sua brama di meridione con la scoperta dell'Italia e della Costa Azzurra) Paolo Pagani compone un romanzo d'avventura, non una semplice biografia, inseguendo ogni stagione intellettuale del piú dinamitardo dei pensatori, il distruttore di mondi, lí dove il suo genio si forma in virtú di una geografia. -
Per lei volano gli eroi
Arik, Benni, Zion, Gideon e Yoram non potrebbero essere più diversi, ma sono amici inseparabili e condividono l'affetto per Michal, la sorella minore di Benni, la donna per cui «volano gli eroi».In uno di quei caseggiati popolari degli anni Sessanta, nel cuore di Haifa, cinque ragazzini si incontrano ogni giorno per dare dei calci a un pallone. Sono compagni di classe, immortalati perfettamente nella foto scattata a scuola. C'è Yoram, l'ultimo arrivato, con lo sguardo perso nel vuoto. Ogni tanto si presenta al campetto con un livido o un labbro tumefatto e nessuno sa il perché. La madre, bionda, occhi perpetuamente arrossati, e il padre, tozzo, con un viso che trasuda violenza, sono per tutti un enigma irrisolto. C'è Benni, sguardo sveglio, mento sollevato. A scuola lo chiamano il senatore, un soprannome che in apparenza lo infastidisce, ma in realtà gli procura una certa soddisfazione. Entra in classe con l'andatura fiera di chi si dirige in parlamento, anziché alla scuola elementare Yizreeliya, nel quartiere di Neve Shaanan. C'è Gideon, perfettamente pettinato. Detesta fango e sporcizia, e parla con entusiasmo di igiene e di ordine. Ha casse piene di pezzi di vero Lego e un cane che cammina solo in linea retta. I suoi genitori viaggiano addirittura all'estero e festeggiano gli anniversari di matrimonio al ristorante. C'è Zion, basso, la testa quasi nascosta, gli occhi bellicosi. Da grande vuole fare l'astronauta. Intanto vagabonda senza meta per il quartiere. Quando riceve un calcio al campetto, si accascia in silenzio per poi rialzarsi con un sorriso, le labbra serrate, indifferente al dolore. C'è Arik, figlio di un sopravvissuto alla Shoah arrivato in Israele dalla Polonia e di una madre che, proveniente da una famiglia di nobili fondatori dei primi kibbutz, non si capacita di come la vita l'abbia condotta in un appartamento in un quartiere operaio di Haifa. C'è, infine, Israele, con i suoi strambi personaggi, lo zio Peretz ""porta jella"""", capace di prevedere sciagure e attentati; Meir, il bibliotecario sfortunato che introduce Arik alla lettura; Yankele Breid, il sensale di matrimoni che crede nell'amore; e, soprattutto, c'è la Storia con i suoi ineluttabili eventi: gli attentati, le operazioni militari, le guerre, le conversioni religiose. La Storia che, a metà degli anni Novanta, chiamerà alcuni di quei ragazzi del campetto, divenuti adulti ognuno alla sua maniera, a un'impresa in nome dell'antica fratellanza: salvare. Michal, l'attraente sorella di Benni, segregata a Chicago, prigioniera di una setta guidata dal guru Epstein, israeliano rimasto ferito nel corpo e nell'anima nella battaglia per il monte Hermon durante la guerra del Kippur."" -
Fango e stelle. Viaggio in Russia in compagnia di Puskin, Tolstoj e altri geni dell'Età dell'oro
Ripercorrendo il paesaggio letterario russo, Sara Wheeler svela l’anima di una nazione ben diversa da quella descritta oggi dai giornali: un grande paese in cui le glorie letterarie del passato continuano a essere fonte d’ispirazione per la vita concreta, le lotte e la cultura dei suoi abitanti.rnrn«Un libro da leggere con piacere, lentamente… un piccolo Grand Tour che, con la sua ricca mappa di scrittori russi straordinari e di gente comune, è molto più epico di quanto non sembri a prima vista». - Daily Telegraphrnrn«Un’indagine intelligente sulla condizione umana… Wheeler infrange tabù con ironia e intrattenimento». - Times Literary Supplementrnrn«Un riuscito gioco letterario, sulle orme degli scrittori della Russia del XIX secolo, che non manca di dettagli e di serietà». - The TimesrnrnPuškin era un uomo licenzioso, lascivo, impetuoso, che ben di rado si lasciava sfuggire l’occasione di una rissa. Non ebbe mai un lavoro vero e proprio e, per lo più, visse con i soldi di suo padre.rnDostoevskij usciva di casa con temperature rigidissime e sedeva poi per ore in una sala riscaldata per correggere le bozze. Spesso lavorava quindici ore al giorno e aveva sei attacchi epilettici alla settimana.rnGogol’ aveva le gambe corte e un’andatura goffa, portava i capelli lisci che gli penzolavano ai lati del collo e il naso era tanto lungo e aguzzo che era in grado di toccarlo con il labbro inferiore: forse è per questo che le sue prime storie raccontano tanto bene gli odori.rnTolstoj era l’uomo più famoso di tutta la Russia, dopo lo zar, e indubbiamente uno dei più egoisti. Morì in una stazione, un decesso appropriato, dato che nelle sue narrazioni associò spesso la ferrovia alla morte: Anna Karenina perisce sotto un treno, e lungo tutto il romanzorneponimo la ferrovia rappresenta l’orrenda minaccia della modernità, l’adulterio, l’incubo.rnAttraverso otto fusi orari, viaggiando sulla Transiberiana in inverno e navigando sul Mar Nero in estate, Sara Wheeler raggiunge i luoghi più disparati e remoti della Russia per raccontare gli scrittori dell’Età d’Oro, i mostri sacri della letteratura russa del XIX secolo, coloro che ancora oggi continuano a dominare la letteratura mondiale. -
Niente di nuovo sul fronte occidentale. Ediz. illustrata
Marco Cazzato, uno dei più importanti illustratori italiani, prestigioso collaboratore di numerose riviste, giornali ed editori nazionali e internazionali, illustra l’opera di Remarque con splendide immagini che restituiscono pienamente la drammaticità e l’intensità di un conflitto che, dominato dalla tecnica e da un impiego di mezzi di distruzione mai visto prima, segnò la fine della vecchia Europa.rn«Commuovere il lettore con la forza delle parole, e destarne insieme cuore e mente, è il dono straordinario di Remarque». - The New York Timesrn«Uno di quegli scrittori che risvegliano un senso di gratitudine: perché ci offrono una seconda patria». - Domenico QuiricoKantorek è il professore di Bäumer, Kropp, Müller e Leer, diciottenni tedeschi quando la voce dei cannoni della Grande Guerra tuona già da un capo all'altro dell'Europa. Ometto severo, vestito di grigio, con un muso da topo, dovrebbe essere una guida all'età virile, al mondo del lavoro, alla cultura e al progresso. Nelle ore di ginnastica, invece, fulmina i ragazzi con lo sguardo e tiene così tanti discorsi sulla patria in pericolo e sulla grandezza del servire lo Stato che l'intera classe, sotto la sua guida, si reca compatta al comando di presidio ad arruolarsi come volontari. Una volta al fronte, gli allievi di Kantorek - da Albert Kropp, il più intelligente della scuola a Paul Bäumer, il poeta che vorrebbe scrivere drammi - non tardano a capire di non essere affatto «la gioventù di ferro» chiamata a difendere la Germania in pericolo. La scoperta che il terrore della morte è più forte della grandezza del servire lo Stato li sorprende il giorno in cui, durante un assalto, Josef Behm - un ragazzotto grasso e tranquillo della scuola, arruolatosi per non rendersi ridicolo - viene colpito agli occhi e, impazzito dal dolore, vaga tra le trincee prima di essere abbattuto a fucilate. Nel breve volgere di qualche mese, i ragazzi di Kantorek si sentiranno «gente vecchia», spettri, privati non soltanto della gioventù ma di ogni radice, sogno, speranza. -
Di pietra e d'osso
Ispirandosi alle tradizioni della Groenlandia orientale e dell’Artico canadese, e intrecciando tra di loro animismo, sciamanesimo e folclore, Bérengère Cournut racconta una straordinaria storia di formazione che, attraverso il vagabondaggio nell’immenso bianco di una giovane donna, diventa anche un viaggio indimenticabile nel ricchissimo universo del popolo inuit.rn«Un magnifico romanzo che ci permette di scoprire l’antico stile di vita degli Inuit grazie a un’eroina coraggiosa, tra baie e montagne, fiordi e tundra, iceberg e scogliere». - Le Mondernrn«Questa epica avventura polare è allo stesso tempo un racconto, una leggenda, un romanzo di formazione e d’avventura». - ActuaLittéIl sole è scomparso dietro la linea dell’orizzonte da tre lune quando una giovane inuit, Uqsuralik, infila calzoni, stivali, giacca e scivola fuori dalla casa di neve dove dorme la sua famiglia. L’aria è gelida, la notte è chiara come un’aurora e tutto intorno corre un vasto gregge di stelle.rnMentre cammina sul ghiaccio Uqsuralik avverte un boato in lontananza. Potrebbe gridare, ma non servirebbe a niente: la banchisa si sta spaccando a pochi passi da lei, il suo iglú è al di là della fenditura, e cosí anche la slitta e i cani. L’enorme scricchiolio ha svegliato suo padre, che fa appena in tempo a gettarle un involto pesante, una pelle d’orso strettamente arrotolata, prima che la fenditura si trasformi in canale e la sua famiglia scompaia nella foschia.rnLasciata a sé stessa nell’oscurità e nel freddo polare, Uqsuralik sa che la sua unica possibilità di sopravvivere è raggiungere un lembo di terra, una delle montagne in lontananza. Sperando che la luna resti in cielo abbastanza a lungo per illuminarle la via, la giovane donna si mette in cammino senza voltarsi indietro.rnHa inizio cosí un viaggio che la porterà a confrontarsi non solo con le condizioni estreme dell’ambiente che la circonda, ma anche con sé stessa. Discendente di un popolo di cacciatori nomadi le cui uniche risorse per sopravvivere sono gli animali, le pietre lasciate libere dalla terra congelata, le piante e le bacche che crescono al sole di mezzanotte, Uqsuralik perfezionerà le sue tecniche di caccia, si muoverà con le stagioni e vivrà con le tribú nomadi che abitano l’estremo nord, ma anche con gli spiriti e gli antichi elementi della sua terra. -
Nel paese degli algoritmi
Che cosa sono gli algoritmi che governano la nostra vita quotidiana? Che cosa c'è dall'altra parte dell'iceberg matematico? Codici ed equazioni matematiche governano ormai profondamente la nostra vita. Il mondo digitale, cui dedichiamo larga parte del nostro tempo, opera sostanzialmente in base ad algoritmi: gli algoritmi dei siti di vendita, dei social network, quelli per la geolocalizzazione o per l'assegnazione dei posti all'università. Un semplice sguardo, poi, allo stato della ricerca tecnoscientifica contemporanea basta per rendersi conto che non vi è fenomeno fisico, economico o sociale che possa oggi sottrarsi a una modellazione numerica. L'autrice di questo libro, ad esempio, ha simulato coi suoi algoritmi la morfologia della gomma in scala nanoscopica, ha previsto l'elasticità di un tessuto cardiaco rigenerato in laboratorio, ha automatizzato la stesura di news finanziarie e simulato il funzionamento del trauma cranico. Si può perciò affermare che, se non è ancora pienamente diventata il paese degli algoritmi, la terra è destinata inevitabilmente a esserlo in un futuro molto vicino. Sappiamo, tuttavia, come vanno davvero le cose nel paese degli algoritmi? Sappiamo a quali procedure, speranze, rischi e pericoli vanno realmente incontro coloro che si avventurano in questo regno? Le pagine che seguono cercano di rispondere a queste domande, invitando i lettori a un viaggio al cuore delle equazioni matematiche e delle righe di codice. Un viaggio in cui le speranze che guidano le modellazioni numeriche traggono alimento da un antico sogno: l'idea di penetrare, attraverso la virtualizzazione dei fenomeni, i meccanismi stessi della vita. Aurélie Jean non si limita, tuttavia, a illustrare le magnifiche sorti della modellazione numerica della realtà, ne mostra anche i pericoli, anzi il sommo pericolo. Uno spettro si aggira, infatti, nel paese degli algoritmi: lo spettro dei cosiddetti «bias algoritmici», vale a dire dei pregiudizi cognitivi che caratterizzano la fragile conoscenza umana e che possono distorcere gli algoritmi sino al punto da generare discriminazioni inaccettabili. Com'è accaduto, ad esempio, ad Amazon che, nel 2018, per selezionare i curricula dei candidati più idonei a essere assunti in azienda, ha progettato un algoritmo addestrandolo sulle assunzioni degli ultimi dieci anni, in prevalenza maschili, con l'inevitabile conseguenza che l'algoritmo ha sviluppato un bias che lo ha indotto a sottostimare il valore di un profilo femminile. Eliminare alla radice i bias è, per Aurélie Jean, un compito impossibile. È, invece, possibile «comprendere il passaggio dai ""nostri"""" bias ai bias algoritmici», aprendo la ricerca scientifica al pensiero critico e alla riflessione e capovolgendo l'antico pregiudizio che vuole i filosofi riflettere su un mondo che gli sfugge e gli scienziati costruire un mondo su cui non riflettono."" -
Memorie dal sottosuolo
«Sono un uomo malato... Sono un uomo cattivo.»«Dostoevskij, con le ""Memorie del sottosuolo"""", ha creato un personaggio nuovo destinato a dominare la narrativa occidentale nei prossimi cent'anni: il personaggio dell'antieroe nel quale è privilegiata non già la vita sociale ma la vita anteriore» – Alberto Moravia«Sono un uomo malato... Sono un uomo cattivo.» Così comincia quest'opera che, come scrive Serena Prina nella postfazione a questa nuova edizione, annuncia «uno dei libri più sconvolgenti della letteratura mondiale, destinato a segnare indelebilmente l'intero processo della scrittura occidentale». Un incipit che, nei tre puntini che separano le due frasi, in quello «iato iniziale tra malattia e malvagità, tra richiesta di comprensione e brusco respingimento», mostra subito l'oggetto delle sue pagine: la vita interiore di una nuova specie d'uomo, l'uomo del sottosuolo, l'«antieroe» della modernità in cui si dissolve ogni appartenenza e identità. Dostoevskij pubblicò le Memorie dal sottosuolo nel 1864. È molto probabile, però, che il progetto dell'opera sia nato prima, negli anni in cui, tornato dai lavori forzati e dal confino, lo scrittore russo decise di andare a vedere con i propri occhi quell'Occidente di cui tutti parlavano. Quarantenne «malato», appunto, incattivito dalla prigionia, convinto che l'umanità avesse ormai smarrito il proprio cammino, Dostoevskij viaggiatore non è lontano dall'uomo senza nome protagonista delle pagine delle Memorie dal sottosuolo. La radice autobiografica dell'opera, però, non ne spiega certo l'universalità. L'apparizione di questo libro segna, infatti, una data fondamentale nella letteratura occidentale non soltanto perché descrive un individuo che, irrimediabilmente separato dalla società, da un mondo che non riconosce più come suo, trova riparo nella propria interiorità. «Il personaggio dell'antieroe nel quale è privilegiata non già la vita sociale ma la vita interiore» (Alberto Moravia) non è, insomma, il solo tratto fondamentale di quest'opera. Il suo cuore vero sta nel fatto che il suo protagonista, l'uomo del sottosuolo, l'«antieroe» della modernità, appare come un individuo che non può trovare in realtà alcun riparo nella propria interiorità, poiché è indelebilmente separato anche da sé stesso. In «una sorta di danza» delle parole, come scrive Serena Prina, del loro rincorrersi e delle loro contorsioni, l'uomo del sottosuolo rovescia su di sé tutte le contraddizioni possibili, sino al punto da sottoporsi a quella continua, spietata interrogazione del Sé che caratterizzerà poi le pagine migliori della letteratura del secolo successivo.""